FILIPPO II, RE DI MACEDONIA
(Pubblicato sul n. 279, settembre 2020, della Rivista Informatica “Storia in
Network” - www.storiain. )
Il 26 maggio 2016, nel corso di un interessantissimo viaggio nella Grecia del
Nord, ho avuto l’opportunità di visitare, a VERGINA, la magnificenza della
tomba del padre di Alessandro Magno, Filippo il Macedone e di scoprire la
grandezza del personaggio. Un sovrano che i Greci avevano additato ai
posteri come un despota e che avevano vituperato e denigrato per averli
sottomessi. Di fatto, Filippo era diventato re di Macedonia in un momento il
cui il suo regno lottava senza successo su diversi fronti. La sua radicale
riforma dell’esercito, attraverso la creazione di nuove unità e l’adozione di
nuove tattiche ed armamenti,trasformerà il suo regno nella più grande
potenza militare del tempo. In soli 23 anni, egli riuscirà a dominare tutta la
Grecia ed a porre le basi sulle quali suo figlio, potrà edificare il suo impero.
Filippo (da Philos hippos: colui che ama il cavallo) il Macedone (re dal -360
al -336), discendente dalla famiglia reale degli Argeadi, che affermava di
derivare da Ercole (figlio valoroso ed invincibile di Giove), nasce a Pella, la
capitale dello stato, nel – 382 ed era il terzo figlio del re di Macedonia,
Amyntas III (re dal – 392 al - 370). Egli accede al potere in qualità di reggente
e tutore, durante la minore età di Amyntas IV (giustiziato da Alessandro nel -
336), figlio di suo fratello Perdicca III (re dal – 365 al -359). Filippo assume la
guida del regno in un momento estremamente critico, dopo la morte di Perdicca,
perito insieme a 4 mila uomini, nella sfortunata battaglia contro gli Illiri di Argeo
II (pretendente al trono di Macedonia e re per due anni) del -359. Di fatto, a
quel tempo, la Macedonia risultava minacciata, oltre che dai suoi vicini, anche
dalle dispute intestine nell’ambito della famiglia regnante. Il giovane Filippo,
ventiseienne, riuscirà non solo a mantenersi sul trono, ma anche a consolidare la
monarchia, ridando vigore all’unità dei Macedoni, estendendone le frontiere ed
accrescendone la prosperità e la potenza. Nel giro di pochi anni, il nuovo sovrano,
per mezzo delle sue conquiste guerriere ed i suoi abili interventi nei conflitti
interni greci, riuscirà a trasformare il suo regno in una potenza egemone.
Appoggiandosi sul suo potente esercito e sul suo talento diplomatico, egli
diventerà l’arbitro politico incontestato dall’Ellesponto al Peloponneso.
Filippo, monarca ambizioso
La sua prima iniziativa sarà quella di costituire un esercito di mestiere, ben
equipaggiato e disciplinato; in effetti, durante i tre anni in cui era stato ostaggio
a Tebe, nella Beozia, egli aveva appreso le tattiche di guerra di Pelopida (-420 / -
364) e di Epaminonda (-418 / -362), i due grandi comandanti che avevano
sconfitto a Leuttra gli opliti di Sparta, fino ad allora considerati invincibili.
Filippo provvede a migliorare l’organizzazione e l’equipaggiamento delle truppe
macedoni, creando nuove falangi, composte da soldati disposti in ranghi compatti
ed armati di sarisse (lunghe lance o picche di circa 5 metri). Sui fianchi delle
falangi Filippo aggiunge una temibile cavalleria e truppe di fanteria leggera (i
Peltasti, armati di spada e giavellotto ed un piccolo scudo di legno) e gli
Hypaspisti (fanteria pesante oplitica, armata di lancia e di grandi scudi) ed
equipaggia il suo esercito con nuove e possenti macchine da guerra, che si
riveleranno di importanza capitale nell’assedio di città fortificate.
