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IACOPI DISCENDENZE E STORIA

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La guerra di secessione: due nazioni contrapposte

LA GUERRA DI SECESSIONE: DUE NAZIONI CONTRAPPOSTE

(Stampato su “SUBASIO” n. 3/14 del settembre 2006, Bollettino trimestrale dell’Accademia Properziana del Subasio di Assisi)

Le vere ragioni del conflitto, oltre l’argomento passionale dello schiavismo, sono di ordine storico, economico e culturale. In sintesi si tratta di due mondi contrapposti.

“Non ci sono al mondo due nazioni, né ci sono mai state nel passato due che siano state separate in una maniera così netta ed ostile che le nostre …  Né lo furono Cartagine, né Roma, né la Francia e l’Inghilterra in alcun momento … “.  In questi termini si esprimeva nel 1847 James H. Hammond, Governatore della Carolina del Sud, appena quindici anni prima della guerra di Secessione.

Il conflitto ha avuto come causa immediata l’elezione di Lincoln a Presidente dell’Unione, considerata come una minaccia per la sopravvivenza del Sud. Ma lo scontro armato era soprattutto la conseguenza di una rivalità molto più profonda, la cui origine risale alla formazione delle due società, diventate col tempo antagoniste. E’ ormai un luogo comune affermare che il Sud, dominato da una aristocrazia di piantatori, possedeva una economia essenzialmente agricola e che il Nord basava la sua forza su una economia industriale e finanziaria, favorita dal protezionismo. Ma al di là di queste differenze economiche, che peseranno significativamente sulla futura Guerra di Secessione e soprattutto al di là del problema della schiavitù, che sarà il pretesto passionale del conflitto, il Sud ed il Nord avevano sviluppato due modi di vita contrapposti che traevano le loro origini nell’Inghilterra del 17° secolo.

Il capitano John Smith sbarca in effetti nel nuovo mondo il 13 maggio 1607 con 103 compagni nella baia Chesapeake. Questi, fornito di disposizioni della Compagnia di Londra, edifica sul luogo un forte che chiama Jamestown, in onore del monarca inglese Giacomo 1° Stuart. Con questo atto viene fondata la prima colonia anglosassone d’America, ben tredici anni prima dell’arrivo dei “Padri Pellegrini” del “Mayflowers”. Questi ultimi, infatti, dopo essere stati deviati da una tempesta, approdano in effetti più a nord sulla costa fredda di Capo Cod.

Il puro caso ha determinato in tal modo lo sviluppo di due diverse colonie, separate da una vera frontiera climatica e dalla frontiera di due diverse culture.

Il clima ed il suolo della zona nord, marcati dalla corrente fredda del Labrador, offrono agli immigranti appena lo stretto necessario per la sopravvivenza delle loro famiglie. Questo sarà il fattore per cui, al momento opportuno, essi saranno tentati dalla allettante prospettiva del commercio e dell’industria. Inversamente, i piantatori della calde colonie meridionali potranno dedicarsi alle colture esotiche intensive, tabacco, riso, canna da zucchero e cotone, che modelleranno la loro esistenza.

A questa dicotomia geografica si aggiunge una netta differenza di popolamento. Contrariamente ai puritani fanatici del Mayflowers, che sono venuti a fondare in America La “Nuova Sion” dei loro sogni, i coloni della Virginia sono decisamente molto meno sospinti da utopie religiose e politiche. Essi sono venuti a fare fortuna ed una vita più libera di quella di una Inghilterra sovrappopolata.

La coltura intensiva del tabacco ed i suoi fruttuosi ricavi danno ampia soddisfazione alle loro aspirazioni, anche se la sua conduzione esige una mano d’opera numerosa. Purtroppo gli Indiani si rifiutano di lavorare la terra ed, anche se ridotti in schiavitù, essi preferiscono farsi morire piuttosto che lavorare nei campi. La soluzione, anche se scandalosa al nostro giudizio moderno, ma perfettamente normale all’epoca, viene trovata nel 1629. In quell’anno il Segretario dell’Assemblea della Virginia nota sul giornale della Colonia “un bastimento olandese ci ha consegnato venti neri d’Africa”, sancendo in tal modo, con l’arrivo dei primi schiavi in America, l’inizio di una storia di cui gli USA non hanno ancora finito di pagarne le funeste conseguenze.

