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IACOPI DISCENDENZE E STORIA

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“PENSATOI”, RITIRATE ed altri strumenti di “comodità”. Storia ed evoluzione dal Medioevo

“PENSATOI”, RITIRATE ed altri strumenti di “comodità”. Storia ed evoluzione dal Medioevo

(Pubblicato sul n. 278, luglio 2020, della Rivista Informatica “Storia in

Network” - www.storiain.net con il titolo “LATRINE ED ALTRI SPAZI DI

“COMODITÀ” NEL MEDIOEVO” e sulla Rivista mensile di Assisi il

“RUBINO”, in quattro puntate)

Tentativo di una breve storia di luoghi, strumenti ed utensili legati ad una

imprescindibile necessità umana.

Di norma, i predetti strumenti vengono raggruppati sotto il termine

generico di latrine, una serie di svariati tipi di luoghi di agiamento,

organizzati in funzione degli spazi scelti e della condizione sociale degli

utilizzatori di questi luoghi di “necessità”. La terminologia designa questi luoghi

intimi, a seconda delle regioni e delle epoche, sotto il nome di “ritirate” di

“camera privata”, di “camera” o semplicemente “privato” oppure “camera bassa, o

cortese”, spazi che dispongono di norma di posti di agiamento (sedute con il

classico buco). Le varianti di questi termini si estendono in relazione al numero di

questi sedili forati disponibili, che vanno da una semplice ritirata al piano di un

solo posto, per le persone di alto livello, alle ritirate collettive a due, tre o

quattro fori per il personale domestico, che implica una minore comodità ed una

più significativa promiscuità. Non va dimenticato, per completezza di

informazione, che i Romani, (ad esempio negli scavi di Ostia), utilizzavano già

nelle latrine pubbliche questi sistemi a seduta pubblica, ma con risciacquo

continuo !!!

Le latrine delle fortezze e dei castelli

Nei castelli e nelle piazzeforti, i posti di agiamento, costituiti da un banchettosedile

di pietra che dispone di un foro di evacuazione, vengono organizzati in

“ritirata” (in luogo appartato) all’interno delle spesse muraglie, sia per comodità,

sia per discrezione. Un condotto porta i detriti di evacuazione verso i fossati,

pieni o meno di acqua. Il sedile di pietra che si può ancora oggi osservare in

numerose fortificazioni era di norma ricoperto da una tavola di legno dipinto a

forma di coperchio, al fine di isolare l’utilizzatore dal freddo e dall’umidità della

pietra. Un piccolo spioncino, della grandezza al massimo della testa, consente

l’entrata della luce del sole e consente anche una pur ridotta, ma necessaria,

ventilazione. A partire dal 13° secolo, ma forse anche prima, questi posti vengono

muniti di un coperchio di legno al fine di limitare gli odori e gli insetti.

Progressivamente, numerosi possenti castelli vengono a disporre di una struttura

architettonica separata, alla quale viene affidato il ruolo di latrina e ad ogni

piano delle torri presentano una ritirata. Esempio tipico è quello del Castello dei

Teutonici a Malborg. Il sistema delle latrine del castello teutonico, allocato in

una torre separata del castello (Dansker), raggiungibile attraverso un ponte di

legno ed a picco sul fossato, risulta preceduto, come segno indicatore, da una

simpatica scultura di un diavolo, pressato da impellenti necessità fisiche. I posti

di agiamento al suo interno, si presentano in batteria lungo le pareti della sala,

separati da pannelli in legno e con ripiani da cui attingere le “foglie di cavolfiore”,

la raffinata carta igienica dell’epoca. Se il sistema non è a caduta diretta, una

serie di canalizzazioni consente l’evacuazione verso il fossato e quindi,

successivamente, verso delle fosse settiche nel sottosuolo, perfettamente

munite di un sistema di filtraggio, composto da detriti di pietra o pietrisco.

