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IACOPI DISCENDENZE E STORIA

Una vita di ricerche per conoscere chi sono.

  

FRANCESCO 2° GONZAGA, un genio del voltafaccia

FRANCESCO 2° GONZAGA,

un genio del voltafaccia

Pubblicato su Rivista Informatica "GRAFFITI on line" (www.graffitionline.com),

del mese di ottobre 2020, con il titolo “I GONZAGA, MANTOVA E LA

CAPACITA’ DI CONSERVARE IL DOMINIO”

http://www.graffiti-on-line.com/home/opera.asp?srvCodiceOpera=1950

Per più di 30 anni, machiavellico e contorto, questo condottiero, marchese di

Mantova, moltiplica gli accordi con i Milanesi, i Veneziani ed i Francesi. Una

vita riempita di vane promesse, ma che gli consentiranno di conservare la sua

città.

Circondato da potenti vicini, quali il Ducato di Milano, la terraferma di Venezia e

lo Stato Pontificio, il marchesato di Mantova deve la sua fragile sopravvivenza

alla pace armata che regna in Italia da dopo la Pace di Lodi del 1454. La famiglia

Gonzaga, che ha assunto il governo di Mantova dopo un sanguinoso colpo di mano

nel 1328, non dispone di una forte legittimità, ma ha saputo mantenersi al potere

tessendo una matassa di legami matrimoniali. Il marchese Federico (1441-1484),

sposato con una principessa tedesca, è riuscito a realizzare dei superbi

matrimoni per i suoi figli: le sue figlie hanno sposato dei principi italiani ed una di

esse persino un cugino del re di Francia, Gilberto di Borbone-Montpensier

(1443-1496). Per quanto concerne suo figlio Francesco 2° (1466-1519), egli lo ha

accasato con Isabella d’Este, figlia del Duca di Ferrara. Nonostante questo, la

sola sopravvivenza non basta, occorre assicurare il loro rango fra le famiglie

principesche ed i Gonzaga non hanno altra risorsa che offrire, o meglio vendere, i

loro servigi militari agli stati più ricchi. Essi, di padre in figlio, si sono guadagnati

la fama di esperti condottieri.

Quando nel 1484 Francesco 2° sale, alla morte del padre, al trono di Mantova egli

appare dotato di tutte le qualità che ci si aspetta da un Gonzaga. Intelligente e

colto, egli prosegue il brillante mecenatismo dei suoi antenati. Il muovo marchese

adora giostrare nei tornei, curando in tal modo l’immagine di guerriero ed a tal

fine ordina le sue armi presso i migliori artigiani d’Italia e di Germania ed alleva

nelle sue scuderie cavalli la cui fama è nota in tutta Europa. In un mondo

piuttosto pacifico, i primi anni del suo regno si svolgono senza incidenti, mentre il

gioco politico viene ad essere bruscamente sconvolto dall’arrivo intempestivo dei

Francesi di Carlo 8° (1470-1498), alla fine dell’estate del 1494, che si reca alla

conquista del Regno di Napoli. Per la mediazione di Gilberto di Montpensier, il re

spera di attirare nella sua orbita il marchese di Mantova, al quale vengono

proposti titoli e denaro. Francesco, pur allettato, si vede costretto a declinare

l’offerta, in quanto risulta già legato da un contratto con la Repubblica di

Venezia. I Veneziani, d’altronde, non possono accettare l’intrusione francese in

Italia e, sotto la loro egida, viene formata nella primavera del 1495 una vasta

lega antifrancese, al comando del Gonzaga, che riceve il compito di scacciare

l’invasore.

Carlo 8°, per non correre il rischio di ritrovarsi bloccato a Napoli, decide di

rientrare in Francia, lasciando dietro di sé la metà del suo esercito. Le truppe

francesi risalgono la penisola, ripassano senza difficoltà gli Appennini, quando, nel

momento di attraversare il fiume Taro, entrano in contatto, il 6 luglio 1495, con

le truppe della Lega. Il marchese, che dispone di effettivi tre volte superiori a

quelli francesi, elabora un piano sottile: lasciare di fronte al re un sottile velo di

truppe ed effettuare con la massa della sua cavalleria un movimento avvolgente

allo scopo di annientare i Francesi e di catturare Carlo 8°.

