CONGIURA dei PAZZI
Pubblicato su Rivista Informatica "GRAFFITI on line" (www.graffitionline.
com), del mese di gennaio 2020 con il titolo “LA CONGIURA DEI PAZZI,
Il calcolo sbagliato circa le aspirazioni del Popolo del Giglio”
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Difficile rovesciare una famiglia della Firenze del Rinascimento e di
impadronirsi del potere … … specie se si tratta dei Medici e che,
soprattutto, ci si sbagli sulle vere aspirazioni del popolo.
Nel Rinascimento, le terre del Nord e Centro Italia si dividono fra due tipi
di governo: i “Principati” e le Repubbliche. Le prime risultavano
governate da un signorotto il cui potere si giustificava con un principio
dinastico più o meno legittimo (a Ferrara e Modena con gli Este o a Milano con gli
Sforza), mentre nelle Repubbliche questo potere risultava diluito in un certo
numero di Consigli che controllavano un esecutivo ridotto (come è il caso del Doge
a Venezia). Ma succede, nell’uno e nell’altro caso, che il funzionamento delle
istituzioni si blocchi: si pone a quel punto con urgenza ed acutezza la questione di
trovare un mezzo, sicuro ed efficace, per ridare al sistema la sua fluidità
originale.
La brillante Firenze del 1400 non sfugge alla regola, alla fine degli anni 1470 in
cui la famiglia dei Medici ha inceppato tutti i rotismi dello Stato. Teoricamente,
il sistema di potere locale a Firenze è il più repubblicano fra tutti quelli che
esistono all’epoca: in linea di principio, tutti i cittadini possono accedere alle
magistrature per tiraggio a sorte, ma questo stesso concetto appare opaco e
sfumato. Non risulta sufficiente, per essere cittadino, di pagare le tasse: i soli a
beneficiare a pieno diritto di questo privilegio - gli statuali beneficiati - sono gli
uomini, il cui genitore o nonno hanno già visto il loro nome tirato a sorte per le
magistrature superiori (fra le quali, in particolar modo, la Signoria, che alloggia al
Palazzo Vecchio nel cuore della città); il numero di questi cittadini rimane,
pertanto, fluttuante, tanto più che le liste stabilite da temibili funzionari, gli
accoppiatori, che senza controllo piazzano i nomi scelti, ciascuno su un foglio, in
un sacchetto (la borsa) dove si pescano quelli dei magistrati.
Un segreto ben custodito
I Medici, che controllano perfettamente questi meccanismi, fanno di tutto
perché questi preziosi accoppiatori siano persone di loro fiducia. In tal modo,
essi possono controllare senza difficoltà la composizione dei principali consigli,
evidentemente con gran danno delle famiglie concorrenti e fra queste quella
aristocratica dei Pazzi. Questi, derivati da un antico lignaggio - uno dei loro
antenati aveva partecipato alla prima crociata e la famiglia dispone di una
magnifica cappella nella Chiesa di Santa Croce -, nutrono un profondo disprezzo
per i Medici, plebei e banchieri, i “nuovi ricchi” arroganti che governano la città
ormai da tre generazioni: con Cosimo il Vecchio (1389-1464), Piero il Gottoso
(1416-1469) ed, al momento, con Lorenzo il Magnifico (1449-1492). Fatto più
grave, il conflitto fra le due famiglie supera il contesto italiano: i Pazzi risultano
legati al Papato, mentre i Medici, alla ricerca di appoggi esterni, si sforzano di
mantenere le migliori relazioni possibili con la Francia (nel caso specifico il re
Luigi 11° (1423-1483)). Nella primavera del 1478, i Pazzi, convinti di non riuscire
a scalzare i Medici per mezzo di vie legali, decidono di passare all’offensiva e
lanciarsi in una congiura, della quale abbiamo la fortuna e la possibilità di
conoscere i dettagli, grazie al racconto che ne hanno fatto il poeta - pro Medici -
Angelo Poliziano (1454-1494) e Nicolò Machiavelli (1469-1527) nella sua Storia
di Firenze.
Per i Pazzi, gli uomini da abbattere sono i giovani eredi della famiglia Medici:
Giuliano (1453-1478) e soprattutto suo fratello Lorenzo, il vero capo della
famiglia, che, dice Machiavelli, “voleva che tutto passasse fra le sue mani e che
tutto dipendesse da lui”. La congiura, inizialmente fiorentina, estende le sue
ramificazioni fino a Roma e si sviluppa fino a comprendere 50 elementi, “cosa
miracolosa” agli occhi dello stesso Machiavelli, poiché nonostante il numero dei
congiurati, il segreto viene mantenuto fino alla sua esecuzione: nel gruppo ci sono
evidentemente i Pazzi, diretti dal vecchio Iacopo (1423-1478), ma anche i loro
alleati tradizionali, oltre ad amici della famiglia, come i Salviati (la madre di
Iacopo era una Salviati), l’arcivescovo di Pisa …
Tutti hanno il loro posto nella chiesa
Viene deciso che l’assassinio di Giuliano e di Lorenzo avrà luogo in occasione di un
banchetto in onore del cardinale Raffaele Riario Sansoni (1460-1521), il sabato
25 aprile 1478. Purtroppo, Giuliano farà sapere che non potrà partecipare al
banchetto, a causa di una leggera ferita contratta durante una partita di caccia.
