FOSSATI e FORTIFICAZIONI
Pubblicato sulla Rivista Militare di Cavalleria n. 4/2020 del mese di agosto
2020
Fossati riempiti d’acqua ai piedi di imponenti muraglie costituiscono una
dell’immagini tradizionali e largamente diffuse del castello medievale. Un
esame più attento dei dati disponibili porta a rivedere questa consolidata
opinione.
Dai tempi più antichi, l’esigenza di proteggersi da minacce esterne ha portato
alla utilizzazione del fossato e di un passaggio obbligato mobile per
attraversarlo, il ponte levatoio. Queste sono due parti di un solo insieme, in
quanto lo scavo del primo condiziona la posizione dell’altro. Per gli stessi eserciti
in movimento, obbligati ad organizzare degli accampamenti sommari, scavare il
suolo e recuperare la terra, per organizzare delle difese elementari intorno al
campo, equivaleva a realizzare un fossato di protezione.
Allorché in un luogo si verificava la necessità di una presenza permanente di una
guarnigione, sia per motivi logistici o per ragioni di controllo del territorio, il sito
veniva normalmente fortificato in pietra, attraverso un sistema difensivo nel
quale muro e fossato risultano ancora degli elementi inseparabili.
Indubbiamente la profondità del fossato contribuiva ad esaltare la potenza del
muro di difesa, ma era comunque un fatto evidente, acquisito ed accettato da
tutti, che la moltiplicazione degli ostacoli cosiddetti “naturali” risultavano utili
per rinforzare la sicurezza complessiva dell’opera.
Il 10° e l’11° secolo aggiungono al sistema difensivo un ostacolo supplementare:
l’altezza o meglio la quota, ovvero il dominio geografico del luogo ai fini della
sicurezza e per un preallarme della difesa. In un periodo storico caratterizzato
dalla frammentazione del potere, la minaccia o il pericolo poteva manifestarsi già
dalla linea dell’orizzonte e tutto quello che non era controllato dall’occhio umano
o dominato dalla vista, poteva apparire comunque sospetto. Per questo motivo la
dimora del signore viene, di norma, edificata su un rilievo naturale o artificiale
(vedasi le “motte”1 ed i dongioni normanni), un luogo dominante del territorio, la
cui posizione protegge e rassicura allo stesso tempo.
Per molto tempo si è voluto vedere nel simbolismo del castello medioevale,
arroccato in alto a dominio del territorio circostante, come il senso del dominio
di un potere su una società gerarchizzata ed asservita, ma in realtà si è spesso
omesso di ricordare l’importanza e l’apporto di tale struttura alla difesa
collettiva delle popolazioni rurali, all’interno del quale le stesse potevano
rifugiarsi all’emergenza.
La motta normanna, spesso sprovvista di fossato, era in effetti circondata da un
pendio scoperto ed esposto al tiro dei difensori, a sua volta delimitato da forti
palizzate di legno dietro le quali, in caso di pericolo, veniva a ripararsi la gente
dei dintorni. Il fossato scavato, tipico delle epoche precedenti, generalmente
scompare, perché i mezzi dell’epoca non permettono impegnativi lavori di
predisposizione del terreno ed i tecnici del periodo cercano piuttosto di
sfruttare i vantaggi derivanti dalla morfologia del terreno, come ad esempio, un
rilievo dominante o le scarpate. Questa concezione durerà fino al 15° secolo, sia
attraverso l’uso del dongione su un terreno sopraelevato, sia attraverso quella
possente dimora fortificata che è il castello. In questi casi, i fossati che si
possono osservare accoppiati, a volte, a queste strutture, derivano
frequentemente, più da uno sfruttamento intelligente del terreno, che da una
deliberata tecnica costruttiva.
