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IACOPI DISCENDENZE E STORIA

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ISLAM : ALL’INIZIO ERA .. MAOMETTO

ISLAM : ALL’INIZIO ERA .. MAOMETTO

(stampato su “SUBASIO” n. 3/11 del settembre 2003, Bollettino trimestrale dell’Accademia Properziana del Subasio di Assisi)

 

(Pubblicato nel Forum della Rivista  www.graffiti-on-line.com - del giugno 2008)

Fondatore di religione e capo dispotico, Maometto fu inizialmente un cammelliere ed una sorta di sciamano mistico. Un percorso fuori dall’ordinario.

Muhammad (in arabo: “lodato o degno di lodi”) ibn Abd Allah[1], o semplicemente Maometto per gli Occidentali, nasce alla Mecca nella cosiddetta Arabia delle Tende fra il 567 ed il 573[2].  La sua terra d’origine, Arabia, è un termine che appare nei documenti intorno all’8° secolo e che potrebbe derivare da “terra degli Arabi o Arab”, vocabolo che significa nomade. Ma il suo nome potrebbe anche derivare da un termine di origine ebrea: Arabah che vuol dire steppa. La fonte più antica in cui si fa menzione degli Arabi é l’Antico Testamento e di fatti nel capitolo 10° della Tavola dei Popoli del Genesi, si dice che sono i discendenti di Sem con Yaqtan o Khatan figlio di Eber nell’Hadramaut. Dagli Assiri vengono successivamente chiamati Aribi o Arabu e furono ferocemente combattuti e con lo stesso nome vengono ricordati da Strabone, da Erodono, da Plinio e da Tolomeo. Ma molto della loro storia  pre-maomettana ha il sapore della leggenda

La Mecca é allora un centro commerciale prospero posto alla confluenza delle carovaniere che legano da un lato lo Yemen o “Arabia Felix” agli imperi bizantino e persiano e dall’altro il Mar Rosso al Golfo Persico. Esso all’epoca é anche un frequentato luogo di pellegrinaggio del politeismo arabo[3], dove si venera particolarmente Hubal, detto Allah (il Dio, La Divinità) ed il cui principale santuario è una edicola di forma cubica, la Kaaba, nella quale è incastonato un meteorite: la Pietra Nera.

La famiglia del futuro Profeta è povera ma appartiene al clan degli Hashemiti (da Hashem o Hashim ibn Abd Manaf) una della branche della tribù di Kuraysh che domina la Mecca da circa un secolo. Suo padre, morto prima della sua nascita o poco dopo, lascia come somma di tutti i suoi averi una schiava, cinque cammelli e qualche ovino. Viene affidato ad una nutrice di nome Alima (La Dolce), una beduina della tribù dei Banu Saad proveniente dall’Hedjaz. Inoltre Maometto, nel 576 circa, all’età di circa 7 anni, perde anche la madre Amina (letteralmente la “Donna”) durante un viaggio a Yathrib (Medina). Il giovane viene raccolto affettuosamente dal suo nonno ottuagenario Abd al Muttalib, un uomo influente e ricco che, tra l’altro, oltre ad essere uno dei capo del possente clan arabo dei Kurayshiti è anche l’Intendente del Tempio sacro della Kaaba, la cui costruzione rimonta ad Abramo. Ma anche questi muore poco dopo all’età di 85 anni. A questo punto l’orfano viene cresciuto dal Capo degli Hashemiti, uno dei suoi zii, Abu Talib, che l’inizia al mestiere di carovaniere. Ancora giovane entra al servizio, come capo carovana, di una donna imprenditore, ricca ereditiera della tribù dei Kuraysh, Kahdija bint Khowaylid, le cui spedizioni raggiungono la Siria per acquistare mercanzie bizantine per i commercianti della Mecca.

Ha appena 25 anni quando Maometto sposa la sua datrice di lavoro, di 15 anni più vecchia di lui, due volte vedova e madre di diversi figli. Sembra che sia stata proprio Khadija a prendere l’iniziativa e la coppia rimarrà legata da un solido legame affettivo. Nasceranno tre figli che moriranno in tenera età e quattro figlie. Sebbene soffra per il fatto di non avere dei discendenti maschi (egli è un Abtar: amputato, mutilato o un animale dalla coda tagliata), Maometto non si sposerà con altre donne fino a quando Khadjia rimarrà in vita. Attraverso il matrimonio il povero carovaniere raggiunge il benessere e diviene un notabile. Gode di una solida reputazione di mercante efficiente e negoziatore scaltro e con il tempo guadagna il soprannome di El Amin[4], uno sul quale si può nutrire fiducia.