Converrà ricordare l’episodio della conquista della prima cinta di mura di Castel

Gaillard (il famoso castello di Riccardo Plantageneto Cuor di Leone), assediato

dalle truppe di Filippo Augusto nel 1204, nel corso del quale, a dare ascolto al

testo della Philippide (canto 7°), qualche sergente condotto di notte da un certo

Bogis, riesce ad issarsi all’interno attraverso una finestra delle latrine a sporto,

rimasta non perfettamente chiusa. Nel 1302, ancora, allorché le truppe dei

Colonna ed i contingenti italiani condotti da Guglielmo di Nogaret (1260-1313)

danno l’assalto al palazzo cardinalizio fortificato di Anagni e contro il Palazzo dei

Caetani, alcuni cardinali assaliti riescono a fuggire, passando per le latrine (vds.:

Poirel Dominique, Filippo il Bello, Perrin, 1999, pag 249).

Molto sovente, per necessità di economia, la stanza delle ritirate viene realizzata

a sporto, agganciata alla muraglia e realizzata con legname a piombo diretto sul

fossato. Risulta spesso difficile individuare nelle miniature medievali il luogo

delle ritirate visibili esteriormente. Allorché il disegno le rende evidenti, la

struttura a sporto può abilmente confondersi, per motivi di discrezione estetica,

con quella dei camminamenti di ronda in legno o dei barbacani in pietra. La

differenza può essere percepita, sia per una posizione che non risponda ad alcuna

utilità militare (né agli angoli, né al di sopra di una porta) e sul numero degli

appoggi dello sporto, ridotti di norma a due. Si sa, per esempio, che alcune

ritirate riservate al Signore o alla sua famiglia, dispongono all’interno o

all’esterno di uno stanzino, di accessori di igiene e spesso di un piccolo bacino di

pietra dotato di un orifizio di scolo delle acque usate e sui bordi del quale

vengono disposti degli incavi per una brocca per l’acqua. Questo è il caso del

dongione della Roche Guyon. La larghezza dello stanzino consentiva in generale di

una brocca per l’acqua e di una bacinella per le abluzioni. Qualche principe poteva

anche permettersi qualche eccezionale raffinatezza, come è testimoniato da un

documento del 1396: Dodici contenitori di acqua di rose di Damasco (da Leon de

Laborde, Les Ducs de Bourgogne o i Duchi di Borgogna). Inoltre, in questi casi, il

sedile di agiamento veniva ornato con ricchi tessuti e con qualche cuscino.

A partire dal 13° secolo, lo spazio assegnato al gabinetto privato tende ad

ingrandirsi e ad essere usato da due o tre persone contemporaneamente. Di

notte, l’utilizzo della latrina sprovvista di mezzi di illuminazione, doveva

effettuarsi accompagnato da un servitore o da un compagno incaricato di portare

una torcia o una lanterna. Secondo Gregorio di Tours (538-594), un prete era

morto nella latrina, mentre un servitore che portava una torcia lo stava

aspettando dietro una tenda che ne nascondeva l’accesso.

Le latrine dei conventi o delle abbazie

Le latrine dei conventi, poste di norma all’estremità dei dormitori, dal lato

opposto alla chiesa, venivano generalmente costruite nel punto più basso della

costruzione al bordo di un ruscello. Nel Racconto del Sacrestano (Segretain

Moine, Fabliau anonyme), una cronaca redatta dal 13° al 14° secolo, in 7 esemplari

e tre differenti versioni, la costruzione delle latrine risulta in un luogo appartato

e per raggiungerle occorre “prendere un sentiero per il quale i monaci vanno a

fare pipi” (par ou li moines vont pissier). In una di queste versioni, il religioso si

reca in maniera esplicita, verso una “cambres priveés/Ki sor l’auue estoient

fermées”, una sedia di agiamento (perché le latrine comuni erano chiuse). Le

latrine dei monaci, come le latrine pubbliche delle città, possono presentare

diverse decine di posti di agiamento, come d’altronde le latrine pubbliche

dell’epoca romana. Il confort e l’igiene imporranno molto presto alcune migliorie

tecniche, come l’uso delle sedie di agiamento: nel 1324, i Domenicani di Arras

riportano la spesa di 20 soldi per la realizzazione di due sedie di agiamento con

coperchio rimovibile (2 caiieres aaisiés ploiches a couverchiaus cloans et

ouvrans).