Occorrerà attendere la nascita della borghesia urbana e delle autonomie
comunali nel 1200 per ritrovare, nel caso della difesa delle città, una funzione
essenziale attribuita al fossato. La localizzazione delle nuove città, di norma
poste nei pressi di crocevia di comunicazione e quindi in piano, porta
necessariamente a ripensare tutto il sistema difensivo e tale contesto conduce
sistematicamente al reimpiego di tutti quegli ostacoli, “naturali e passivi”, che
possono contribuire in qualche modo al rallentamento della progressione del
1 Piattaforma artificiale in terra, rialzata e difesa, sulla quale venivano costruite fortificazioni o dei dongioni, torri
circolari o quadrate, fortemente sviluppate in altezza, per il controllo del territorio e ultimo baluardo della difesa.
nemico. In tale contesto, le difese delle città evidenziano sempre più spesso
cinte fortificate circondate da fossati, di ampiezza crescente ed i cui fianchi
scoscesi sono normalmente rinforzati da terra o da muretti in pietra. Laddove
risulta possibile vengono sfruttati al meglio gli elementi offerti del terreno,
utilizzando punti forti o, se del caso, deviando i corsi d’acqua viciniori. Ecco
dunque che, a partire dalla Guerra dei Cent’anni ed anche oltre, una serie
innumerevole di fossati, dalla tipologia più svariata, con acqua o senza ed
associati ad opere militari innovative (vedi il barbacane2 o il bastione3), vengono a
modellare il paesaggio di una Europa, che si protegge, si fortifica e si cinge di
bastioni e di torri di difesa.
In tale quadro, l’importanza ed il ruolo del fossato come elemento costitutivo
della fortificazione meriterebbe più di una considerazione, non priva di una sua
caratteristica specifica, specie per quanto riguarda la sua combinazione con
l’acqua.
Questa combinazione, così spesso conclamata ed universalmente entrata
nell’immaginario collettivo delle masse, non consegue peraltro, né dall’esame
storico, né da una stretta logica architettonica. Di fatto nelle difese medievali
l’associazione, in maniera assoluta, dell’acqua al fossato ed al muro, costituisce
una affermazione non sempre vera ed una convinzione che l’evidenza dei fatti si
incarica spesso di smentire.
Acqua e fossato, un matrimonio di convenienza
La funzione complementare del fossato
Esiste infatti un sensibile scostamento fra l’immaginario collettivo popolare, che
associa sempre un castello al fossato e la realtà che decorre dall’osservazione
del patrimonio castrale. I fossati, concepiti ed organizzati come tali, lo saranno
sistematicamente solamente a partire dal 12° secolo nell’ambito dell’architettura
medievale. Quando essi esistono, raramente circondano completamente l’opera,
2 Opera avanzata ed isolata disposta in genere davanti ad una porta principale, al di là del fossato, al fine di
proteggerne l’accesso..
3 opera poligonale che crea un saliente in una cinta fortificata.
ma piuttosto vengono utilizzati per rinforzare la parte più esposta, quella
evidentemente del fronte di un possibile attacco. D’altronde, l’incremento
difensivo che si poteva conseguire con un fossato, poteva essere ugualmente
ottenuto con una cosiddetta “camicia protettiva”4, oppure con una spessa
muraglia o ancora, come in certi castelli abbarbicati su un’altura, con dei muri di
protezione a quote più basse.
Prima di essere semplicemente un complemento di un bastione, il fossato si
presenta soprattutto come una vera e propria organizzazione e sistemazione del
terreno, destinato a complicare l’azione degli assalitori.
Questo è il caso di numerosi castelli che, localizzati su degli speroni rocciosi o su
dei promontori, realizzano dei fossati trasversali, scavati nella roccia, per
sbarrare il loro accesso, il più delle volte davanti alla porta principale e/o fra la
parte bassa e la parte alta della stessa fortificazione. Per questo motivo e per
sfruttare meglio le possibilità offerte dal terreno, il castello viene posizionato di
preferenza in prossimità di depressioni o fossati naturali. In questo caso, il
fossato è l’elemento primordiale della fortezza, in quanto condiziona l’ubicazione
della costruzione. D’altronde, in ogni tempo lo scopo dell’arte militare è stato
quello di utilizzare al meglio le possibilità offerte dal terreno, specie quando il
tempo a disposizione è ridotto e, soprattutto, quando le risorse di manodopera
sono scarse o troppo care.
Nel Medioevo e fino a quando il progresso delle artiglierie non impone nuovi
canoni architettonici, la costruzione di un’opera militare si incentra
essenzialmente intorno al principio del comando o del dominio dello spazio
circostante, ovvero sulla sua capacità di controllare la verticalità dello spazio.
