CORRIDOIO DEL VASARI
Pubblicato su Rivista Informatica "GRAFFITI on line" (www.graffitionline.
com), del mese di gennaio 2020
http://www.graffiti-on-line.com/home/opera.asp?srvCodiceOpera=1918
Uno spazio segreto ricavato nella Firenze del 1500, che consentiva ai
Medici, Signori della Toscana, di raggiungere indisturbati gli Uffizi da
Palazzo Pitti. Una curiosità aperta al pubblico che svela Firenze in tutta la
sua ricchezza e bellezza
Questa avventura ha inizio con un acquisto, quello effettuato dalla
moglie di Cosimo 1° de’ Medici (1519-1574), Eleonora di Toledo
(1522-1562), del palazzo Pitti, futura residenza della famiglia nel
1561. Il sovrano, per recarsi a Palazzo Vecchio, sede ufficiale del suo
potere (Uffizi), è costretto ad attraversare buona parte della città, passando
per stradine strette, dove teme la possibilità di attentati. L'idea del percorso
sopraelevato nasce, dunque, per dare opportunità ai granduchi di muoversi
liberamente e senza pericoli dalla loro residenza di Palazzo Pitti al Palazzo del
Governo, visto l'appoggio ancora incerto della popolazione verso il nuovo Signore
e il nuovo sistema di governo che aveva abolito l'antica Repubblica fiorentina,
sebbene gli organi repubblicani fossero ormai solo simbolici da quasi un secolo.
Nel 1565, pertanto, egli commissiona all’architetto Giorgio Vasari (1611-1574),
che aveva realizzato anche gli Uffizi, la costruzione di un passaggio chiuso e
sospeso fra i due palazzi per potersi muovere in tutta sicurezza, senza scorta
armata. I lavori vengono realizzati con la massima celerità, venendo conclusi nel
giro di appena 5 mesi e la nuova opera viene inaugurata in occasione del
matrimonio del figlio di Cosimo, Francesco de’ Medici (1541-1587), con Giovanna
d’Austria (1547-1578).
Ogni Medici, fino all’estinzione della dinastia, nel 1737, ha così percorso questo
spazio, utilizzato in occasione di visite ufficiali, per meravigliare gli ospiti di
passaggio. Gli Asburgo Lorena (Lotringen), granduchi di Toscana hanno, in
seguito, raccolto il testimone dai Medici fino al 1799. Nel 19° secolo, il corridoio
è stato ceduto dal re Vittorio Emanuele 2°di Savoia (1820-1878) alla città di
Firenze, ma il complesso ritroverà una parte del suo lustro solo nel maggio 1938,
in occasione del viaggio di Adolf Hitler (1889-1945), nell’Italia fascista di Benito
Mussolini (1883-1945). Il Duce riceve con fasto il suo omologo a Firenze e gli fa
percorrere il corridoio. Per impressionarlo maggiormente, il Duce farà
effettuare alcuni lavori sulla parte che sovrasta il centro del Ponte Vecchio, dove
vengono aperte tre finestre panoramiche nel bel mezzo dell’Arno, in direzione del
Ponte Santa Trinita, offrendo, in tal modo, un panorama eccezionale sul fiume e
sulla città. Una situazione ben diversa dai piccoli e discreti oblò rinascimentali
del progetto iniziale del Vasari,
Nel periodo seguente, il corridoio cade lentamente nell’oblio. Nuovi lavori vengono
intrapresi negli anni 1960 per restaurarlo, ma la grande inondazione del 1966
porta un colpo fatale all’operazione in atto: altre priorità si impongono ed i lavori
vengono abbandonati. Nel frattempo, i lavori riprendono e si prolungano
stancamente per molti anni, sfociando agli inizi del 1993 nella previsione di una
riapertura al pubblico per l’estate seguente. Ma, il 27 maggio, l’esplosione di un
automezzo in via dei Georgofili, imbottito con 250 chilogrammi di esplosivo,
provoca 5 vittime, fra le quali una bambina di 8 anni, un neonato di 9 mesi e 50
feriti. Una parte del Palazzo degli Uffizi ed il corridoio che lo sovrasta vengono
danneggiati. Circa 200 opere vengono danneggiate (alcune irrimediabilmente
perdute) ed il corridoio minaccia di crollare per una lunghezza di un centinaio di
metri. Gli inquirenti scoprono rapidamente che l’attentato è stato ordinato da
una famiglia della Mafia siciliana, come risposta all’arresto nel gennaio
precedente di uno dei suoi capi, Salvatore “Toto” Riina. L’obiettivo è quello di
seminare il terrore e di colpire quello che costituisce un’importante fonte di
entrate per l’Italia: il turismo culturale.