A fronte di un evidente conformismo sociale dimostrato dal giovane Maometto, il suo carattere nasconde peraltro un temperamento nervoso, inquieto ed un forte desiderio di affermarsi. Questo uomo “tormentato” sente a volte il bisogno di fuggire dalla società e di isolarsi dal resto della gente ed ha l’abitudine di allontanarsi in solitudine per meditare (Khalwa). Egli si ritira nel deserto, in una caverna a qualche chilometro dalla Mecca, chiamata Hira, dove dimentica tutta la febbrilità che ormai regna nella città ed è proprio laggiù che ha una prima esperienza mistica, della quale non si conoscono i dettagli, ma che per certo segna la vita dell’uomo. Da quel momento Maometto moltiplica i suoi soggiorni nella grotta ed un giorno, avendo ascoltato chiaramente una voce improvvisa che gli dice “Tu sei l’Inviato (Rasul) di Allah”, ne rimane sconvolto.  Qualche tempo più tardi, nel 611, l’Arcangelo Gabriele gli si manifesta e gli ingiunge di leggere, “Iqra” (leggi, recita), dei segni arabi ricamati su una lunga stoffa di seta. Ma protestando di non saper leggere, Maometto, inizia da quel momento, con l’aiuto dell’Arcangelo Gabriele, la Rivelazione (Qur’an: Corano:  lettura, recitazione).

Inizialmente solo le persone della famiglia sono messe al corrente della novità: Khadija, Alì ibn Abu Talib (figlio di Abu Talib), cugino e suo pupillo, ancora ragazzo (10 anni) e Zayd, uno schiavo affrancato ed adottato. Poi, a poco a poco, si costituisce intorno al “missionario” un piccolo circolo di iniziati: qualche giovane, degli schiavi e ,fra gli altri, uno zio Hamza[5], un ricco commerciante Abu Bakr (poi 1° califfo dal 632 al 634), lo schiavo abissino Bilal, che sarà il primo Muezzin ed Omar ibn al Khattab, anch’egli valoroso guerriero, che sarà poi il secondo califfo dell’Islam dopo Abu Bakr.

I Kurayshiti, nel loro complesso, non si emozionano gran che di fronte alla novità. Per loro Maometto non è altro che uno dei tanti Kahins (Sciamani o indovini) che popolano qua e là tutta l’Arabia. D’altronde non utilizza egli la stessa tecnica e lo stesso linguaggio: una prosa ritmata ed in rima, differente dal linguaggio di tutti i giorni ? Ed in fin dei conti cosa predica di diverso ? Proclama che la fine del mondo è vicina, che i morti risusciteranno e che il Giudizio finale opererà la scelta fra gli eletti ed i dannati e che in tale prospettiva occorre pentirsi. In fin dei conti niente altro che il delirio di un carovaniere analfabeta che nei suoi viaggi, ha troppo esagerato nelle frequentazioni di Giudei e Cristiani !.

Le relazioni nel seno della sua tribù divengono molto più tese quando l’”Inviato di Allah” se la prende espressamente contro il politeismo della massa del suo clan che rifiuta la “sottomissione” (Islam) all’unico Dio, Allah. I Kurayshiti cercano di farlo ragionare in modo che ammetta almeno l’esistenza di altri dei. D’altronde il politeismo è talmente importante economicamente per gli abitanti della Mecca che sembra opportuno e conveniente operare qualche deroga. Non sappiamo se Maometto abbia fatto delle concessioni in tale campo e d’altronde l’episodio, ricordato come quello “dei versetti satanici”, è assai oscuro[6]. In ogni caso se Maometto cede o è tentato di cedere, immediatamente si riprende e la sua reazione sarà quella di pronunciarsi in modo chiaro e netto per un monoteismo assoluto.