Conquistare una fortificazione significa, per l’attaccante, penetrare al suo
interno e ridurre, attraverso combattimenti parziali e localizzati, la resistenza
collettiva dei difensori. Si può arrivare a tale scopo, operando una breccia nella
muraglia con delle armi di sfondamento o da getto (mangani, arieti, catapulte,
4 Cinta bassa in muratura, che circonda una torre o un dongione per rinforzare la sua protezione: Aveva la stessa
funzione della vecchia palizzata.
ecc.), dagli effetti aleatori o attraverso opere di galleria5, la cui efficacia,
peraltro, poteva risultare non sempre garantita.
Il mezzo d’assalto più rapido, come il più efficace, rimaneva, pertanto, il
superamento di questi ostacoli per mezzo di scale o macchine d’assedio
specifiche, che permettevano di addossarsi alla muraglia, portando gli assalitori
alla stessa altezza dei difensori, una volta evidentemente riempito il fossato nel
punto scelto per l’attacco.
Più che per il difensore, per l’attaccante, di norma numericamente superiore, la
chiave di volta del combattimento rimaneva ,quindi, lo scontro corpo a corpo, reso
possibile una volta conseguito il superamento dell’ostacolo.
In tale contesto, la dissuasione del difensore, a quest’epoca, si basa soprattutto
sull’altezza della cortina muraria e l’aggiunta di fossati al piede delle mura non fa
altro che rinforzare l’impressione generale di altezza (e di invalicabilità) e della
potenza delle fortificazioni.
Ecco perché, in questo caso, è più importante la profondità che la larghezza del
fossato e se una regola esiste nella sua realizzazione questa risponde di norma
alla massima che la sua profondità deve essere “ben maggiore di un uomo in piedi
con le braccia alzate”, in modo che, dal fondo, non possa aggrapparsi al bordo con
le mani6.
In ultima analisi si deve realizzare un fossato che impressioni e ponga in forte
soggezione l’attaccante e che lo immobilizzi sul fondo, esposto al tiro incrociato
degli arcieri e dei balestrieri della difesa. Impressione, peraltro, che la sagoma e
la massa compatta e slanciata dei castelli già, da lontano, suggeriscono
all’osservatore, a prescindere dall’esistenza o meno di fossati.
Il ruolo ambiguo dei fossati riempiti d’acqua
La presenza di acqua nei fossati, in realtà, poteva nuocere, rompendo la
verticalità delle forme, e l’effetto psicologico ricercato dai costruttori, cioè la
5 scavate sotto le fondamenta per far crollare la cortina sovrastante.
6 Da una lettera indirizzata dal Re Luigi11° nel 1479 ai borghesi di Reims leggiamo: che il fossato a “pié droit …
au moins plus haut qu’ung homme ne peult atteindre de la main” ( parete verticale … abbastanza alta che un
uomo non possa aggrapparvisi con la mano)
dissuasione ed in tale contesto non deve essere sottovalutato il sentimento che
tali costruzioni provocavano sulle popolazioni di quel tempo. Mentre nelle epoche
successive, con l’avvento dell’artiglieria, l’impatto psicologico delle costruzioni
militari si baserà maggiormente sulla dissimulazione (vedi sistemi bastionati) o
sull’interramento delle opere (20° secolo) e quindi sull’effetto sorpresa. Nel
Medioevo, la paura o il fantasma della stessa si fondava sulla presenza massiccia,
visibile ed imponente, dell’opera fortificata. In tale quadro, la presenza di acqua
nel fossato contribuendo a diminuire proprio l’altezza globale della costruzione,
diminuiva fortemente l’imponenza della fortificazione. E’ pur vero che
l’utilizzazione dell’acqua nel fossato presuppone una situazione difensiva
completamente diversa da quelle canoniche e tradizionali dell’epoca e che l’uso
della stessa veniva ricercata per attribuire un valore difensivo aggiunto ad una
opera generalmente posta in terreni morfologicamente meno forti. In questo
caso, il fossato è obbligato ad una diversa fisionomia, dove, oltre ad essere
profondo per le ragioni anzidette, deve presentare una sua ampiezza tale da
risultare di non agevole superamento. In questi casi, l’acqua, accoppiata al
fossato, ha appunto la funzione, non irrilevante, di compensare la mancanza di un
terreno dominante.
Ma per tornare al Medioevo, oltre alle logiche suddette che sconsigliavano l’uso
dell’acqua nei fossati, c’erano alla base anche fattori di ordine psicologico. Molti
consideravano che circondare un’opera fortificata di acqua significava anche
indebolirla in quanto l’elemento liquido, simbolo della fragilità e dell’abbandono,
era per certi aspetti antinomico all’elemento minerale, la pietra simbolo della
forza e della virilità.