L’importazione del “Legno d’ebano” (Legno d’ebano (nero) sinonimo di “Tratta degli Schiavi”), che farà la fortuna del porto francese di Nantes, crescerà lentamente fino al 18° secolo ed avrà la sua esplosione quando gli armatori del Nord Europa, valutatane la lucrosità del commercio, si dedicheranno a tempo pieno a questo odioso traffico. Il denaro servirà ampiamente a soffocare tutti gli scrupoli !

I negrieri puritani alzeranno i loro occhi al cielo, dimenticando i loro principi di uguaglianza e le loro convinzioni nel carattere redentore del libero lavoro. Il sillogismo calvinista ha una risposta per tutto: Il Signore benedice la ricchezza. La ”Tratta degli schiavi” è il mezzo più rapido per assicurarsi la ricchezza. Quindi il Signore benedice anche la “Tratta” !!!

Nel 1770 il porto di Rhode Island conta già 170 battelli negrieri. Sono dunque i porti della Nuova Inghilterra (New England)[1] che assicurano di gran lunga la maggior parte di questo traffico, con in testa quelli di Providence, New Bedford e Newport, seguiti da quelli di New York e Boston.

Sono pertanto due culture, due economie e due società che al Nord ed al Sud si sviluppano completamente all’opposto. Gli emigranti del New England vivono praticamente in autarchia, mentre per contro i piantatori della Virginia non possono vivere senza operare degli scambi. Essi vendono le loro balle di tabacco alle navi di Londra, poi a quelle di New York, ottenendone in cambio viveri, mobili ed oggetti manifatturieri. Lo sfruttamento del suolo è la loro unica risorsa e fonte di profitto. In tal modo si consolida nel Sud una cultura aristocratica ed agraria in opposizione al modo di vita egualitario ed individualista del Nord.

“Gli Yankee[2] ed i Virginiani - scrive Michel Chevalier nel 1826 sulla “Revue des deux Mondes” – sono esseri fortemente dissimili. Ma sono gli stessi uomini che si sono tagliati la gola in Inghilterra sotto il nome di Cavalieri e Teste Rotonde. I America, dove non esiste un potere moderatore, avrebbero continuato a scannarsi come un dì nella madre patria, se la Provvidenza non li avesse posti, uno al Nord e l’altro al Sud”.

Alexis de Tocqueville[3], studiando le due società una trentina di anni prima della guerra di Secessione, ci ha descritto anch’egli due tipi umani opposti: “L’Americano del Sud è più spontaneo, più spirituale, più aperto, più generoso, più intellettuale e più brillante. L’Americano del Nord è più attivo, più razionale e più abile. Quello del Sud ha i gusti, i pregiudizi, le debolezze e la grandezza di tutte le aristocrazie. L’altro evidenzia le qualità ed i difetti che caratterizzano la classe media.”

All’alba del 19° secolo, il formidabile sviluppo della coltura del cotone, dovuto all’invenzione della sgranatrice, apporta un benefico colpo di frusta a tutta l’economia del Sud. Vengono creati dei vasti sistemi di trasporto fluviale per smaltire la produzione di cotone fino ai porti di imbarco, in direzione delle industrie tessili in piena esplosione in Inghilterra ed in Europa.

Appaiono nel Sud intorno al 1830 le prime ferrovie che estendono la loro rete di rotaie molto più rapidamente che al Nord. Sembra che il Sud agricolo sia lanciato sulla via della industrializzazione. Molte audaci imprenditori si lanciano nell’avventura, ma il mondo affaristico industriale del Nord non tarda a reagire. L’industrializzazione del Sud rappresenta un pericolo per l’economia del Nord, che utilizza il Sud come una colonia. Di fatto, il Nord acquista i prodotti agricoli e materie prime in cambio di prodotti manifatturieri, ricavandone nel passaggio sostanziali benefici finanziari, connessi anche agli alti tassi di interesse praticati. Per spezzare la minaccia gli industriali del Nord praticano un “dumping” destinato a rompere la nascente industria del Sud, tanto che a partire dal 1850 si registrano una imponente serie di fallimenti.