La rottura con il proprio clan diviene inevitabile e la situazione assai difficile per i suoi discepoli. I suoi avversari cominciano a presentarlo come un allucinato ed un pericoloso. Nel 619 muore Khadjia e poco dopo anche Abu Talib. Questi viene rimpiazzato alla testa degli Hashemiti dal suo fratello Abu Lahab, che è stato sempre un nemico acerrimo della Rivelazione e delle attività di suo nipote. Maometto, perduta ormai ogni protezione di fronte ai potenti della città, non ha altra soluzione che andare in esilio. Una parte dei suoi seguaci trova asilo in Abissinia presso il Negus Al Hacham. Questo è il primo vero contatto dei mussulmani (Sottomessi a Dio) con la Chiesa cristiana, se si eccettuano i contatti precedenti con i Cristiani monofisiti[7] dell’Hedjaz. Inoltre nel 616 i Bani Hashem, la famiglia del Profeta, vengono messi temporaneamente posti in quarantena dalla Mecca e devono trovare rifugio in una valle isolata fuori dalla città.

Egli si porta inizialmente a Taif, un centinaio di chilometri dalla Mecca, dove prende contatti con viaggiatori di passaggio. Alcuni abitanti della città di Yathrib l’ascoltano e promettono di rappresentare il caso “a chi di dovere”. Questa città, posta a 350 chilometri a nord ovest dalla Mecca, che gli Arabi chiamano anche Al - Madina o Medina (la Città), è la più grande oasi agricola dell’Arabia. Una decina di tribù arabe vi si disputano il potere politico, in presenza di una importante comunità ebrea, che padrona dei sistemi di irrigazione e delle piantagioni, vi gode di una forte influenza economica.

Nel 617 una guerra fra le tribù arabe si conclude con la vittoria degli Aws, alleati degli Ebrei ed i vincitori cercano di consolidarvi il loro potere, in un clima costante ed inarrestabile di perenni vendette fra gli Arabi e fortemente pregiudizievole per gli affari. In tale contesto diviene urgente l’intervento di un arbitraggio esterno e Maometto, che già lo era stato in più occasioni alla Mecca, sembra essere la persona più adatta, con poteri chiaramente circoscritti e definiti e con l’accordo di tutti i capi della città. Dopo negoziazioni difficili, durate circa due anni, l’arbitraggio diviene una realtà. Nella tradizione mussulmana tutto il merito dell’emigrazione (Hijira, da cui Egira) di Maometto spetta agli Arabi, ma, in realtà, il ruolo giocato dagli Ebrei fu assolutamente determinate per la positiva soluzione dei problemi. Di fatto gli Ebrei hanno delle buone ragioni per appoggiare la candidatura di Maometto, convinti come sono di trovare di fronte ai politeisti, un alleato “malleabile” nel suo stadio iniziale del monoteismo, che fa riferimento ai Profeti ebrei, che prega rivolgendosi a Gerusalemme, che ha stabilito nel sabato il giorno di riposo e che non vede contraddizioni fra l’insegnamento della Torah e la sua predicazione.

L’accordo viene dunque concluso ed a partire dal 16 luglio 622 Maometto organizza la fuga dei suoi adepti[8] (una settantina di persone circa) dalla Mecca per piccoli gruppi e quindi parte anche lui, accompagnato dal fedele Abu Bakr e da una guida.

Dopo un spossante viaggio di dieci giorni arriva in vista dei sobborghi di Medina il 24 settembre dello stesso anno nella località chiamata Qubba. Maometto ha una cinquantina d’anni e da quel momento comincia una nuova vita.

La politica di “arbitraggio forzato” imposto dalla tribù dominante ed affidato  per di più ad uno straniero incontra però notevoli difficoltà. Gli immigrati dalla Mecca, da parte loro, hanno una preoccupazione maggiore che offusca tutte le altre, non dispongono di alcuna risorsa. A tal fine Maometto organizza dei colpi di mano contro delle piccole carovane di Kurayshiti e uno di questi raids, a Nakla, cambia il corso degli avvenimenti. In tale occasione il bottino è considerevole ma viene ucciso un carovaniere. Due mesi dopo Nakla avviene a Badr (624) una vera battaglia. Una schiera medinese di diverse centinaia di uomini, al comando personale di Maometto, attacca una grossa carovana venuta da Gaza. Lo scontro lascia sul campo da 50 ad 80 morti e quelli di Medina hanno la meglio. In conclusione, nel giro di appena due anni dopo l’Egira, Maometto e gli abitanti di Medina arrivano a bloccare definitivamente le comunicazioni ed il commercio della Mecca con la Siria e determinano una guerra aperta fra le due città. I Kurayshiti chiedono vendetta. La successiva battaglia di Ohod (625) registra la netta supremazia delle schiere comandate dall’uomo forte della Mecca, Abu Sufyan. La situazione diviene critica tanto che Maometto viene persino contestato nella sua suprema magistratura a Medina. Fortunatamente la Rivelazione, che ha fatto passi da gigante nell’ambiente di Medina, viene prontamente in aiuto del futuro Profeta (Nabi) e lo giustifica. Infatti a Medina il Corano non è più quello della Mecca. Lo stile è diverso, lontano dai vecchi versetti lirici, i testi rivelati (le Sure: i Capitoli) trattano di tutti gli aspetti della vita nella città; dei commenti sull’attualità, delle affermazioni chiaramente propagandistiche (“pro domo sua”) e gli ordini del giorno alle truppe si frammischiano a dei precetti di morale, alle regole del diritto, ai comandamenti religiosi, ai detti ed ai proverbi di saggezza, alle raccomandazioni di correttezza o di igiene (secondo il nostro punto di vista). Insomma un insieme composito di precetti dove si definisce, per successive aggiunte, l’islam, ovvero la sottomissione dell’uomo ad Allah, come religione, diritto e civiltà (sempre secondo l’interpretazione occidentale).

