IL DENARO NON HA ODORE (PECUNIA NON OLET)
Pubblicato su Rivista Informatica "GRAFFITI on line" (www.graffitionline.com),
del mese di novembre 2020, con il titolo “PECUNIA NON OLET”
http://www.graffiti-on-line.com/home/opera.asp?srvCodiceOpera=1954
Per rimettere in sesto le disastrate finanze dello stato, l’imperatore romano
fa uso di un’immaginazione senza limiti, introducendo delle imposte la cui
fonte risulta, perlomeno … insolita.
Vespasiano si esprime in questi termini per giustificare la nuova imposta
che ha appena introdotto a Roma … quella sull’urina. L’espressione voleva
dire che non bisognava preoccuparsi dell’origine del denaro.
Nell’anno 69, Tito Flavio Vespasiano (9-79) esce vincitore dalla grande
guerra civile, che ha lacerato per due anni l’Impero romano. Con lui e con i suoi
due figli, Tito e Domiziano, arriva al potere una famiglia italiana del centro Italia
di origini non nobili. Il nuovo imperatore, dotato di una notevole intelligenza e di
uno sviluppato senso degli affari, trova Roma in una situazione politica ed
economica catastrofica.
Le spese eccessive di Nerone, il cattivo stato delle finanze e le devastazioni
della guerra hanno portato l’Impero nella crisi. Vespasiano possiede, però,
l’energia sufficiente per imporre le riforme necessarie al recupero della
situazione. Il problema più grave che deve affrontare è di ordine finanziario. Sin
dagli inizi del suo regno egli annuncia che deve far entrare nelle casse dello
Stato 40 miliardi di sesterzi per poter assicurare la sopravvivenza dell’Impero. A
tal fine i Romani devono accettare una politica di estremo rigore di bilancio (Ogni
riferimento alla situazione odierna è puramente casuale !!!).
La sua esperienza nel campo della finanza si inscrive nella tradizione della sua
famiglia: uno dei suoi antenati ha fatto fortuna presiedendo delle vendite
all’asta. Tito Flavio Sabinus, suo padre, è diventato banchiere presso gli Elvezi,
dopo essere stato percettore delle imposte in Asia. Lo stesso Vespasiano
possiede una discreta esperienza nel campo della gestione finanziaria. Senza
parlare della sua leggendaria parsimonia o, forse della sua … avarizia. Egli
possiede il senso, molto provinciale, del valore del denaro e non dilapida i beni
dello Stato in spese sconsiderate, come l’anno fatto i suoi predecessori.
Ogni scusa risulta buona per ridurre le spese pubbliche e far affluire denaro
fresco nelle casse dell’Erario. Alcuni suoi procedimenti sono contestabili, ma
occorre sottolineare che egli non ha mai utilizzato il denaro raccolto per fini
personale. Egli non esita a vendere le magistrature ai candidati e persino
l’assoluzione agli accusati che gli … “lubrificano gli ingranaggi”; egli acquista delle
mercanzie ai grossisti che poi rivende a caro prezzo al dettaglio ed arriva a
sopprimere le esenzioni di imposta di cui beneficiavano alcune città; l’imperatore
fa, inoltre, accatastare le numerose regioni dell’Impero al fine di conoscere con
precisione le proprietà di ciascuno per poi assoggettarli ad imposta. Nelle
province vengono poi nominati a tale scopo dei nuovi procuratori e gerenti del
fisco. Vespasiano ha la reputazione di scegliere per queste cariche gli uomini più
rapaci e più intransigenti, salvo poi a condannarli, una volta che si sono arricchiti.
La maggior parte delle sue “espressioni famose” sono legate al denaro: i marinai
di Ostia, che vengono regolarmente a Roma per dare manforte ai pompieri della
capitale, reclamano presso l’imperatore la concessione di una indennità per “spese
per calzature”. Vespasiano ordinerà loro di effettuare il tragitto a “piedi nudi”.
Ma è l’imposta sull’urina che ha contribuito alla sua fama. A Roma ed in tutte le
altre città dell’Impero, una delle più importanti corporazioni artigianali è quella
dei follatori e tintori, che lavorano le fibre tessili.
L’elegante e delicato Tito rimane sorpreso
Risulta necessario eliminare l’unto o il grasso dalle stoffe di lana, bagnandole
nell’acqua calda mescolata con dei prodotti detergenti, quali la soda o l’urina. I
follatori hanno l’abitudine di piazzare davanti ai loro laboratori dei grandi tini,
nei quali gli uomini vanno ad alleggerirsi dei “liquidi in esubero”. Essi vengono così
a disporre di un detergente che non costa nulla. Per Vespasiano, questa è una
meravigliosa occasione per procurarsi del denaro. Egli inventa così, su due piedi,
una nuova imposta sulle urine raccolte dalla corporazione. Tito, il suo figlio
maggiore, un giovane elegante e delicato, si mostra colpito da questa nuova
misura. Egli rimprovera a suo padre di trarre profitto da materie nauseabonde.
L’imperatore, a quel punto, preleva una moneta dai tributi di questa imposta e la
passa sotto il naso del figlio domandandogli: “Per caso questo odore ti dà fastidio
?” “No”, risponde il giovane principe. “Eppure - replica Vespasiano – viene
dall’urina !”
E’ in questi termini che Gaio Svetonio Tranquillo (69 – dopo 122) ci riporta
l’aneddoto, che, poi, Lucio Dione Cassio (155-235) riassumerà in una formula
concisa da tutti ben conosciuta: “Pecunia non olet” (Il denaro non ha odore,
appunto !).