L’insuccesso dell’industrializzazione nel Sud viene duramente vissuta dalle popolazioni, che prendono piena coscienza della loro subordinazione economica al Nord, tanto che Barnwell Rehtt potrà pubblicamente affermare nel Monitore di Charleston che “Il Sud è per il Nord la più bella colonia che qualsiasi Paese abbia mai posseduto”.

Grazie al cotone, gli Stati del Sud forniscono i tre quarti delle esportazioni dell’Unione. Come sembrerebbe logico, essi avrebbero dovuto ricavarne un adeguata ricchezza, ma è in effetti il Nord che ne trae i migliori benefici, perché ha il controllo delle importazioni e delle esportazioni. Le imprese del Nord acquistano il cotone dai piantatori per rivenderlo in Inghilterra ed in Europa. Sono i banchieri del Nord che scontano le tratte ricevute in pagamento. Sono gli intermediari d’affari del Nord che forniscono le anticipazioni di denaro a dei tassi molto elevati. Sono gli armatori del Nord che trasportano il cotone e portano indietro altre mercanzie ed infine è attraverso New York che arrivano tutte le mercanzie europee destinate al Sud.

Le tariffe doganali che impone il Nord per proteggere le sue manifatture contro la concorrenza europea sono a suo esclusivo vantaggio e costano per contro solo al Sud. Per molti sudisti ormai è evidente che lo stato di soggezione in cui sono caduti non è altro che il frutto di un complotto ordito dai rapaci affaristi del Nord. Cominciano ad essere in tanti che iniziano a raccomandare una ritirata dall’Unione. Questo sogno di secessione è sostenuto da un rancore, reso più forte dal fatto che i Sudisti sono convinti che la loro società sia decisamente superiore a quella del Nord e che sia contemporaneamente minacciata nella sua sopravvivenza.

Sminuito economicamente rispetto al Nord, il Sud lo diviene anche politicamente: i nuovi immigranti venuti dall’Europa affluiscono principalmente verso il Nord verso i territori vergini del Nord est. Essi evitano di dirigersi verso il Sud dove temono di subire degli svantaggi a fronte della concorrenza schiavista. La rapida soppressione della schiavitù negli stati del Nord non è stato in effetti un azione a sfondo morale, ma la conseguenza inevitabile dello spirito di libera impresa e di concorrenza che prevaleva nella società. La pre rivoluzione galoppante alimentava lo spirito del “pioniere” grazie all’arrivo in massa di una mano d’opera immigrata dall’Europa. Questa, desiderosa di uscire dalla sua miseria di origine anche a prezzo di duri sacrifici, consentiva di alimentare, a basso costo, il nascente sistema di produzione, ben distante se non addirittura incompatibile con la visione agraria e servile degli stati produttori di cotone. In definitiva questa tendenza della corrente migratoria determina per la prima volta, nel censimento del 1840, che la popolazione bianca del sud risulti meno numerosa di quella del Nord.

Il Sud sente sfuggirgli la posizione dominante che aveva sempre avuto nei governi dell’Unione dal momento dell’Indipendenza. Fino alla metà del 19° secolo, dopo George Washington e Thomas Jefferson, anch’essi della Virginia e proprietari di schiavi, la maggior parte dei Presidenti degli Stati Uniti sono stati dei gentlemen del Sud. Ma ormai la superiorità intellettuale che gli viene universalmente riconosciuta, non può più compensare la sua inferiorità numerica. I Sudisti sono già una minoranza, di giorno in giorno più debole. Se la popolazione è passata dai 9 milioni nel 1820 a più di 31 milioni di abitanti nel 1860, questo aumento, frutto dell’immigrazione, è andato essenzialmente a favore del Nord. Nel 1860 gli stati “Yankees” contano già 23 milioni di abitanti contro i soli 9 milioni del Sud, dei quali ben 3, 5 milioni sono degli schiavi. In definitiva sui 240 rappresentanti attribuiti per censimento del 1860, il Sud non ne avrà che 65, poco più della minoranza di bloccaggio per gli emendamenti costituzionali. Anche al Senato l’equilibrio è stato definitivamente rotto.