Gli anni che seguono sono marcati da una serie interminabili di combattimenti e la battaglia di Kandaq nel marzo 627, dove i kurayshiti della Mecca soffrono una grave sconfitta, segna la definitiva affermazione dell’astro di Maometto, che ormai non è più solo un arbitro della città, ma piuttosto un nobile, un vero signore (Sayid o Sceriffo per i Sunniti), Capo dei Mussulmani (Muslimun, ovvero quelli che si sottomettono ad Allah). Un signore, secondo le fonti dell’epoca, piuttosto dispotico, che non tollera alcuna opposizione. In tale periodo sembra acclarato che Maometto abbia praticato senza scrupoli l’assassinio a scopo politico e fra le sue vittime si ricordano due poeti che lo hanno criticato più duramente, una donna ed un vecchio. Gli Ebrei di Medina, gestori occulti del potere locale, vengono sistematicamente eliminati; due tribù vengono scacciate ed una terza, i Kurayza, va incontro ad una sorte tragica: Dall’alba alle prime ore della notte di un giorno di maggio del 627 gli uomini (da 600 a 900 unità) sono decapitati ai bordi di una grande fossa, scavata nella piazza del mercato. Le donne ed i bambini sono venduti come schiavi. Il “Profeta” si riserva la sposa di uno dei giustiziati, la bella Rayhana, di origine ebrea, che diviene la sua concubina. A partire dalla sua vedovanza Maometto mette, in effetti, in evidenza un notevole appetito sessuale. La sua favorita è Aysha, la figlia di Abu Bakr; ne era stato il suo fidanzato già alla Mecca, quando ella aveva appena sei anni e sembra che l’unione sia stata consumata tre o quattro anni dopo.

Il massacro dei Kurayza, in ogni caso, ha l’effetto di diffondere fra gli Arabi un onda di terrore. Numerosi ed interi clan si alleano o si schierano a favore di Maometto. L’Islam, ideologia religiosa, sistema totalitario di inquadramento delle popolazioni, movimento guerriero espansionista, sta per realizzare ciò che fino allora era considerato impossibile: riunire tutte le tribù arabe sotto un unico comando. Nel marzo 628, il profeta si mette alla testa di un raggruppamento di un migliaio di uomini (e quattro donne). Prende la direzione della Mecca allo scopo dichiarato di effettuare il “pellegrinaggio”. Spaventati gli abitanti della Mecca vanno incontro alle truppe, che arrestano la loro marcia ad una quindicina di chilometri dalla città a Hudaybyia. Viene firmato un armistizio e viene stabilito che i mussulmani di Maometto potranno fare l’anno seguente un pellegrinaggio di tre giorni alla Mecca, preliminarmente vuotata dei suoi abitanti.

Questo “patto di non aggressione” con il principale nemico permette a Maometto di gettarsi contro un obiettivo da lungo tempo programmato: l’oasi di Khaybar, posta a 150 chilometri a nord di Medina. La vittoria è ottenuta senza grandi difficoltà, gran parte degli averi degli Ebrei sono confiscati a beneficio dei mussulmani. Tutte le comunità ebree si sottomettono e una bella prigioniera di 18 anni, Safiya, anch’essa di origine ebrea, diviene la sposa di Maometto dopo l’uccisione, lo stesso giorno, del marito.