L’esercito macedone era composto basicamente da 20 mila fanti e circa 8 mila
soldati, impegnati nella cavalleria e nelle truppe ausiliarie. Alla loro guida, Filippo
potrà intraprendere ambiziose campagne di conquista allo scopo di estendere il
suo regno. Egli attacca, in tale contesto, i Traci e gli Illiri, quindi si impadronisce
delle ricche miniere d’oro e d’argento del Monte Pangeo (1), che costituiranno
una fonte abbondante di opulenza per pagare le truppe, corrompere i suoi
avversari e sostenere le riforme introdotte nel regno macedone. Secondo alcune
stime, queste miniere fornivano circa mille talenti (2) all’anno, una somma
equivalente a quella che Atene aveva tratto dal suo impero marittimo nel suo
apogeo.
Fra gli altri, Filippo provvede a rafforzare i legami fra la monarchia e le famiglie
aristocratiche, nel passato spesso insubordinate. Essi si assicura del loro
sostegno conferendo ai loro rappresentati il titolo di consiglieri o Hetaroi
(compagni d’arme) nella cavalleria. Egli invita i giovani figli dell’aristocrazia a
diventare paggi del re a corte al fine di educarli e di mantenerli sotto controllo.
Inoltre, il re macedone saprà, allo stesso tempo, eliminare i suoi rivali potenziali
ed in condizioni di federare e ricompensare i suoi amici.
Sotto il suo regno, la Macedonia va incontro ad una espansione territoriale e ad
una stabilità sociale, mai conosciute in precedenza. Nella vita del re macedone
l’anno -360 è marcato dalla nascita del suo primo erede maschio Carano
(eliminato da Alessandro Magno), avuto dalla prima moglie Fila di Elimea e l’anno
– 356 risulterà particolarmente glorioso: Filippo ha la gioia della nascita di
Alessandro Magno; cessa di essere il reggente del giovane Amyntas,
autoproclamandosi re; rifonda la città di Krenides (Crenide), sull’isola di Thasos
(i Tasii), alla quale dà il suo nome, Filippi; consegue una vittoria equestre nei
giochi olimpici greci.
Quanto alla sua vita privata, Filippo, secondo la tradizione in auge nella corte
macedone, praticava una specie di poligamia e avrà almeno sei o sette mogli
ufficiali oltre ad una lunga serie di amanti. Queste plurime unioni rispondevano
innanzitutto a necessità di tipo politiche: consolidare la pace con le potenze
vicine, garantendo buone relazioni con i suoi bellicosi vicini e dare eredi al trono.
In particolare, il matrimonio con Olimpia, la quarta moglie ufficiale e la madre di
Alessandro Magno rientrava in questa logica. La donna era una principessa del
Regno dei Molossi e figlia di Neottolemo 1°, re dell’Epiro. Anche questa
dinastia vantava ascendenza mitiche che la legava, attraverso Neottolemo ed
Andromaca, al più grande guerriero dell’epoca omerica, Achille. Il matrimonio di
Filippo con Olimpiade non durerà a lungo ed il re macedone si sposerà almeno
altre tre volte, fra le quali Meda di Odessa, figlia di Kothelàs, re dei Geti e
Cleopatra Euridice (3).
Le città e la Lega di Corinto
Filippo è stato capace, in diverse occasioni, di trarre profitto dalle rivalità fra le
città greche, inizialmente durante il suo intervento nella Calcidica e nella Tracia.
In queste regioni costiere, dove Atene aveva fondato colonie e possedeva
interessi commerciali i conflitti duravano sin dalla guerre del Peloponneso. In tale
scenario, Filippo sostiene la città di Olinto contro Atene ed i suoi alleati. Nella
Calcidica egli riesce a conquistare Potidea nell’anno -356, impadronendosi, in
seguito di Methone, ma soprattutto di Anfipoli (sottomessa nell’anno –357),
importante colonia ateniese, che gli apriva l’accesso alla Tracia.