Ma altre considerazioni di ordine tecnico propendevano per tale attitudine.
Prima di tutto, la diffidenza profonda delle popolazioni medievali per l’acqua
stagnante, percepita come vettore patogeno, sorgente di miasmi e di malattie
putride.
7 Comunque se i fossati con acqua potevano difensivamente essere
giustificati, questi dovevano essere attraversati da acque vive e correnti, unico
modo, d’altronde, per evitare anche il processo di interramento. Questo è il caso
Peraltro non mancano esempi di castelli eretti all’interno di paludi in Guascogna e nelle Fiandre.
di fortezze nei pressi della costa o con corsi d’acqua in prossimità (vedasi Torre
Astura, S. Severa, ecc.). Certamente, circondare il castello d’acqua corrente
significa, per certi aspetti, isolarlo dal resto del territorio e consolidare la sua
difesa, ma anche questa scelta nasconde alla lunga un prezzo da pagare, tanto
che a volte il rimedio può risultare peggiore del male stesso.
Questo aspetto introduce, infatti, un altro inconveniente tecnico.
Il flusso incessante dell’acqua, come le stesse variazioni di livello finiscono, col
tempo, per intaccare le fondazioni delle mura che insistono sul fossato. L’acqua,
attaccando la pietra, rendendo più fragili le fondamenta, viene a minacciare la
stabilità di una costruzione sulla quale interagiscono delle forze statiche
rilevanti. In realtà, all’epoca esistevano già mezzi per rimediare a tali
inconvenienti: come, ad esempio, l’ancoraggio del terreno per mezzo di pali di
legno conficcati nel suolo o altri metodi abbastanza efficaci (ricoprire di fascine
o rami le pareti del fossato per impedire l’asportazione di terreno). Ma la
maggiore difficoltà risiedeva primariamente nel reperimento delle risorse
finanziarie per la condotta dei lavori, la cui utilità difensiva era, in fin dei conti,
marginale.
Neanche l’altra ipotesi, che prevedeva l’allontanamento del fossato dalle mura
non costituiva una soluzione soddisfacente, perché offriva all’attaccante spazio
libero per la sua manovra.
In realtà la sola acqua che risulta favorevole alla difesa è quella che non si vede,
quella che non invade il sito, quella che impregna il terreno circostante in maniera
insidiosa, infangando ed immobilizzando i fanti e le cavalcature che vi si
avventurano. Ad esempio l’acqua di un ruscello che, approfittando di un leggero
declivio, si sparge ed imbibisce il terreno circostante la fortificazione. Possiamo
peraltro dire che il vantaggio di tale situazione presenta comunque un rovescio
negativo per lo stesso difensore. Di fatto se in tale contesto l’acqua è in
condizione di immobilizzare significativamente l’attaccante ai piedi della
muraglia, allo stesso modo è in condizioni di negare al difensore, in caso di esito
favorevole dello scontro, la possibilità di inseguire l’assediante. E’ anche pur vero
in linea di massima e questo è anche un ulteriore sintomo della mentalità
medievale e delle prevalenti logiche di difesa del tempo, che l’inseguimento del
nemico non era certamente una preoccupazione ed un aspetto rilevante nei
combattimenti dell’epoca, tanto più che la presenza del solo fossato, ostacolo a
qualsiasi movimento, rappresentava anche una forte limitazione per l’azione di
eventuali sortite da parte degli assediati.
L’acqua ed il fossato, un ineluttabile divorzio
A partire dall’inizio della Guerra dei Cent’anni e fino alla fine del Medioevo,
l’obbiettivo dei conflitti si disloca. Il potere da sottomettere o da attaccare non
si trova più necessariamente in un castello feudale, a sua volta infeudato al
potere reale, ma piuttosto nelle città, sorgenti di ricchezze e di influenze
politiche. Queste ultime e le loro ricchezze, fortemente concupite dai detentori
della forza e del potere, non disponendo di una vera struttura difensiva, sono
rapidamente costrette ad organizzare la loro difesa, nel quadro della loro
situazione morfologica e topografica. Se il borgo si era stabilito su un rilievo, la
cinta muraria di difesa doveva, ovviamente, cercare di sfruttare tutti gli ostacoli
naturali esistenti, quali ravine o corsi d’acqua, impegnandosi, all’occorrenza ed ove
necessario, in una vera “corsa” verso le rive di un fiume.