Dopo Khaybar vengono quindi lanciate una serie di operazioni a tutto azimuth all’interno dell’Arabia ed una armata di 10 mila uomini, al comando di Zayd, penetra persino nel territorio dell’impero di Bisanzio, raggiungendo il Mar Morto, dove viene però messa in rotta da Arabi alleati dei Bizantini.

Poco dopo, secondo i dettami del trattato di Hudaybya, il Profeta decide di effettuare il “pellegrinaggio” alla Mecca. Il 1° gennaio 630 Maometto mobilita a Medina 10 mila uomini, annunciando una spedizione verso Nord; ma poco dopo la partenza prende decisamente la direzione opposta e si avvicina a due tappe dalla Mecca. A questa altezza decide di accamparsi e da ordine di accendere dieci mila fuochi, che naturalmente diffondono il panico ed una forte angoscia fra gli abitanti della Mecca. Questi decidono di inviare, come ambasciatore al Profeta, l’uomo più influente, il patriarca della città, Abu Sufyan, che, nel corso delle negoziazioni, trova una soluzione onorevole (amnistia generale) e si converte all’islam.

L’11 gennaio 630 i Mussulmani entrano trionfalmente nella Mecca, come in parata.

Il “Profeta”, dopo questa grande vittoria, vive ancora due anni, proseguendo nella codificazione dell’islam ed estendendo la sua dominazione sull’insieme della penisola arabica, con una serie di ulteriori vittoriose battaglie (Honaine, Tabuk) contro i residui dei seguaci del politeismo.

Muore infatti l’8 giugno 632 a Medina a circa 63 anni, senza essersi peraltro chiaramente pronunciato sul modo di designazione del suo successore (Khalifa : Califfo, Vicario o Luogotenente del Profeta, capo dei credenti) alla testa della comunità dei mussulmani.

Diversi pretendenti alla successione del Profeta, sia di Medina che della Mecca, si fanno avanti. L’eredità di Maometto viene a cambiare il punto di riferimento e si porta da Medina a La Mecca, dove il partito vincente designa il vecchio Abu Bakr come Kahlifa Rasul Allah e successore. Chiaramente una soluzione di compromesso e di transizione, dietro alla quale un capo militare geniale, ma anche di difficile carattere, Umar ibn al Khattab o più semplicemente Omar, si prepara ad assumere due anni dopo il potere supremo con il titolo di Khalifa Emiro dei Credenti.

Trent’anni più tardi però, Muawya, il figlio dello scaltro ed abilissimo Abu Sufyan, facendo assassinare il califfo Alì e convincendo il figlio di questi, Hassan a cedergli il Califfato, fonda la prima dinastia mussulmana quella degli Omeyyadi di Damasco, dando anche origine alla divisione storica dell’Islam, fra Sunniti e Sciiti.

Nel frattempo l’impero persiano dei Sassanidi si è disfatto sotto l’onda devastante dei conquistatori arabi e l’impero di Bisanzio ha perduto tutti i suoi territori esterni fino alla Tunisia.

La storia dell’Islam ha appena percorso i suoi primi passi ….

 

[1] Nome completo: Mohamed ibn Abd Allah, ibn Abd al Muttalib, ibn Hachim (Haschemiti) al Kuraysh

[2] Alcuni riferiscono la data del 29 agosto 570

[3] Fra le principali divinità si ricordano: Al Ozza, Al Lat, Manat

[4] l’Uomo onesto, il Veritiero

[5] Hamza, personaggio assai influente, è un valoroso guerriero dal grande carisma, un arciere provetto ma anche un cacciatore famoso di antilopi e di leoni

[6] Versetti del Corano contestati dalla Tradizione (Sunna), definiti satanici priorio perché non possono essere stati ispirati da Dio. I Dottori della Legge li hanno poi sostituiti con un versetto giudicato puù appropriato.

[7] Originati dal monaco Eutiche, i Monofisiti, dal greco, monos, unique, et physis, natura - in opposizione alla tesi del Concilio di Calcedonia (Kadikoy) del 451 d.C. - sostenevano e sostengono che "in Cristo le due nature (Divina e Umana) erano unite fin da fare una sola natura. Sopravvivono oggi nei Copti, nei Siriaci Giacobiti e negli Armeni. L’Arianesimo era invece la setta che credeva che il Cristo era solo vero Dio, con semplice sembianza Umana" 

[8] I Muhajirun (emigranti o gli esiliati alla Mecca). Questi opposti agli Ansar (Ausiliari o gli abitanti di Medina) saranno all’origine della prima scissione dopo la morte del Profeta.

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