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IACOPI DISCENDENZE E STORIA

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STRADIVARI DRAGONETTI-MILANOLLO, un violino incantato

STRADIVARI DRAGONETTI-MILANOLLO, un violino incantato

Pubblicato su Rivista Informatica "GRAFFITI on line" (www.graffiti-online.com

), del mese di dicembre 2019 con il titolo: “FABBRICATO DAL LIUTAIO PER

ANTONOMASIA IL “DRAGONETTI-MILANOLLO”)

http://www.graffiti-on-line.com/home/opera.asp?srvCodiceOpera=1916

 

Il mitico liutaio di Cremona ha fabbricato più di un migliaio di magnifici

strumenti. Fra essi, il celebre Dragonetti-Milanollo, suonato, fra i tanti

virtuosi, da Paganini e Menuhin; un violino più che perfetto, frutto dei

segreti che hanno creato le leggenda di Stradivari.

irca 12 anni fa veniva pubblicata un’opera monografica, dedicata al violino

Dragonetti-Milanollo, uno dei tesori usciti dalla fabbrica di Stradivari e

per tale occasione il violinista Corey Cerocsek, proprietario dello

strumento a quell’epoca, si produsse per il pubblico in una dimostrazione pubblica

delle qualità sonore del violino, suonando la Primavera di Beethoven.

Un padrino di nome Johan Sebastian Bach

Il Milanollo viene creato nel 1728 nella città lombarda di Cremona (che insieme a

Brescia è una delle capitali del violino) nella profumata bottega del grande liutaio

Antonio Stradivari (1644-1737, all’epoca ottantaquattrenne. Il suo nome deriva

dal compositore Domenico Dragonetti (1763-1846) e da Teresa Milanollo (1827-

1904), un virtuosa dello strumento. che più tardi doveva suonarlo. Il vecchio

Antonio Stradivari aveva scelto, per confezionare il suo capolavoro, le migliori

essenze di conifera; egli le ha segate, assemblate e verniciate con la massima

precisione. Il prodotto di questi gesti, egli lo battezza “Tramonto del sole”, non

certo come riferimento al declino della sua vita, ma soprattutto a causa del

C

colore di fuoco dello strumento. Alla fine dell’opera, egli ha incollato sulla tavola

di fondo, visibile attraverso la feritoia destra della cassa armonica, l’etichetta

con sopra la formula magica: “Antonius Stradivarius fecit Cremonae”. A questo

punto il violino è pronto per raggiungere il suo prestigioso committente, il

principe Leopoldo di Anhalt-Köthen (1694-1728), il cui maestro di cappella

porta il nome, certamente mitico, Johann Sebastian Bach (1685-1750). Ed è

proprio nelle mani del musicista, chiamato appositamente dal principe per testare

il suo acquisto, che il “Tramonto del sole” farà sentire le sue prime note,

attraverso suoni sublimi.

A Köthen, residenza dei principi d’Anhalt, il violino passa all’occasione dalle mani

di Bach a quelle di Antonio Vivaldi (1678-1741), che lo indirizza verso un più

illustre destino. Certamente esso rimarrà relegato per qualche tempo, subito

dopo il decesso del principe nei granai del castello, tuttavia il suo successore,

avendo avuto l’idea di regalarlo al re di Francia, il violino viene così a ritrovarsi a

Versailles, presso Luigi 14° (1638-1715), che lo fa utilizzare in occasione di

grandi feste e di piccole cene private.

Jean Diwo (1914-2011), nel suo romanzo. “Io, Milanollo, figlio di Stradivari”,

affida lo strumento al più grande violinista della corte di Francia, Jean Marie

Leclair (1697-1764), assassinato in casa con diversi colpi di coltello ed il cui

corpo è stato ritrovato il mattino del 23 ottobre 1764. In verità, lo stradivari

che sarebbe appartenuto a Leclair risaliva al 1721 e si chiamava “Il Nero” e non

esiste alcuna traccia dal momento della sua improvvisa scomparsa nel 1728.

Quello che è certo è che sotto il regno seguente, il “Tramonto del sole” viene

affidato ad un altro virtuoso Giovanni Battista Viotti (1755-1824), molto

apprezzato dalla regina Maria Antonietta d’Asburgo Lorena (1755-1793); E’

proprio il Viotti, che durante la Rivoluzione, lo porterà in Inghilterra, prima di

cederlo per difficoltà economiche al compositore Domenico Dragonetti (1763-

1846). Quest’ultimo, sebbene violoncellista, aveva passione del collezionista e

raccoglieva anche violini; egli riuscirà a mettere insieme una notevole collezione

di strumenti, che presterà a diversi interpreti – fra questi il celebre Nicolò

Paganini (1782-1840), il “violinista del diavolo”. Paganini tira fuori dal nostro

stradivari trilli, pizzicati, staccati che stordiscono, conferendo allo strumento

una rinfrescata di prestigio ed un pizzico di leggenda.