Questa tragedia interrompe per diversi anni qualsiasi progetto legato al
Corridoio, in quanto i lavori assumono un ampiezza considerevole: non occorre
solamente rinnovare, restaurare, ma anche ricostruire una parte
dell’infrastruttura. La rimessa in opera impegna lo spazio di qualche anno, ma
sarà solo nel corso dell’anno 2000 che viene riaperto al pubblico con un percorso
di circa 1 chilometro. Apertura condizionata, poiché il corridoio non costituisce,
in effetti, un museo ordinario e la sua visita viene effettuata con una guida, su
prenotazione, in gruppi ed in determinati giorni della settimana. In definitiva, una
situazione speciale per pochi visitatori che possono giustamente avere la
sensazione di sentirsi dei “privilegiati”.
L’entrata del corridoio, in effetti, non è indicata nel Museo degli Uffizi e vi si
accede da un portone della galleria del 2° piano del Museo. Superato il portone,
una lunga scalinata di marmo di 60 gradini scende quasi al livello del 1° piano del
Museo e dà inizio alla visita vera e propria della struttura. Il percorso prosegue
poi a sinistra, in direzione dell’Arno, con un altro scalone. Le finestre e gli occhi
che si aprono nel corridoio consentono suggestive vedute sulla città, sull’Arno e
sul Ponte Vecchio. La prima parte del percorso consente di ammirare, sotto lo
sguardo attento di un guardiano, la collezione riunita da Leopoldo de’ Medici:
centinaia di quadri, sculture e disegni. Le pareti del corridoio sono piene di
numerose opere del Seicento e Settecento con i caravaggeschi: Gherardo delle
Notti (Gerard van Honthorst) (Cena con suonatore di liuto, Brindisi in Olimpo),
Rutilio Manetti e Francesco Rustici detto il Rustichino (Pittura ed
architettura), nonché opere di Artemisia Gentileschi (Giuditta ed Oloferne) e
Guido Reni. Fra i pittori del Seicento italiano vanno ricordati Annibale Carracci,
il Domenichino (ritratto del cardinale Agucchia), il Guercino (Endimione
addormentato, Sibilla Samia), Salvator Rosa, Battistello Caracciolo,
Michelangelo Cerquozzi, Giuseppe Recco (Natura morta), di Giovan Battista
Tiepolo (I putti in volo), di Giovan Battista Crespi (Sacra Conversazione) e
Giuseppe Maria Crespi (Fiera di Poggio a Caiano), di Rosalba Carriera, di Pompeo
Batoni. Inoltre una parte del corridoio che porta al Ponte Vecchio presenta opere
del seicento italiano suddivise per città fra le quali la Villa Medici a Roma del
Vanvitelli (Gaspard van Wittel).
Dopo aver superato con un grosso arco il Lungarno sottostante, il percorso
seguente prosegue con una galleria soprelevata ad arcate, che raggiunge il Ponte
Vecchio. Con una deviazione di 90 gradi, il percorso entra nel Ponte Vecchio, o
meglio, al di sopra delle sue case e dalle sue finestre si possono osservare i
turisti che percorrono il ponte e sciamano nei suoi negozi di oreficeria. Agli inizi,
il posto di questi negozi era occupato dal mercato delle carni, che si svolgeva
proprio su Ponte Vecchio piuttosto ed i Medici, disturbati dagli odori forti che
provenivano dalle case sottostanti, decidono con Cosimo 1° di chiuderle,
facendole rimpiazzare appunto con delle oreficerie, che ancora oggi occupano il
ponte.