Le latrine delle dimore borghesi ed urbane

Nei borghi o nelle città, non tutte le dimore disponevano di gabinetti/latrine e

alcune case o alcuni piani della costruzione ne erano sprovvisti. Fino alla metà del

14° secolo, solo le ricche dimore possedevano delle latrine a sporto sulla facciata

posteriore o a piombo su delle strette stradine. Se le grandi arterie delle città

importanti risultano lastricate e dispongono di canalizzazione di scolo, le stradine

dei quartieri periferici costituiscono delle vere proprie cloache a cielo aperto,

dove ognuno getta i suoi escrementi dalle finestre, spesso senza neanche

avvertire (a Parigi, nel quattrocento le persone educate prima di vuotare il pitale

fuori dalla finestra, avvisavano il passante con l’espressione “garde a l’eau !!”).

Nel 1374, nella Francia di Carlo 5°, verrà imposto a tutti i proprietari di case in

città o nella periferia di Parigi di “avere latrine e gabinetti in numero sufficiente

nelle loro abitazioni”. Evento che dimostra che fino al quel momento non era un

fatto abituale. All’inizio del 16° secolo, verranno realizzate ritirate o latrine nei

granai, con l’impianto di fosse settiche nel sottosuolo. Nel 1533, un ordinanza del

Parlamento di Parigi dispone la realizzazione di fosse settiche fisse sotto ogni

casa. Le prescrizioni sanitarie della stessa natura e l’interdizione di “gettare

nelle strade dalle finestre, sporcizie, urina ed altre acque infette o corrotte” si

susseguiranno in numerose città per diversi decenni senza risultati decisivi. Nello

stesso periodo vengono messe in azione, di notte e nella stagione fredda, alcune

squadre per svuotare e pulire le fosse settiche.

Le latrine pubbliche

In molte città risultavano disponibili alcune latrine pubbliche, che presentavano

numerosi posti di agiamento di pietra o di legno. Queste erano poste lungo corsi

d’acqua o a sporto su ponti, al fine di favorire una evacuazione naturale degli

scarichi e dei fanghi. Jehan Taccoen, signore di Zeilbeke o Zillebeke (1453-

1531), nei pressi di Ypres, gran balivo di Commine, durante il suo quarto viaggio in

pellegrinaggio a Compostela nel 1511, risulta particolarmente sensibile alla qualità

ed al confort delle latrine delle città che attraversa ed a tal fine nota: “Nelle

maggior parte delle case non esistono né camini ne ritirate. Essi fanno i loro

bisogni in un vaso o in dei piccoli recipienti ed i loro servitori, di mattino presto,

li portano sulla loro testa verso il fiume. Ma per gli uomini esiste un grosso

orinatoio e delle latrine sui bordi del fiume e ciascuno può andare quando vuole”.

In alcuni dipinti del 15° e 16° secolo, specie quelli dei fiamminghi (Memmling,

Brueghel, ecc.), possono individuarsi diverse latrine, alle estremità dei ponti o

poste sulle pile del ponte stesso, al fine di non disturbare la navigazione o il

traffico fluviale sotto gli archi. Altre latrine dovevano esistere anche presso i

molini che bloccavano alcuni archi laterali dei grandi ponti.