Ma nulla avverrà secondo quanto preventivato: l’esercito francese attraversa il

fiume, superando le fragili resistenze frontali, mentre la cavalleria francese, con

un’azione di retroguardia, riesce a resistere alla manovra del Gonzaga. La

giornata, ricordata come la Battaglia di Fornovo, non celebra un vero vincitore,

ma Carlo 8°, affrettando la sua marcia, potrà rientrare in Francia senza ulteriori

fastidi. Francesco 2°, per non perdere la faccia, dichiara la sua vittoria e, per

festeggiare la giornata, comanda al Mantegna un retabolo: la Madonna della

Vittoria. I Veneziani si vedono costretti a “digerire” questa strana vittoria. Essi

inviano, poco tempo dopo, il loro condottiero in aiuto agli Spagnoli, che stanno per

ottenere una netta vittoria sui Francesi nel Regno di Napoli. Il marchese, che ha

assorbito lo spirito della famiglia, cerca di far fuggire il suo cognato Gilberto di

Montpensier, ormai circondato dagli Spagnoli, ma questi preferisce morire sul

campo insieme ai suoi uomini. Tutto quello che vi guadagna il marchese da questa

azione è il … sospetto di tradimento.

L’affare francese non avrebbe avuto probabilmente alcun seguito se Carlo 8°, nel

1498, non fosse morto, lasciando il trono a suo cugino Luigi 12° Valois d’Orleans

(1462-1515). Questi ritiene di poter vantare dei diritti sul Ducato di Milano, dove

regna l’usurpatore Ludovico Sforza, detto il Moro (1452-1508). I Veneziani

sembrano, stavolta, pronti a sostenere le pretese francesi. Il marchese di

Mantova si ritrova impelagato in un incredibile imbroglio diplomatico, nel quale

tutti cercano di assicurarsi i suoi servigi. Siccome Francesco non crede ad un

rapido intervento francese egli accetta, il 31 maggio 1498, la carica, decisamente

allettante e lucrosa, di comandante delle truppe milanesi. Tuttavia il marchese si

inquieta con quello che stanno preparando i Veneziani: in caso di guerra i suoi

stati sarebbero presi sul rovescio dalle truppe di Venezia ed in tale prospettiva,

nell’autunno seguente, egli preferisce interrompere il suo contratto con Milano,

intascandosi definitivamente i 100 mila ducati di acconto.

Egli si reca a Venezia, dove si getta ai piedi del Doge, giurandogli di consacrarsi

anima e corpo alla causa della Repubblica (20 ottobre 1498). L’ambasciatore

milanese, che assiste nauseato alla scena, vi intravede l’intervento di satana in

persona ! Tuttavia, il marchese non tarda a pentirsi del suo voltafaccia, poiché

Venezia, che paga molto meno di Milano, gli ordina di andare a combattere in

Toscana. Francesco 2° non ha alcuna intenzione di eseguire l’ordine e si rivolge

nuovamente al Duca di Milano, che accetta di riprenderlo al suo servizio, il 1°

novembre, dandogli persino un aumento di stipendio. “Ecco la Signoria (leggi

Firenze) sbarazzata di un grande pazzo !” sarà il commento ironico di Papa

Alessandro 6° Borgia (1431-1503), mentre a Venezia sono tutti pieni di rabbia.

Orbene, nel corso del mese di febbraio 1499 i Veneziani firmano una alleanza con

la Francia contro Milano ed il marchese si vede perduto. Con una incredibile

sfrontatezza egli si avvicina ai Francesi ed ottiene che questi perorino la sua

causa presso il Senato veneziano, che si lascia convincere. Francesco decide a

quel punto (11 agosto) di “gettarsi nelle braccia e nel seno materno della

Repubblica e di metter in suo potere la sua persona, il suo stato, tutti i suoi beni,

ivi compresa la sua anima”, accordo segreto, in quanto ufficialmente egli continua

ad essere pagato dal Duca di Milano. Di fatto egli non porterà alcun soccorso al

Duca di Milano, allorché le truppe francesi conquisteranno i suoi stati nell’agosto

1499.

Ludovico Sforza, tradito da ogni parte, è costretto a fuggire e Luigi 12°

attraversa le Alpi per venire a visitare il suo nuovo ducato. Agli inizi del mese di

ottobre, il marchese si unisce al re e partecipa a tutte le feste organizzate dai

Francesi in Lombardia. Luigi 12°, che vuole rinforzare le sue posizioni italiane,

ricopre di onori il Gonzaga, accordandogli una compagnia d’ordinanza, una

pensione ed il collare dell’Ordine di S. Michele. Quanto al marchese, egli offre

dei cavalli, dei falconi e dei cani da caccia a tutti i membri influenti della corte

francese. Poi alla fine tutti rientrano alle loro sedi.