Di fatto, agli inizi del percorso sul Ponte Vecchio, i muri del corridoio continuano
sempre ad essere ricoperti da quadri ma di diverso stile. Da questo momento, ha
inizio la parte più importante e più famosa del Corridoio del Vasari, con la
eccezionale e più antica collezione al mondo di autoritratti degli artisti di ogni
epoca italiani e stranieri, pazientemente riuniti, dal 17° secolo, per iniziativa di
Leopoldo de Medici (1617-1675). Tra gli italiani vanno ricordati Agnolo di
Taddeo, Taddeo di Gaddo e Gaddo Gaddi o Gaddo di Zenobi, il Romanino,
Andrea del Sarto, Agnolo Bronzino, Tiziano Vecellio, Jacopo da Bassano, Palma
il Giovane, il Veronese, Giorgio Vasari, Leonardo da Vinci, Gian Lorenzo Bernini,
Antonio Canova. Fra gli stranieri possiamo ricordare il Durer, Rembrandt, Pieter
Paul Rubens, Charles Le Brun, Diego Velasquez, Delacroix, Dominique Ingres,
Jean Louis David, Arnold Böcklin, Kaufmann, Marc Chagall. Fra le artiste vale la
pena ricordare Elisabetta Vigée Le Brun (1755-1842) (la pittrice favorita di
Maria Antonietta d’Austria), che è vissuta a Firenze dopo essere sfuggita alla
Rivoluzione
Fra le curiosità di questo passaggio sopraelevato, il percorso, all'estremità sud
del Ponte Vecchio, opera una svolta a destra, a 90° e si restringe, per aggirare e
contornare la torre dei Mannelli. Scelta obbligata per il Vasari, a seguito della
strenua opposizione della famiglia proprietaria di questo edificio medievale, che
non ha acconsentito a vendere le sue case ed abbattere la torre, per far posto al
corridoio.
Superato l'Arno, il Corridoio, continuando con la galleria degli autoritratti, passa
sopra il loggiato della facciata della chiesa di Santa Felicita, dove una grossa
apertura dà accesso ad un balcone, protetto dagli sguardi da una pesante
cancellata. Il balcone si affaccia direttamente sulla navata della chiesa, per far
sì che i componenti della famiglia granducale potessero assistere alla messa
senza scendere tra il popolo e senza essere disturbati dagli sguardi dei fedeli.
Al termine della galleria, colpiti da tante meraviglie di opere d’arte, si giunge
lentamente verso il termine della struttura. Terminato il corridoio degli
autoritratti, con quello del pittore Annigoni, il percorso svolta a sinistra a 90° in
direzione di Palazzo Pitti e nell’ultimo tratto risulta esposta la collezione dei
personaggi illustri di tutte le epoche, che, al momento, risulta rimossa per
restauri.
Ancora un ultima serie di gradini e, superata un ultima porta, si esce o subito
all’aria aperta attraverso uno stretto passaggio Giardino di Boboli, presso la
Grotta del Buontalenti o ancora, dopo un lungo corridoio ed un’altra scala, sin
dentro lo stesso palazzo, dopo aver percorso quello che la Città del Giglio offre
di più prezioso fra i suoi tesori nascosti.
Tutto il percorso risulta disseminato di oblo con griglie di ferro che, secondo la
guida, servivano anche per spiare i Fiorentini e per ascoltare le loro
conversazioni, al fine di controllare il “polso” della città. Dominique Fernandez
(1929 - ) nel suo Dizionario degli innamorati d’Italia, si attarda alquanto su
questo aspetto del corridoio: “Dall’alto di questo cammino di ronda metaforico,
Cosimo 1° poteva sorvegliare i movimenti del popolo, prevenire i complotti,
infierire sui ribelli e, anche se assente, far credere di essere là, invisibile, in
guardia, pronto a punire”.