Vasi da notte, sedie di agiamento o altro

Le ritirate in pietra realizzate in determinati punti fissi delle dimore per poter

utilizzare condotte e canalizzazioni d’evacuazione, presentano, a volte, il difetto

di essere lontane, allorché sopravviene un’urgenza o che la natura lo imponga alla

ragione. Il bambino in tenera età, il malato costretto a letto, il vecchio con

difficoltà di locomozione costituiscono alcuni di questi casi significativi. Ecco

dunque che nelle camere si impongono degli strumenti intermediari: i vasi da

notte di terra cotta, di piombo, di stagno o di rame e quindi le sedie d’agiamento,

il cui contenuto il personale di servizio scaricherà senza vergogna dalle finestre

sul malcapitato passante. I lavori di Brueghel ci hanno trasmesso, con

discrezione, le immagini di sedie di agiamento per bambini, dalla semplice

cassapanca di legno contadina, alla piccola sedia urbana. Le pitture fiamminghe ci

evidenziano persino vasi da notte delle lussuose dimore, mal dissimulati sotto un

letto o nei loro scompartimenti di legno. A partire dal 15° secolo, allorché

l’agiatezza sociale lo consente, questi vasi vengono allocati sotto una sedia di

agiamento, scolpita in legno, munita di lunetta e di coperchio a ribaltina, foderata

di tessuto e di cuscini, di modo tale che lo spettatore del dipinto ne riceve, in

definitiva, la sensazione di una semplice sedia ornata, posta in prossimità del

letto per riposare.

La sedia d’agiamento di Isabella di Baviera (1370-1435) era guarnita di velluto

blù, mentre quella di Filippo 5° il Lungo (1293-1322) era ricoperta di un panno di

nero. Il re Luigi 11° (1423-1483) utilizzava pudicamente una sedia da bagno,

circondata da tendine, mentre dai suoi conti privati si evidenziano acquisti di

stoppa di lino, antenata della carta igienica, utilizzata a tal fine dalle categorie

benestanti della popolazione. Le grosse foglie di piante (vedi il cavolo nel caso dei

Teutonici) o gli scarti di tessuto, tirati dal mucchio, conoscono la stessa sorte

per la maggior parte della popolazione comune. A partire dalla fine del 15° secolo,

presso i chierici ci si orienterà verso la carta e questa abitudine sarà la causa, in

seguito, della distruzione di numerosi documenti d’archivio attraverso i tempi. Ne

sono testimonianza di questa tendenza i più di 700 sigilli risalenti al 17° secolo

scoperti nelle latrine del Louvre, in occasione di scavi archeologici effettuati a

Parigi.

I testi d’archivio ci forniscono comunque la descrizione di ricche sedie di

agiamento, come ad esempio:

1470: la somma di 27 soldi … per il legno e la fabbricazione di una sedia di

agiamento, rivestita di drappo blù, per la persona del detto Signore (Luigi 11°).

Nel 16° secolo, i posti di agiamento moltiplicano le tende di separazione tanto da

diventare dei monumenti decorativi sontuosi.

1532: 2 teli da mettere sui sedili delle latrine … caricati delle lettere A ed R ..

ed il fondo delle tende di taffetà rosso e 2 tende di satin rosso (dall’inventario

della duchessa di Lorena a Nancy).

1583: Piccolo telo da mettere sulla sedia di agiamento,… di satin bianco con

ritagli di velluto nero ed una tenda di tela di Fiandra con bande di seta nera. Un

altro padiglione di satin cremisi con ricami d’oro, una tenda di taffettà cremisi

che ha il giro della sedia (inventario del Duca di Guisa a Joinville).

Per concludere questo argomento vale la pena ricordare qualche aneddoto

riguardante il rapporto del Re Sole, Luigi 14° di Francia (1638-1715) e la sua

“Chaise percée” (sedia di agiamento). La Principessa palatina, che ci ha lasciato

dei piccanti ricordi sulla vita alla corte francese, ci narra che Luigi 14° aveva

abitudini alimentari alquanto esagerate ed era, conseguentemente, vittima di una

alimentazione troppo abbondante e mal digerita (1). Questo tipo di disordine

alimentare imponeva al Re Sole lunghe soste sulla sua “sedia”, in presenza di

cortigiani, che pagavano molto caro l’onore di essere alla sua augusta presenza.