Ed è proprio in questo memento critico che il problema della “schiavitù” diviene un affare politico maggiore e trasforma il conflitto tra le due società in una vera e propria guerra di religione. Nel giro di qualche anno i predicatori nordisti trasformano il problema dell’abolizionismo in una efficace macchina da guerra contro il Sud. Le folle del Nord sono surriscaldate da discorsi infuocati, pronunciati nel nome della morale e della compassione, presentando la società del Sud come un mostruoso bagno penale.

Allorché gli agitatori Yankee denunciano la schiavitù con tutta la carica emotiva che questa parola può evocare, i Sudisti capiscono che la posta in gioco è ormai il loro stile di vita. In realtà una grande maggioranza del Sud non è assolutamente coinvolta nel fenomeno della schiavismo. Su circa 1, 800 mila famiglie, solo 350 mila (una su cinque) sono proprietarie di schiavi. Pertanto se anche esse si ribellano e sono solidali è dipeso dal fatto che sono in totale buona fede. Alcuni pensano persino, anche con sincerità, che il lavoro servile, lungi dall’essere una orribile sopravvivenza, costituisce un progresso rispetto al lavoro dei salariati dell’epoca.[4] Contrariamente ai lavoratori cosiddetti liberi delle fabbriche, cantieri e miniere, quelli delle piantagioni non hanno il rischio della disoccupazione. Essi non vengono abbandonati in caso di malattia o di vecchiaia: essi sono certi di avere sempre un tetto, da mangiare e dei vestiti. In più le obbligazioni della servitù si inscrivono in una tradizione consolidata e non pesano in alcun modo a quelli che la subiscono senza pensarci. La piantagione è in effetti una comunità patriarcale che genera dei legami affettivi fra i suoi membri. A fronte di questi vantaggi reali, che valore può avere la libertà formale nella dura società del Nord ? Bassi salari, lunghe giornate di lavoro senza riposo, condizioni di vita miserabili, totale insicurezza, condizioni di lavoro pericolose e repressione padronale[5].

Nessuno nutre dubbi sul fatto che la virtuosa indignazione degli abolizionisti, derivi molto meno dall’amore per i “Neri” che dall’odio per il Sud. Un viaggiatore scozzese Charles McKay, che ha visitato il Nord ed il Sud poco prima del conflitto, ha lasciato delle interessanti e piccati impressioni sul comportamento delle due società di fronte ai “Neri”. “Nel Sud il proprietario di schiavi non sembra porre la minima obiezione a trovarsi accanto ad un nero. Per contro gli uomini del Nord, che parlano tanto di libertà e di uguaglianza politica, storcono sdegnosamente le labbra alla minima possibilità di un contatto con un africano. Se gli Stati del Nord ed i loro abitanti testimoniassero la metà o un quarto della benevolenza sociale dimostrata nel Sud, il problema dello schiavismo ne sarebbe grandemente semplificato. Ma tenuto conto che gli abitanti del Nord parlano dei diritti politici del Nero, pur opprimendolo o abbassandolo socialmente, i loro discorsi antischiavisti emanano un tanfo d’ipocrisia e di falsità”.

Verso il 1860 la grande maggioranza dei Sudisti esprime il desiderio di trovare una soluzione che possa mettere fine al fenomeno della schiavitù, senza creare delle irrimediabili devastazioni sociali. I Sudisti del 1860 temono che la messa in libera circolazione di una tale moltitudine di africani provocherebbe inevitabilmente dei vasti disordini sociali e per di più essi sono gli eredi di una situazione che non hanno creato, anche se sono stati costretti ad assumerne la pesante eredità.