Più tardi il re macedone combatterà anche Olinto, la sua vecchia alleata,
conquistando la città, distruggendola nell’anno -348, espellendone e riducendo in
schiavitù tutti i suoi abitanti. Successivamente Filippo marcia sulla Tessaglia, che
cede alle sue minacce e si sottomette alla sua volontà. Egli partecipa quindi, con
abilità ed in maniera decisiva, a quella che è stata denominata “terza guerra
sacra”. Sotto la minaccia dell’esercito macedone, i Focesi, che si erano resi
padroni del santuario di Delfi, vengono costretti ad abbandonare il sito ed a
Filippo verrà attribuito il titolo di Protettore di Delfi.
Le incursioni delle truppe macedoni nella Grecia centrale e l’insaziabile ambizione
del sovrano macedone, inquietano fortemente gli Ateniesi - pungolati dal grande
oratore Demostene (autore delle celebri Filippiche) – ed i Tebani, che finiranno
per dichiarargli guerra nel – 339. I loro eserciti riuniti affronteranno, nell’anno -
338, le truppe macedoni, condotte da Filippo, nella piana di Cheronea, in Beozia,
dove verranno duramente sconfitti.
Gli Ateniesi ed i Tebani consideravano questa battaglia come decisiva per la
libertà delle città greche, minacciate dal despota “barbaro”. I due campi,
composti ciascuno di circa 30 mila effettivi, si sono combattuti accanitamente e
lo scontro fra le fanterie risulterà terribile. Lo scontro raggiunge il suo epilogo
quando la cavalleria macedone attacca il fianco destro delle linee nemiche e si
infila in una breccia della linea di fronte. Gli Hetaroi macedone, agguerriti ed
esaltati, guidati da giovane ed intrepido Alessandro, caricheranno il famoso
Battaglione Sacro dei Tebani. I 300 guerrieri che lo componevano (150 coppie di
amanti maschili) lotteranno con esemplare coraggio e periranno senza cedere
terreno. Questa offensiva macedone determina l’esito della battaglia, nel corso
della quale numerosi Ateniesi e Tebani verranno fatti prigionieri e contribuisce
alla gloria del valoroso Alessandro, all’epoca diciottenne. Filippo si mostrerà
magnanime nei confronti dei vinti ed effettuerà rappresaglie non troppo dure
contro le città di Atene e di Tebe. Le due città, in ogni caso, dovranno accogliere
gli esiliati, pagare elevati tributi ed accettare al loro interno una guarnigione
macedone.
La vittoria militare aveva dimostrato ampiamente la superiorità della Macedonia
rispetto alle due città più potenti della Grecia. Sparta, ben più lontana, poco
popolata ed orgogliosamente isolata, non si era ancora rimessa dalla sua pesante
sconfitta di Leuttra dell’anno -371 e non prenderà parte, né alla battaglia, né al
trattato di pace che ne seguirà.
I Greci, su richiesta di Filippo, si riuniranno a Corinto per negoziare un accordo
di pace comune a tutte le città-stato greche. Il mantenimento di questa “pace
comune (koiné eirene) viene affidato alla sorveglianza di un Consiglio federale
(synedrion). In caso di guerra contro una potenza straniera, il comando delle
truppe spettava al monarca macedone in quanto hégemon, vale a dire generale in
capo. L’istituzione della Lega di Corinto conferma la supremazia della Macedonia,
che gioca ormai un ruolo di arbitro nell’ambito dell’alleanza e controlla il suo buon
funzionamento. Sparta, a suo tempo potente e ormai disprezzata, rimane esclusa
dal trattato.
Preparativi della vendetta
La proposta diplomatica di Filippo della “pace comune”, la Koiné eirene,
riprendeva un ideale propugnato con ardore, nel passato, dall’oratore Isocrate (-
436 / -338). Essa mirava a mettere un termine, una volta per tutte, alle
sempiterne lotte intestine fra le città e che avevano contribuito alla rovina della
Grecia. Ormai uniti, tutti gli eserciti greci potevano fare fronte comune contro il
nemico di sempre: i Persiani.
Questa unione aveva da molto tempo molti fautori, che la propugnavano al grido
di “Vendetta” e “Libertà”. Vendetta contro i Persiani, che avevano invaso la
Grecia e distrutto i suoi templi. Libertà per le isole e le popolazioni elleniche
sottomesse ed asservite dalla Pace del Re (il riferimento è al sovrano persiano
vittorioso, Artaserse II (-452 / -358)), altrimenti denominata come Pace di
Antalcidas (dal nome del generale spartano sconfitto), conclusa nell’anno – 386.