Anzi, per non lasciare dubbi a riguardo, la Principessa tedesca soggiunge che, Sua

Maestà teneva spesso il Consiglio dei Ministri nella camera della sua sposa

morganatica (Madame de Maintenon) e di tempo in tempo il re era costretto ad

allontanarsi nel vicino gabinetto dove era allocata la sua sedia di agiamento e

sulla quale si liberava “di una tempesta di venti”. Anche la stessa principessa, pur

criticando le abitudini poco regali del sovrano francese, si adatta ben presto alle

usanze oltremontane, disponendo nel suo appartamento di una sedia di agiamento,

sulla quale la donna “riceveva” spesso i suoi amici.

L’utilizzo delle ritirate e dei gabinetti privati

Le nozioni moderne di intimità o di privato erano diversamente percepite dalle

mentalità medievali, con gradi variabili, a seconda dell’educazione e del livello

sociale.

La frequentazione o l’utilizzo delle ritirate o dei gabinetti privati poteva

effettuarsi in compagnia selezionata. Un vicino apprezzato, un familiare, un

servitore, poteva essere invitato a fare conversazione in compagnia del

“ritirante” ed a sua richiesta. Questa ammissione all’intimità era spesso

considerata come un favore ed un segno di stima, sebbene pochi conoscano

effettivamente ciò che l’obbligato ad assistere pensasse nel suo intimo della

condivisione di cose così poco gradevoli. La comicità di certi racconti poteva

incentrarsi ironicamente su un favore che, di fatto, si trasformava in una

spaventosa corvée per qualsiasi personaggio estraneo al cerchio familiare ed

intimo. In un racconto de 13° secolo, una donna venuta a domandare un pane e del

vino ad un vicino, si vede rispondere dalla sua vicina: avrete quello che volete

dopo che sarò stata alla ritirata e la povera donna, conoscendo le usanze si siede

a parlare con la borghese, prima che entrambi passino nella “stanza” vicina. Le

conversazioni familiari proseguono anche in questi ambienti, favoriti, a partire

dal 16° secolo, attraverso la separazione di arazzi che preservano un sembianza

di intimità.

L’abitudine ad utilizzare le sedie di agiamento nelle stanze, indipendentemente

dalle latrine fisse, costruite in pietra, si sviluppa alla fine del medioevo, senza

dubbio a causa degli inconvenienti notturni di percorsi complessi, normalmente

senza illuminazione. Verso il 1545, Jean Berthelin (1577-1652) scrive, nelle sue

memorie (XVI secolo), che un cavaliere del re alloggiato all’Hotel del Cavallo

Bianco di Rouen “luy estant levé il se en alit aux prynets avec le serviteur du

dudit logis, lesquels tous deux fondyrent e tomberent dedens les dedits prynets

e furent tous deux noiez a l’ordure (Essendo ancora in piedi se ne andò verso il

gabinetto con il servitore dell’albergo, ed entrambi precipitarono e caddero nei

suddetti gabinetti, rimanendo affogati nel pozzo nero; estratto da Journal du

Bourgeois de Rouen - Giornale del Borghese di Rouen). Le urgenze notturne

hanno avuto, da sempre, necessità di vasi o di recipienti in terracotta o vetro,

degli “orinali” come quello imposto dal Delfino della contea di Vienne, Umberto

2° Le-Vieux de la Tour-du-Pin (1312-1355), ad un maestro vetraio nel 1338,

nel cui ordine obbligava il mastro vetraio a fornire una tassa annuale di 1800

pezzi fra i quali 432 “orinali”. L’orinale di vetro trasparente costituiva lo

strumento di osservazione per il medico, incaricato, fra le altre cure, di

osservare il colore delle urine dei malati. Anche i conventi, come anche gli

ospedali utilizzano per gli ammalati gli stessi recipienti ad altri vasi speciali,

detti “da camera”.