L’abolizione totale della schiavitù rappresenterebbe anche la sparizione della società del Sud. Questa è la vera tragedia ! Se il Nord vuole imporre l’abolizione senza un periodo di transizione, non potrà esserci altra via d’uscita che la secessione. La questione è particolarmente sentita negli stati “tampone” del cosiddetto “alto Sud”: Kentucky, Tennessee e Virginia, che diventano inevitabilmente luoghi privilegiati di scontro. Il problema diviene esplosivo con il massiccio arrivo della nuova immigrazione e l’apertura dei nuovi territori ad ovest del Mississipi. Questi ultimi saranno liberi o schiavisti ? Nel 1820 il Congresso decide per un compromesso, proibendo il lavoro servile a nord del parallelo 36° e 30’ di latitudine, ad eccezione del Missouri. Tale accordo, provvisorio nello spirito dei contraenti, riesce a tenere unite le contraddizioni esistenti ancora per tre decenni, grazie anche all’esistenza di un nemico comune, prima l’Inghilterra e quindi il Messico. Nel 1850 un nuovo compromesso verrà concluso riguardo il Kansas, ma a Nord un indurimento politico sulla questione contribuisce ad avvelenare i rapporti ed a partire dalla fine degli anni 1860 la tensione arriva ad un punto così elevato che ogni possibile compromesso futuro diviene impossibile. Nasce una guerriglia aperta fra schiavisti ed abolizionisti nel Kansas e nel 1859 la spedizione in Virginia dell’abolizionista mistico John Brown che, voleva liberare con la forza gli schiavi della ditta Harper e Ferry, finisce con un sanguinoso insuccesso e la sua esecuzione serve solo ad irrigidire ancor più le posizioni. Dei giovani ed ambiziosi politici sognano si sottrarre il controllo dello stato federale al partito democratico, ben rappresentato al Sud, ed al vecchio partito whig (conservatori) al Nord. Essi si mettono alla testa di una nuova corrente politica che sogna una nuova espansione della società industriale. Questa corrente esclusivamente nordista ed ostile alla società del Sud, dà origine nel 1854 al Partito dell’Elefante o Repubblicano.

I commercianti, i finanzieri e gli industriali vedono di buon occhio lo svilupparsi di questo partito, che propone l’aumento delle tariffe protezionistiche contro la concorrenza straniera. I pionieri del “Middle West” sono invece attirati dalla promessa di un accrescimento dello stato federale e dell’Unione. Gli intellettuali abolizionisti, Emerson, Longfellow, Whittier, Lowell, forniscono immediatamente il loro sostegno con il loro largo seguito di pastori e di professori.

Nel 1860 la Convenzione repubblicana designa Abramo Lincoln come candidato alle presidenziali. Di fronte a questo uomo nuovo i vecchi partiti non riescono a mettersi d’accordo e dopo sei mesi di una abile campagna elettorale, sostenuta da considerevoli mezzi finanziari, Lincoln diventa Presidente dell’Unione con i soli voti del Nord. Ma egli risulterà comunque l’espressione di una minoranza della Nazione, rappresentando appena 1.857 mila voti sul totale degli otto milioni di elettori (dei quali più della meta si sono astenuti).

Il nuovo Presidente che entra alla Casa Bianca all’inizio del 1861, è un uomo nuovo del Middle West e verrà ad assumersi la più pesante responsabilità di tutta la storia dell’Unione. I tre stati che costituiscono il Middle West, l’Ohio, l’Indiana e l’Illinois non sono stati sempre ostili al Sud, ma il New England ha effettuato un grandioso sforzo per convincere i pionieri del “free soil” (territorio libero) che il loro principale nemico, prima ancora degli indiani, è il lavoro servile secondo la generalizzazione brillante rappresentata dall’equazione: lo schiavo caccia il lavoratore libero, la piantagione scaccia la fattoria.

Lavorato ai fianchi da una propaganda intensa che favorisce l’espansione della stampa, il Middle West è divenuto progressivamente anti sudista, per la paura di una concorrenza sudista per il possesso delle terre vergini.

Se ormai un compromesso è diventato impossibile esiste in linea di massima una soluzione prevista dalla Costituzione federale, ovvero la Secessione pacifica. Gli stati che lo desiderino possono in effetti ritirarsi dall’Unione. Ma il Middle West non può accettare tale situazione. Il suo interesse economico vitale si trova contemporaneamente, sia al Nord che al Sud: esso smercia i prodotti della propria agricoltura verso la costa atlantica grazie alle ferrovie del New England e verso il Golfo del Messico attraverso il corso del Mississipi. Le sue preoccupazioni si affiancano a quelle dell’ambiente industriale e finanziario del New England, che traggono il massimo profitto dalla dipendenza economica del Sud.