Filippo, beneficiando di un sostegno politico forte, aveva ormai le mani libere per
attraversare l’Ellesponto ed estendere il suo potere in Asia. Egli poteva marciare
alla testa delle truppe macedoni e greche riunite, allo scopo di vendicare l’antica
invasione persiana e porsi come capo panellenico invincibile. Tuttavia, alcuni greci,
come il tenace Demostene (-384 / -322) ed altri Ateniesi, temevano la tirannia
macedone. Essi non potevano dimenticare così facilmente il fatto che essi
avevano sempre considerato i Macedoni come un popolo di pastori barbari ed
incolti (anche se i loro governati si erano sforzati di ellenizzarsi) e che gli stessi
Macedoni erano stati alleati dei Persiani nella seconda guerra contro i Medi.
Il re macedone non si era comportato come un fautore della pace, ma come un
conquistatore senza scrupoli che aveva imposto, progressivamente, il suo giogo.
Grazie alla sua forza militare ed alle sue manovre diplomatiche, Filippo aveva
saputo approfittare delle dispute intestine dei Greci per porsi come arbitro e
come capo provvidenziale, riducendo l’autonomia delle città greche. All’inizio
dell’anno -337, la Lega di Corinto decide, su richiesta di Filippo, di accordargli i
pieni poteri e di dichiarare guerra ai Persiani. Vestendo l’uniforme di Hégemon e
di capo incontestato dei Greci, il re macedone era ormai pronto a realizzare il suo
più grande ed ambizioso progetto.
Agli inizi dell’anno seguente, egli ordina l’invio in Asia minore di un contingente di
truppe di circa 10 mila uomini, a scopo ricognitivo ed al comando di due uomini di
fiducia, Parmenione (-400 / -329) ed Attalo (-390 /-336). Parallelamente egli
esorta i suoi alleati ad armare una flotta congiunta per sostenere l’offensiva. Ma
Filippo non attraverserà mai l’Ellesponto, perché, nell’autunno del -336, egli verrà
eliminato da una congiura di palazzo.
La morte di Filippo
Per comprendere l’inattesa morte di Filippo, preceduta dal raffreddamento delle
sue relazioni con Alessandro, occorre ritornare indietro nel tempo. Tutto risale
alla metà dell’anno -337, nel corso del quale il re macedone aveva sposato la sua
settima moglie. L’eletta era una giovane e bella esponente dell’aristocrazia locale,
Cleopatra Euridice, nipote del generale Attalo, sopra ricordato. La donna era la
sola delle sue spose ad essere discendente da un nobile lignaggio macedone.
Quest’unione, spingerà, lo zio della sposa, impulsivo ed orgoglioso, ad esclamare,
durante il banchetto nuziale, che Filippo poteva ormai generare un erede
legittimo di sangue macedone. Alessandro, insultato e furioso, lascia i
festeggiamenti e la corte, rifugiandosi in Epiro presso la madre Olimpiade.
Qualche mese più tardi, il padre ed il figlio si riconcilieranno pubblicamente,
durante un’altra festività di famiglia, importante per la sua magnificenza ed il
suo significato politico. Cleopatra, la figlia di Filippo e sorella di Alessandro,
sposava suo zio Alessandro Molosso (-362 / -330), erede dell’Epiro e fratello di
sua madre. Il matrimonio viene celebrato nella città di Agai (oggi Vergina),
capitale della Macedonia.
Nel corso della parata festiva, mentre Filippo entrava trionfante e fiducioso nel
teatro, dove era stata eretta una statua in suo onore, accanto ai 12 dei
dell’Olimpo, egli viene pugnalato da una guardia del corpo. L’assassino, chiamato
Pausania, aveva voluto, così si dice, vendicarsi di una vecchia offesa perpetrata
dallo stesso Filippo. L’attentatore verrà eliminato a sua volta dai membri della
guardia di Filippo. Molti hanno sospettato che il mandante dell’assassinio fossero
i Persiani, in quanto essi avevano numerosi motivi per eliminare un nemico così
pericoloso. In ogni caso, approfittando dell’occasione e senza prove concrete
della loro implicazione nell’attentato, Alessandro Magno farà eliminare quasi tutti
i suoi possibili rivali.