Le latrine marittime e le difficoltà connesse con la navigazione

Jehan de Zeilbeke (1454-1532), durante il suo terzo viaggio a Compostela,

partito nel 1511 per mare a Nieuwpoort, nei pressi di Ostenda, si porta a

Portsmouth in Inghilterra, dove ha la possibilità di ammirare una grossa nave

appartenente al re d’Inghilterra, la Regent. Il bastimento, un cinque alberi a più

ponti da 1100 tonnellate, dispone di quattro belle ritirate. Egli precisa ancora, nei

suoi consigli ai pellegrini: “Voi dovete comprare dei vasi di terracotta. Un tale

strumento può esservi utile se per caso la notte, vi doveste trovare lontano dalle

ritirate o dal bordo della nave, oppure anche per vomitare quando starete male”.

Il bordo della nave, dove sono allocate le latrine (banchi forati organizzati di

norma nel castello di poppa) risultano di difficile accesso di notte, mentre i vasi

di terracotta sono utilizzabili sotto una piccola sedia forata del tipo di quelle che

sono state trovate nel relitto di una nave anseatica da trasporto, che era

affondata nel fiume Weser nel 1380.

Le latrine, luoghi di misfatti ed occultamento di cadaveri

Le latrine pubbliche o non, possono diventare luoghi malfamati e abominabili.

Questa percezione peggiorativa si traduce anche nella lingua parlata. Il paragone

di un individuo con una “cesso” diventa uno degli insulti costanti e favoriti nella

bocca della gente e sotto la penna degli autori del 16° secolo:

“Da dove viene il suo puzzolente alito, non può venire altro che da buco di un

vecchio cesso”.

“Son halaine puoit plus qu’un aneau de retraict” (il suo fiato puzza più del foro di

una ritirata; Brantome, Maresciallo di Matignon).

Nel Racconto o favola anonima del Sacrestano (Segretain Moine, Fabliau

anonyme), risalente al 13° secolo, il marito di una borghese, assassino di un

sacrestano seduttore, depone a notte fonda il cadavere nelle latrine dell’abbazia,

dove lo scopre il priore, tormentato da una diarrea “seduto sul banco del cesso”

(assis sor le pertuis d’une privée). Spaventato per la scoperta, il priore decide a

sua volta di andare a deporre la macabra spoglia in una casa della città.

Nell’atto di accusa formulato contro Gilles de Rais (1405-1440), capitano

dell’esercito francese e compagno d’armi di Giovanna d’Arco, meglio conosciuto

come Barbablù e letto nella giornata del 13 ottobre 1340 alla presenza del

vescovo di Nantes e dell’Inquisitore delle eresie del Regno di Francia, viene

precisato che un certo Andrea Buchet di Vannes, il predetto Barbablù condusse

nella casa di un certo Lemoine, nei pressi del palazzo episcopale di Vannes, al di

fuori e nei pressi del muro della città, un giovane ragazzo di 10 anni circa, il

quale, dopo aver subito diverse violenze, venne ucciso crudelmente nella casa di

un vicino di nome Boetden e, “avendo tagliato e mantenuto la testa, egli fece

gettare il corpo di questo giovane ragazzo massacrato, nelle latrine della casa del

predetto Boetden” (Georges Bataille, “Il processo di Gilles de Rais”, Ed. Pauvert,

1972, pag. 213).

Il celebre predicatore francescano bretone Olivier Maillard (1430-502),

secondo quanto riportato da Jean Pierre Leguay, vituperando verso il 1450

l’incontinenza dei suoi contemporanei e predicando le sue accuse, affermava che

dal fondo delle latrine, dei fiumi e degli stagni uscivano i lamenti dei ragazzi che

vi erano stati precipitati. Questi terribili misfatti non sono indubbiamente dei

fatti isolati, tanto che Theodore Agrippa d’Aubigné (1522-1630) arriverà a dire

che “Le latrine del Louvre sono orrendi cimiteri di ragazzi, uccisi dagli Apoticari”

e gli incaricati di svuotare i pozzi neri dovevano a volte scoprire terribili segreti.