A quel punto, i congiurati si riuniscono d’urgenza per prendere nuove
deliberazioni e viene così deciso che l’attentato verrà spostato al giorno
seguente, domenica 26 aprile, nella Chiesa di Santa Maria del Fiore, frequentata
dai Medici. Anche in questo caso sorgono nuove complicazioni, perché l’assassino
previsto, il capitano Giovambattista da Montesecco ( -1478), che non era un
sicario, si ritira, rifiutandosi “di aggiungere il sacrilegio al tradimento”. Nuovo
cambiamento di programma: Bernardo Bandini Baroncelli (1420-1479), un
mercante, si incarica di pugnalare Giuliano, mentre Antonio da Volterra (1450-
1478) ed un prete di nome Stefano da Bagnone (1418-1478), entrambi senza
precedenti specifici, colpiranno Lorenzo. L’azione avrà luogo durante la
Comunione, mentre Salviati ed i suoi uomini si impadroniranno di Palazzo Vecchio,
sede del governo della città e che altri congiurati provvederanno a “sollevare il
popolo”.
Il giorno stabilito, tutti si trovano al loro posto nella chiesa, Giuliano e Lorenzo
circondati dai loro assassini programmati. Nel momento previsto, Bernardo
Bandini si getta su Giuliano, lo uccide con un colpo di pugnale al cuore e Francesco
de’ Pazzi si accanisce sul suo cadavere fino a ferirsi da solo alla gamba. Tutto si
svolge “meno bene” con Lorenzo: i due attentatori stabiliti, maldestri, riescono
appena a colpirlo leggermente al collo. La loro vittima riesce a fuggire e corre a
rifugiarsi nella Secrestia. Bandini si lancia immediatamente all’inseguimento ed
uccide nella corsa Francesco Nori (1430-1478), un amico di famiglia (la sua
casata gestiva le attività bancarie dei Medici), che si era interposto, salvando
Lorenzo. L’andamento degli eventi inizia però a sfuggire dalle mani dei congiurati:
Lorenzo riesce a barricarsi solidamente nel sottosuolo dell’edificio ed i Fiorentini
sono ben lungi dall’associarsi alla sommossa, mentre quelli che, stupefatti,
avevano assistito all’attentato, inseguono gli assassini, senza dare alcun peso alle
loro vane grida di “liberta”. I partigiani dei Medici uccidono senza respiro tutti i
congiurati e li trascinano per le strade della città.
Rimane la presa di Palazzo Vecchio … L’arcivescovo Francesco Salviati Riario
(1443-1478) sale lungo le scale del palazzo, alleggerendo, a poco a poco, la sua
scorta, che riceve il compito di assumere il controllo dei piani; egli arriva alla fine
in piena riunione della Signoria, con un pretesto poco convincente, ma i membri
del Consiglio percepiscono rapidamente il pericolo e lo uccidono immediatamente;
in seguito, essi fanno appendere il suo corpo alle finestre che danno sulla Piazza
della Signoria, insieme a quelle dei suoi ultimi tre compagni.
I membri della scorta, catturati gli uni dopo gli altri, vengono gettati “ancora
vivi” dall’alto delle finestre del palazzo. Inizia a questo punto la reazione ed il
popolo contribuisce a massacrare gli alleati dei Pazzi: “Ovunque si vedevano le
membra dei morti, sia infissi sulla punta delle armi, sia trascinati sul selciato”. Il
popolo filo Medici penetra nel Palazzo dei Pazzi, dove vi trova Francesco, che
tenta di rimettersi dalla ferita che si era procurato: egli viene condotto,
immediatamente e senza alcun riguardo, al Palazzo Vecchio dove viene impiccato
a fianco dell’arcivescovo. Nei giorni che seguono, vengono condannati senza sosta
i Pazzi sopravvissuti; Iacopo de Pazzi, l’anima della congiura insieme al papa,
catturato negli Appennini, viene successivamente condotto a Firenze, dove viene
impiccato, mentre alcuni vicini provvedono a seppellirlo nella tomba dei suoi
antenati. Ma tutto questo non risulta sufficiente: alcuni fiorentini provvederanno
a riesumarlo “come un colpito da scomunica” e poi verrà nuovamente e
sommariamente seppellito lungo le mura della città. Ma il corpo di Iacopo non
conosce ancora la pace: esso viene nuovamente riesumato e trascinato nelle
strade tirato con la stessa corda con cui era stato impiccato e quindi gettato
nell’Arno; a valle alcuni ragazzi ripescheranno quello che rimane del suo corpo
martoriato, lo faranno a pezzi e quindi, stufi, lo ributteranno nel fiume. Per
quanto riguarda il capitano Giovambattista da Montesecco, egli sarà decapitato il
4 maggio seguente. Bernardo Bandini, infine, riuscirà a fuggire fino a
Constantinopoli, dove riconosciuto, viene riportato a Firenze ed impiccato il 29
dicembre 1479, alla finestra del Palazzo del Capitano delle Guardie (il Bargello).