I funerali hanno luogo ad Agai, alla presenza di Olimpiade, venuta dall’Epiro e
Filippo verrà inumato in una sontuosa tomba. Naturalmente l’omicidio verrà a
vantaggio di Alessandro e di Olimpiade. Alessandro che, nonostante i problemi
creati da Attalo, era rimasto sempre il principe ereditario presunto ed aveva
costituito molto spesso un motivo di fierezza per suo padre, poteva ormai essere
considerato come il legittimo pretendente al trono. Il fedele Antipatros () si
affretta a proclamarlo re davanti all’esercito, in modo che l’erede possa essere
acclamato secondo la tradizione.
Gli oppositori o gli eventuali pretendenti al trono verranno rapidamente eliminati
con la scusa, non provata, di aver partecipato al regicidio. In tale contesto, due
principi della famiglia reale macedone della provincia di Lyncestide, il giovane
Amyntas IV, figlio di Perdicca III e cugino di Alessandro ed il potente generale
Attalo, assassinato in Asia minore, subiranno la stessa sorte. Una volta
stabilizzata la situazione Alessandro si reca in Grecia per esservi riconosciuto
come Arconte dei Tessali ed Hégemon delle città della Lega di Corinto, titoli a
suo tempo portati da suo padre..
Filippo era stato un grande re per la Macedonia. In soli 23 anni di regno aveva
trasformato il suo paese, allargato e consolidato le sue frontiere, rinforzato una
monarchia molto indebolita, unificato lo Stato, organizzato un potente esercito
di mestiere e conquistato territori che si estendevano da Danubio fino alla
Grecia. Per i Greci, il bilancio del regno di Filippo risultava molto contrastato.
Secondo i più critici, egli incarnava l’hubris, la dismisura. Re barbaro di un popolo
di pastori, egli aveva agito da uomo senza scrupoli e secondo i suoi capricci, allo
stesso modo di un tiranno, distruggendo intere città (Anfipoli, Methone, Stagira
ed Olinto) o privandole della loro autonomia e della loro libertà.
L’eredità di Filippo il Macedone
Non sappiamo se Filippo avesse previsto una espansione in Asia, così estesa come
quella realizzata da suo figlio. Ma se il giovane Alessandro non avesse ereditato
una Macedonia unificata e dominatrice, come anche il possente esercito di suo
padre, che aveva sottomesso l’intera Grecia, le sue future conquiste sarebbero
state impossibili.
Alessandro aveva 20 anni quando Filippo è stato assassinato ad Agai nell’estate
del -336. Egli assume il potere con la determinazione decisa e rapida che lo
caratterizzava. Egli era stato educato per diventare re; aveva vissuto a fianco di
suo padre, in quanto erede al trono. Nel corso degli anni precedenti, egli aveva
partecipato al governo, dirigendo la Macedonia per un breve periodo durante
l’assenza di Filippo e soffocato una ribellione in Tracia. Egli aveva dimostrato,
inoltre, a 18 anni, la sua tempra eroica nel corso della battaglia di Cheronea ed in
occasione di altre campagne militari.
Nei suoi riguardi, i presagi divini che annunciavano la sua futura grandezza si
erano ben presto moltiplicati. Olimpiade, sua madre, raccontava di aver sognato,
quando era incinta, che una saetta aveva attraversato il suo ventre. Si
raccontava, inoltre, che il giorno della nascita di Alessandro, il tempio di
Artemide (Diana) ad Efeso era stato incendiato e distrutto da un fulmine (segno
evidente per molti che la dea lo avesse trascurato per vegliare sulla nascita del
principe macedone). Gli aneddoti come quello dell’addomesticamento del cavallo
Bucefalo, sua montura preferita nelle campagne militari o il rinvio degli
ambasciatori persiani venuti ad esigere il tradizionale tributo annuo, evidenziano
la sua intelligenza e la sua nobiltà d’animo.