Persino Giovanni Calvino (1509-1564) non risparmia evidenti allusioni nei

confronti dei suoi nemici: “per meglio esprimere cosa essi sono, io non saprei

usare un paragone più pulito che quello degli svuotatori di pozzi neri (Calvino,

“Excuse aux Nicodemites”, 6°, 595)

Il contenuto archeologico delle fosse delle latrine scavate conferma questa

abitudine anche per la presenza di ossa di gatti e cani. Di fatto, venivano gettate

nelle latrine anche la cucciolate indesiderate.

Il luogo nascosto dei traffici di falsari

I falsari ed altri delinquenti hanno utilizzato delle volte le latrine per dissimulare

il frutto delle loro criminose attività. Nelle latrine del 15° secolo di alcune

località, sono stati ritrovati scarti metallici di produzione e false monete,

precipitosamente gettate nel cesso da falsari, sul punto di essere scoperti.

A margine della predetta analisi sulle “Ritirate” del Medioevo, vale la pena

spendere due parole sulle “comodità” di cui disponeva la Rocca di Assisi.

Ricostruita nel corso del 1300 sulle rovine di un precedente dongione fortificato

del 1000, il maschio o dongione feudale, a quattro piani, costituiva inizialmente

l’abitazione del feudatario o dei castellani e la sua struttura presenta

interessanti aspetti sotto questo punto di vista. Va sottolineato il fatto che il

Palazzo di Urbino, che viene citato come prima reggia italiana ed europea a

possedere un sistema fognante e di scarico dei gabinetti, risale al 1400 e quindi

la Rocca di Assisi, sotto questo aspetto, appare decisamente all'avanguardia. In

ogni caso le latrine della rocca di Assisi presentano un sistema di evacuazione

delle deiezioni non a sporto, come era nei precedenti periodi, ma all’interno delle

mura verso un vespaio, posto alla base del dongione. In tale contesto, la stanza a

piano terra, che forse era destinata alla guardia del feudatario o, come altri

affermano, a prigione, presenta, nello spessore della “spalla”, un piccolo vano ad

uso di latrina. Salendo per la scala a chiocciola prima di arrivare alla penultima

sala del dongione si passa davanti ad una porticina con scale che portavano agli

spalti dello stesso dongione e ad una seconda latrina ricavata anch’essa nello

spessore delle mura. La stanza più alta del maschio, certamente abitazione del

feudatario o del castellano, presenta un lavabo, un camino ed una scaletta,

ricavata nello spessore del muro, che porta, all’altezza delle caditoie del maschio,

ad una comoda latrina privata del famiglia del castellano. In definitiva, una

struttura architettonica della fine del 1300, inizi del 1400 che dava ampio

spazio, già in fase progettuale, alle primarie esigenze “umane”.

Da ultimo per dare una degna chiusura a questa sommaria descrizione di questo

speciale argomento, vale assolutamente la pena ricordare due personaggi,

sconosciuti al grande pubblico, ma certamente benemeriti del progresso della

società. In particolare, l’inglese sir John Harington of Kelston (1561-1612) ha

messo a punto, nel 1584, un meccanismo a flusso d’acqua, progenitore dello

sciacquone del moderno water closet e, dopo di lui, nel 1775, l’orologiaio inglese

Alexander Cummings (1733-1814), perfeziona il sistema Harington, con

l’introduzione del sifone, avvicinandolo a quello dei giorni nostri. In effetti,

Cummings sarà colui che brevetterà per primo questo sistema, che diventerà

completo, nel 1886, con l’introduzione dello sciacquone a catenella. A questi due

personaggi va dunque riconosciuta l’importanza del loro contributo alla salute

pubblica, in quanto, attraverso le loro idee, hanno concorso alla prevenzione di

malattie infettive e conseguentemente al controllo della proliferazione di topi e

insetti.

NOTA

(1) “Ho visto il re mangiare quattro piatti di minestroni diversi, un fagiano intero,

una pernice, un gran piatto di insalata, due grandi fette di dolce e poi ancora

frutta ed alcune uova sode”. Da Claude Pasteur, La princesse Palatine,

Tallandier, Parigi, 2001.

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