A differenza del vecchio Sud, il Middle West non ha che una patria: l’Unione. Già dal 1797 un Rappresentante dell’Ohio, S.F. Vinton, dichiarava al Congresso “essere divisi significa la rovina per i territori dell’Ovest”.

Ma tutta la situazione è destinata a ribaltarsi la sera del 6 novembre 1860, quando a Charleston, la Capitale del Sud cotoniero, apprende la vittoria di Lincoln, l’elezione del Black Repubblican, la vittoria del nemico. Nel giro di quattro mesi, a partire cioè dal 4 marzo 1861, giorno della sua entrata in carica, il governo federale non rappresenterà più l’Unione, ma solamente quello del Nord contro il Sud.

Il 20 dicembre 1860 l’Assemblea della Carolina del Sud vota all’unanimità l’indipendenza dello stato e la sua separazione dell’Unione. “L’unione che esiste oggi fra la Carolina del Sud e gli altri stati sotto il nome di Stati Uniti d’America è dissolta con il presente decreto”. Questa decisione viene accolta da una esplosione di gioia. Nel corso del mese di gennaio 1861, l’esempio della Carolina del Sud viene imitato dal Mississipi, la Florida, l’Alabama, la Georgia, la Louisiana ed il Texas. Alla fine del mese di gennaio ben sette stati hanno dichiarato la loro secessione dall’Unione. Il 7 febbraio seguente essi sono raggiunti dalla Nazione degli Indiani Cherokees ed il 18 dello stesso mese gli stati secessionisti fondano gli Stati Confederati d’America. Essi eleggono inoltre alla Presidenza della Confederazione il senatore Jefferson Davis, un vecchio ufficiale unionista. Altri quattro stati, la Virginia, la Carolina del Nord, l’Arkansas ed il Tennessee si aggiungono alla Confederazione un po’ più tardi e la capitale della Confederazione viene fissata a Richmond in Virginia.

Solo qualche spirito preveggente teme per la reazione del Nord, a cominciare dallo stesso Jefferson Davis che accetta la rottura con dispiacere. Dal momento della proclamazione dell’Indipendenza gli stati si impadroniscono dei locali, dei fondi e delle infrastrutture militari del governo federale. La trasmissione dei poteri si effettua senza problemi maggiori, ad eccezione di Charleston. Il maggiore Anderson, comandante di Forte Sumter, posto all’entrata di uno stretto, rifiuta di consegnare questa modesta fortificazione. Il 4 aprile 1861 Lincoln ordina alla marina federale di sostenere Forte Sumter e questa inattesa decisione mette fuoco alle polveri. Il Sud non può tollerare che venga rinforzata una guarnigione ostile sul suo territorio. Un ultimatum viene indirizzato al maggiore Anderson. Di fronte al suo rifiuto un primo colpo di cannone viene tirato il 12 aprile seguente sul forte che, il 14, è costretto a capitolare.

Il giorno successivo Lincoln ordinando la mobilitazione di un esercito di 75 mila uomini allo scopo di ridurre i “ribelli” alla ragione, da il via alla sanguinosa guerra di Secessione.

 

[1] New England è il nome dato alle quattro prime colonie stabilite a Nord del Potomac ed al di sotto del San Lorenzo: Massachusetts, New Hampshire, Connecticut, Rhode Island, alle quali si aggiungeranno più tardi il Vermont ed il Maine.

[2] La parola Yankee è una deformazione di John Cheese (Giovanni Formaggio) soprannome  primitivamente attribuito ai coloni olandesi della Nuova Amsterdam (New York). La parola Dixie (Dixieland per indicare il Sud) è d’origine francese, viene dalla Louisiana, dove i primi biglietti da dieci dollari portavano la scritta in lettere maiuscole di DIX, da cui appunto i dixie.

[3]De la Democracie en Amerique”, 1836

[4] Sullo schiavismo: Robert William Fogel: The Rise and Fall of American Slavery, Norton & Co, New York, 1989

[5] Più di 50 mila “Neri” hanno combattuto nell’Esercito Confederato. Vedasi: Ervin L. Jordan junior: “Black Confederates and Afro Yankee in Civil War”, Virginia, 1995

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