Filippo aveva vigilato affinché suo figlio ricevesse la migliore educazione
possibile, estesa e curata: la famosa paideia, che si era particolarmente
sviluppata ad Atene e che riguardava la conoscenza delle cose dello spirito e
l’impiego delle armi. Per questo Filippo farà venire i migliori precettori.
Uno di questi sarà il saggio Aristotele (385 / -323). Filippo l’aveva
espressamente invitato per insegnare la cultura greca a suo figlio per circa tre
anni. Aristotele non ha educato Alessandro come un filosofo, ma ha contribuito a
rendere acuta la sua intelligenza, instillandogli, forse, il desiderio di esplorare il
mondo e le sue meraviglie. L’insegnamento gli verrà dispensato nella città vicina di
Mieza, dove era stata organizzata una scuola per il principe ed i suoi compagni di
studio. Entusiasmato dall’epopea omerica e la letteratura greca, Alessandro era
determinato ad imitare le imprese dei grandi eroi mitologici, esattamente come i
suoi gloriosi antenati Ercole ed Achille.
Anche se, nella sua carica di reggente, egli aveva già saputo dimostrare le sue
qualità di audace stratega, sarà alla morte di suo padre che egli saprà mostrare
la piena misura dei suoi talenti. Alla scomparsa di Filippo, monarca abile ed
intraprendente, i barbari, che alle frontiere minacciavano la Macedonia ed alcune
città della Grecia avevano pensato di cogliere l’occasione per sollevarsi.
Alessandro reagisce con immediatezza; nel – 335 affronta i Triballi della Tracia
che avevano invase le frontiere del regno, sconfiggendoli e sottomettendoli con
una folgorante campagna.
Subito dopo conduce una campagna contro gli Illiri ed i Celti a nord del regno,
raggiungendo le rive del Danubio. La fase finale delle operazioni in Grecia
riguarda le città della Grecia che, sotto la guida di Atene e Tebe, erano entrate
a far parte della fronda, massacrando le guarnigioni macedoni ivi distaccate.
Alessandro, percorrendo con le sue truppe una distanza di 400 km. in meno di
sette giorni reprimerà con estrema durezza la sollevazione, distruggendo Tebe
(meno la casa del poeta Tindaro) e mettendo in schiavitù tutti i suoi abitanti. Il
durissimo esempio di Tebe farà rientrare la rivolta nella norma ed, a quel punto,
il nuovo monarca macedone sarà finalmente pronto per riprendere alla mano il
progetto del padre in Asia.
NOTE
(1) Monte posto nei pressi di Anfipoli, nell’attuale Tracia greca, non lontano dal
confine con la Macedonia;
(2) Il talento greco, suddiviso in 60 mine, equivaleva a circa Kg. 26, 214; il talento
romano, suddiviso in 100 libbre equivaleva a circa 1,25 talenti greci, ovvero Kg.
32,768;
(3) Mogli più o meno ufficiali: Eudata, Fila di Elimea, Nicesipoli, Olimpiade,
Filinna, Meda di Odessa, Cleopatra Euridice. Da notare che, nell'ambito della
successione a Filippo II e delle lotte di potere fra i Diadochi, tutti i suoi figli
periranno di morte violenta: fa eccezione proprio Alessandro, probabilmente
morto di febbri malariche o tifoidee, anche se non mancano congetture di
avvelenamento. Fra le tante concubine di Filippo va ricordata Arsinoe di
Macedonia, madre di Tolomeo 1° Sotere (Salvatore) (nato intorno al 367),
collaboratore e intimo amico di Alessandro nonché futuro iniziatore (305) della
monarchia d’Egitto. La donna era stata poi data in moglie al nobile macedone
Lago, secondo la pubblica voce già incinta di Tolomeo. Il sovrano morì anche lui di
morte naturale, in tarda età (-283) ed ha dato origine alla dinastia dei Lagidi.