Ecco dunque che in molte città medievali si vede la cinta muraria allungarsi,
scendere dalle alture nei sobborghi bassi della città, per appoggiarsi al corso
d’acqua ed approfittare, così, dell’ostacolo che quest’ultimo pone al movimento.
Altrove, dove le città si sono già sviluppate ai bordi di un corso d’acqua ed
all’intersezione di una importante via di comunicazione, si cerca in ogni modo di
trarre il miglior profitto dalla situazione: il fiume viene regolato con opere
idrauliche, si creano canali di derivazione verso macchine idrauliche (molini ecc.),
vengono deviati dei bracci del fiume, installandovi delle chiuse e delle barriere
per regolarne il flusso.
Uno degli esempi più significativi in Europa è rappresentato dalla città di
Strasburgo, dove l’acqua, abbondante e con una discreta corrente, diviene un
elemento essenziale ed intimamente connesso con le opere di difesa.
In altre località tuttavia dove le risorse di acqua sono meno facili da controllare
o persino da trovare, la messa in opera di fossati “umidi” rappresenta un vero
problema. Il flusso insufficiente del fiume che li alimenta costringe la
popolazione a dei lavori di manutenzione faticosi e continui che solo l’imminenza
di un possibile assedio può rendere giustificati. I fossati “umidi”, per essere
efficaci, devono in effetti trovarsi liberi da qualsiasi vegetazione, presentare un
fondo piatto e possibilmente melmoso. La profondità, rispetto alla ampiezza, non
è più un elemento fondamentale, anche perché delle profondità accentuate
potrebbero occultare il suo attraversamento da parte di abili nuotatori. Per
contro un profondità di 50 – 60 cm. viene giudicata idonea per immobilizzare i
fanti attaccanti, esponendoli alle azioni della difesa. L’allargamento della
larghezza dei fossati sarà anche uno degli effetti della comparsa dell’artiglieria
e l’aumento di tale dimensione, incrementato da pendii scoperti, risulta, a volte,
sufficiente a mantenere le nuove armi fuori dalla portata utile del loro tiro.
Scoperto il principio rimaneva agli ingegneri delle fortificazioni di portare alle
estreme conseguenze le logiche suddette, specialmente a quelli italiani che, per
effetto della precoce urbanizzazione in Italia, saranno i capiscuola nel settore in
Europa. Ma queste logiche portano ben al di là del Medioevo, perché il principio di
liberare l’acqua, di farla uscire dai fossati, di inondare le praterie circostanti la
piazza fortificata è stato applicato per la prima volta a La Rochelle, in occasione
dei lavori di fortificazione intrapresi fra l’assedio del 1572 e quello del 1628 e
diventerà un fattore di applicazione sistematica nel 17° secolo. In questo modo
l’acqua, separata definitivamente dal fossato, viene a giocare un ruolo autonomo
ed a contribuire alla difesa in un modo nuovo, più complesso ma certamente più
efficace.
Il fossato “secco”, strumento di difesa della piazzaforte
Nelle piazzeforti militari, punti d’appoggio per operazioni militari ed allo stesso
tempo elementi di affermazione del potere centrale reale, il fossato – “secco” -
gioca un ruolo di rilievo, tanto da poter affermare che, nel corso del 1500, la
presenza d’acqua intorno a delle muraglie può costituire, già di per sé stessa, la
prova della sua demilitarizzazione.
Sono numerosi d’altronde fra la fine del 15° e l’inizio del 16° secolo queste
costruzioni che si danno una sembianza guerriera, circondandosi di fossati, ma
dove in fin dei conti si percepisce chiaramente che l’elemento liquido vi sussiste
esclusivamente per aggiungere al tutto un tocco di eleganza e di raffinatezza.
Sul piano militare diverse ragioni, fra queste alcune legate direttamente all’arte
della guerra, spingono per l’eliminazione dell’acqua dai fossati. In queste fortezze
fa la comparsa, in particolare, una prefigurazione del sistema poligonale, che
consiste ad introdurre, nel fuoco disponibile e nella organizzazione delle
infrastrutture, una netta distinzione fra i tiri diretti o d’interdizione ed i tiri di
fiancheggiamento.