Un monaco democratico al comando, ovvero dalla padella nella brace
Questo attentato complica per un lungo momento i rapporti dei Medici con il
papa, che, oltre aver assistito all’impiccagione di un arcivescovo, sebbene
colpevole, scomunica Lorenzo il Magnifico e si lancia nella guerra detta “dei
Pazzi”, alleati nella circostanza con il re di Napoli, Ferdinando 2° d’Aragona
(1468-1516), che non vedeva l’ora di "menare le mani". Questa guerra volge
rapidamente a svantaggio dei Fiorentini rimasti isolati. Luigi 11° di Francia si
commuove e ci viene a trovare, dicono certuni, alla vigilia della “prima guerra
d’Italia”: solamente la minaccia sulle città d’Italia del sud, da parte delle truppe
turche del Gran Visir Gedik Ahmed Pashà (morto nel 1482), che determina una
lega sacra contro il turco, contribuirà a salvare Firenze da una critica situazione
nel 1479.
La congiura, indubbiamente, lascia tracce a Firenze: i Medici, sostenuti come lo
sono stati, estendono il loro potere, creando in particolare un Consiglio
manovrato dai loro partigiani ed incaricato della designazione di tutti i
magistrati. In definitiva, per i cospiratori si tratta di un fallimento su tutta la
linea, ma si tratta anche di una terribile lezione per tutti quelli che credevano il
popolo fiorentino desideroso di riacquisire una “libertà”, che i Medici gli
avrebbero confiscato. Ma sarà proprio questo popolo - che va dalla borghesia
mercantile ai piccoli artigiani - attaccato ad un sistema poco rispettoso delle
libertà pubbliche, ma che garantiva una prosperità generale, che provvede al
massacro dei Pazzi.
E se Machiavelli si interessa a questa congiura fallita, egli lo fa per evidenziare i
fattori che ne hanno provocato il fallimento. Si tratta di un problema che egli
ben conosce, in quanto egli, personalmente, nel febbraio 1513, è stato coinvolto in
una congiura, che gli è valsa la tortura e l’esilio. Machiavelli vi consacra, inoltre,
uno strano capitolo nei Discorsi sopra la prima deca di Tito Livio, dove mette in
evidenza i pericoli corsi dai congiurati, prima, durante, e dopo la cospirazione. Fra
i primi pericoli: quello del cambiamento di programma, che rovina il tentativo dei
Pazzi, per l’imprevedibile assenza di Giuliano. Machiavelli, certamente, sembra
prodigare consigli al prìncipe, preoccupato di evitare qualsiasi congiura nei suoi
riguardi, pur emettendo avvertimenti ai cospiratori potenziali: “Non mi è
sembrato opportuno tralasciare le congiure, essendo queste una cosa così
pericolosa per i prìncipi e per i cittadini”.
Ma, se il prìncipe è solidamente esperto, che dire del cittadino tentato
dall’impresa e che ormai sa che non deve fidarsi della delazione, della perdita di
coraggio dei suoi complici, di una carenza generalizzata di prudenza, di eventi
inattesi, come, anche, dopo, della vendetta degli avversari sopravvissuti ? Siamo
comunque al 1478 ed i Medici non avranno da temere da questa vendetta.
Occorrerà attendere il 1494 e l’arrivo brutale a Firenze dei Francesi di Carlo 8°
di Valois (1470-1498), per veder nascere una Repubblica “allargata”, in cui le
magistrature si alterneranno con maggiore regolarità, di famiglia in famiglia. Il
grande democratico sarà allora, 1494 al 1498, un monaco asceta ed illuminato,
preoccupato di gestire Firenze come un convento, il domenicano Gerolamo
Savonarola (1452-1498).
Ma i Fiorentini, stanchi di vedersi imposta tanta virtù, lo impiccheranno
legalmente, senza il bisogno di alcuna congiura: un tribunale, speditivo vi
provvederà. Savonarola accetterà il suo castigo, che affronterà con grande
coraggio, ma, ben sapendo che cosa i giovani della città erano capaci di infliggere
ad un cadavere, chiederà che il suo corpo venga immediatamente bruciato. Cosa
che gli sarà generosamente accordato.