Nel corso degli anni 1830, ciascuno vorrebbe scoprire il mistero di Stradivari,

che ha fatto di ogni violino uscito dal laboratorio di Cremona uno strumento non

come gli altri … . Le gente si interessa specialmente alla provenienza del legno:

Bernard Demoncourt o Denoncourt precisa: l’epicea utilizzata per la tavola del

violino ha origine dalla Val di Fiemme, in Italia e l’acero del fondo dello strumento

anche lui viene dal centro dell’Europa.

Quanto al taglio degli alberi, esso veniva effettuato con la luna nera nel mese di

gennaio, nel momento in cui tutta la linfa scende nelle radici, fornendo in tal

modo un materiale molto leggero. Il legno era in seguito trattato e tagliato a

mano e veniva messo a seccare per 5 anni (almeno), affinché evapori tutta l’acqua

e che si ossidi la resina. Una tecnica complessa, insufficiente, tuttavia, a

spiegare la singolarità degli strumenti. Alla morte del Dragonetti, nel 1846, lo

strumento passa nelle mani di una giovane virtuosa, molto bella e brillante,

Teresa Milanollo (1827-1904), la cui sorella minore Maria (1832-1848), sua

inseparabile compagna sulla scena, suona da parte sua il vecchio violino di Teresa,

“l’Hembert”, un altro stradivari del 1703 …

Il conclusivo giudizio sui suoni armonici di Berlioz

Per sfortuna, la giovane sorella muore non molto tempo dopo, ancora molto

giovane. “Parlatemi di un essere attraente ed una ammirevole virtuosa di 16 anni,

che aveva fatto il giro d’Europa, dato più di cinquecento concerti, guadagnato più

di un milione, rivalizzato con tutti i talenti maschili dell’epoca” - scrisse allora il

compositore Hector Berlioz (1803-1869) - capace di giocare con il tranchant dei

suoni armonici, come Ernst, senza ferire persona; d gemere sulla quarta corda,

sempre come Ernst, quando nella sua elegia, egli dà l’addio ad un pubblico di cui è

diventato l’idolo; di possedere l’espressione profonda e contenuta di Alard; di

essere dotata del meccanismo irreprensibile e del belo stile dei vecchi tempi e di

Beriot ! Parlatemi di tutto questo per dare ora concerti a Parigi ! La signorina

Milanollo ne ha appena fatto l’esperienza.”

Teresa non penserà più di servirsi di un altro strumento che non sia il “Tramonto

del sole” del 1728; fra le sue mani lo stradivari diventerà il Milanollo. Tuttavia, la

grande interprete, nel 1857, sceglierà di rinunciare alla musica per sposare un

diplomato del Politecnico, il capitano di artiglieria Teodoro Parmentier (l’aiutante

di campo del generale, maresciallo di Francia, Adolphe Niel (1802-1869)…). Per

circa mezzo secolo, fino alla morte di Teresa nel 1904 il nostro violino uscirà

poco dalla sua custodia fino anche non sarà venduto all’asta, diverse volte e

viaggiando molto dall’Italia fino in India. Lo strumento verrà suonato da grandi

violinisti, come Yehudi Menuhin (1916-1999) e Pierre Amoyal (nato nel 1949) ed

alla fine sarà acquistato dal grande solista Chistian Ferras (1933-1982). Jean

Diwo nel suo racconto scrive: “Nessuno, né Paganini né Viotti, erano riusciti a

creare un suono così caldo e così vellutato. Esso si intensificava con un vibrato al

limite della resistenza muscolare ed otteneva miracoli di potenza che, tuttavia,

lasciavano trasparire e intravvedere un specie di fragilità”.

Il maestro Ferras, diventato, purtroppo, alcolizzato, dopo un ultimo brillante

concerto dato nel 1982, finisce per cadere dalla finestra del 10° piano della sua

casa parigina … A questo punto il Dragonetti-Milanollo, nuovamente orfano, passa

nelle mani di un collezionista veneziano che ossessionato, a torto, che lo

stradivari possa essere attaccato dai vermi, lo farà esaminare invano dai più

grandi liutai, prima di scambiarlo con un collezionista cardiochirurgo svizzero

Pascal Nicod. Quest’ultimo, entusiasmato dall’ispirazione di un giovane interprete

Corey Cerocsek glielo consegna nel corso del 2004. “Mi è apparso evidente, come

alche alla mia famiglia, che lo strumento meritasse il talento di un tale artista. Io

non avevo mai immaginato di separarmi da questo violino simbolo, ma non ho

comunque esitato a prestarglielo”.

Fra quale altre mani passerà il violino di color rosso nel prossimi decenni e nei

secoli a venire ? Certamente è difficile dirlo, ma una cosa è quasi certa: i grandi

stradivari attirano verso di loro, ad ogni generazione, i migliori interpreti. Anche

il Dragonetti-Milanollo non ha finito di incantare quelli che ascolteranno

risuonare le proprie corde. “Ma i violini - dice ancora Jean Diwo - subiscono

anch’essi l’oltraggio degli anni e come gli umani si esauriscono, si indeboliscono

invecchiando ?” E’ una cosa difficile a dirsi, ma a ben vedere dall’interesse

crescente, che ancora si orienta sul “Dragonetti-Milanollo” e su tutti i violini

stradivari, si sarebbe tentati di rispondere negativamente.

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