Il fossato viene organizzato con opere destinate a fiancheggiare l’azione degli
attaccanti, diviene un “pozzo” di fuoco, uno sbarramento, dove si incrociano i tiri
ravvicinati, letali e dissuasivi, delle armi della difesa. Il successo di un’opera di
galleria ed il crollo di una parte della cortina difensiva non significa
necessariamente la fine del combattimento. Ogni torre, ogni bastione concepito e
realizzato per funzionare in maniera autonoma, può e deve continuare i suoi tiri
di fiancheggiamento, specie dal fondo del fossato. La concentrazione dei fuochi
non si sarebbe potuta realizzare se i fossati fossero rimasti pieni di acqua. Il
fossato deve imperativamente rimanere asciutto e per tale esigenza viene
persino realizzata, al centro, una cunetta che ha lo scopo primario di drenarne le
acque piovane. Inoltre, a maggior ragione, la presenza di acqua avrebbe potuto
contribuire ad attutire l’acustica e ad occultare le azioni di mina, impedendo nel
contempo le azioni di contro mina, che in quest’epoca divengono normali.
In tal modo dall’inizio del 16° secolo, in un’epoca dove le mentalità risentono
ancora di influenze del medioevo, si assiste ad una netta dissociazione fra l’acqua
ed il fossato e questa tendenza verrà a rafforzarsi nel periodo successivo.
Sebbene dal 12° al 15° secolo i due elementi non avessero fatto sempre una
buona cooperazione, essi erano risultati tuttavia associati alla difesa di un
castello o di una piazza. Una volta concepito e realizzato un fossato, la sua
inondazione con acqua poteva essere considerata come un ulteriore incremento
per l’efficacia della difesa. I due sistemi avevano lo stesso scopo e, nel migliore
dei casi, si completavano a vicenda. Successivamente, i due elementi seguiranno
dei percorsi diversi e divergenti. Entrambi continueranno a difendere l’esterno
della piazzaforte, ma essi lo faranno con modalità differenti senza una mutua
cooperazione ed in un modo più adatto alla loro natura.
Dell’acqua verrà utilizzata la sua capacità di espandersi, il suo flusso
imprevedibile ed incontrollabile per tenere a distanza l’attaccante, assumendo
una dimensione decisamente più ampia nel campo di battaglia fino al livello
strategico. Il fossato da parte sua, con la sua collocazione, il suo profilo ed il suo
tracciato favorisce la concentrazione e l’efficacia del fuoco. Il suo ruolo militare
si riduce tuttavia alla sola difesa ravvicinata e quindi alla fase finale della
battaglia. Il fossato, lasciato il connubio con l’elemento liquido ritorna col tempo
ad essere, così come nel passato, una componente, non essenziale e tutto
sommato modesta, dell’architettura militare.
Conclusione
In sostanza, l’evoluzione della fortificazione, nel corso del Medioevo fino alla
comparsa delle armi da fuoco ed oltre, evidenzia, da una iniziale collocazione in
posizione inaccessibile e sopraelevata, con strutture decisamente massicce,
compatte e sviluppate in altezza, un progressivo abbassamento ed allargamento
della struttura, per rispondere adeguatamente alla comparsa nel campo di
battaglia della potenza di fuoco dell’artiglieria. Lo spessore delle mura,
inizialmente contenuto, viene progressivamente, con il contemporaneo ridursi
dell’altezza, ad espandersi ed accoppiarsi con terrapieni e riporti di terreno, con
la principale funzione di attutire i colpi diretti e rendere meno fragile la rigidità
strutturale della costruzione di pietra. Di pari passo, anche il fossato, elemento
connesso con le fortificazioni, subisce una sua specifica evoluzione; inizialmente,
ostacolo scavato e realizzato nella parte più importante per la difesa, diviene, col
passare del tempo, un elemento inseparabile delle cinte murarie delle città,
accoppiato o meno con l’elemento liquido. La forma del fossato, inizialmente
profonda e relativamente stretta, diviene, con l’inserimento dell’acqua, meno
profonda e più ampia e nel corso del 15° secolo con la comparsa dell’artiglieria, si
libera dell’elemento liquido ed incrementa la sua ampiezza per divenire luogo
privilegiato del combattimento ravvicinato, dove si realizza allo stesso tempo
l’incrocio dei fuochi ed il fiancheggiamento dell’attaccante.