Sfortunatamente per Francesco Gonzaga egli dovrà presto provare la sua

fedeltà. Nel corso dell’inverno, Ludovico Sforza, con il sostegno dell’imperatore

Massimiliano 1° d’Asburgo o d’Austria (1459-1519) riparte alla conquista del

suo ducato e dal 5 febbraio 1500 rientra a Milano, acclamato dalla folla. Durante

questa campagna lampo, il marchese ha ritenuto prudente inviare qualche sparuto

rinforzo al duca, come anche una lettera di felicitazioni per la sua vittoria.

Calcolo sbagliato, in quanto, già dalla primavera, i Francesi riusciranno a

catturare Ludovico e riconquisteranno il Milanese. Luigi 12° che non “digerisce” il

tradimento del marchese, ipotizza la spartizione dei suoi stati con i Veneziani.. Il

marchese, spaventato, bombarda la corte francese di lettere lacrimevoli ed

ottiene, alla fine, il suo perdono in cambio di una pesante ammenda.

Strettamente sorvegliato dai Francesi e dai Veneziani, negli anni seguenti si

tiene abbastanza tranquillo, ma non suscita di certo la fiducia dei suoi vicini. Nel

1503, Luigi 12° affida a Luigi 2° de La Tremouille (1460-1525) ed al marchese

una vasta spedizione per riconquistare il regno di Napoli agli Spagnoli. Francesco

ritarda per quanto può la sua partenza, ma quando, nel luglio, egli raggiunge

l’esercito francese, a Parma, egli lo trova decimatao da una epidemia. Sotto i suoi

occhi il De la Tremouille viene abbattuto da un attacco di febbre, quanto basta al

Gonzaga per riprendere la strada di casa, dove per oltre un mese si farà curare

di un male immaginario. Allorché, in agosto, dopo molteplici sollecitazioni egli

accetta di ritornare ad assumere il comando delle truppe reali, sarà per portarle

al disastro.

La situazione politica di Mantova diventa nuovamente critica cinque anni più tardi

allorché la Francia ha una disputa con Venezia. Nel 1509, il re conduce di persona

un formidabile esercito per la conquista della terraferma veneziana. Preso fra

due fuochi, il marchese resta fedele all’alleanza francese, ma, col pretesto di una

forte febbre, parteciperà alla campagna in maniera intermittente e sarà persino

assente alla battaglia di Agnadello (19 maggio 1509). Assenza che gli varrà, da

parte del re di Francia, il titolo di “poltrone”. Offeso, il marchese si rimette in

marcia agli inizi di agosto, ma per essere catturato dai Veneziani. Condotto a

Venezia egli vi viene accolto al grido di “traditore, traditore” e per un momento

pensa di essere perduto. Ma nello stesso tempo sua moglie inonda le corti

europee di lettere piagnucolose ed il sultano ottomano Bejezit 2° (1447-1512),

che intratteneva con il marchese legami di amicizia, effettuerà delle forti

pressioni sui Veneziani affinché rilascino il prigioniero. Questi osserverà in

seguito fino alla sua morte, nel 1519, una stretta e prudente neutralità.

Nei molteplici tradimenti del marchese di Mantova, occorre indubbiamente

vedervi una parte di opportunismo ed una parte del gioco politico. Ma vi si può

intravedere una gran parte di genio politico. Francesco Gonzaga, per il suo

machiavellismo, più che per il suo genio militare (non risulta che abbia mai vinto

una vera battaglia), ha saputo mantenere l’indipendenza del suo marchesato, in

un’epoca in cui numerosi stati italiani, e fra i più grandi, crollano come castelli di

carta.

BIBLIOGRAFIA

Braglia Riccardo, I Gonzaga. Il mito, la storia, Artiglio, 2002

Cadalora Mario, Gonzaga, Modena, 1990

Castagna Mario, Stemmi e vicende di casate mantovane, Montichari, 2002.

Coniglio Giuseppe, I Gonzaga, Varese, Dall'Oglio, 1973.

Dolci Marilena, Isabella d'Este e Francesco Gonzaga. I segreti di una

coppia, 2018, Editoriale Sometti, Mantova

Malacarne Giancarlo, I Gonzaga di Mantova, una stirpe per una capitale

europea. Gonzaga Marchesi, Modena, Il Mulino, 2005.

Murgia Adelaide, I Gonzaga, Milano, Mondadori, 1972.

6

Nosari Galeazzo, Canova Franco, I Gonzaga di Mantova. Origini di una

famiglia dinastica, Reggiolo, 2019, ISBN 978-88-99339-67-8.

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