GLI SVIZZERI,
temibili guerrieri al servizio della FRANCIA !
Pubblicato su Rivista Informatica "GRAFFITI on line" (www.graffitionline.com),
del mese di ottobre 2020, con il titolo “TUILERIES, 10 AGOSTO 1792, LA
TRAGICA FINE DEI SOLDATI SVIZZERI”
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I miliziani elvetici, a partire dal 1453, hanno spesso combattuto a fianco
degli eserciti francesi. Più disciplinati, più determinati, questi mercenari
erano anche i meglio pagati.
Ogni sanculotto in buona fede lo potrà affermare: non è stata altro che una
carneficina. Gli Svizzeri, da perfetti soldati di mestiere o “mercenari”, abito
rosso con risvolti bianchi, rovesci e paramenti blù reale, galloni e bottoni
d’argento, pantaloni e ghette bianche, giacca blù reale, avevano obbedito agli
ordini del capitano Jost Dürler (1745-1802), loro comandante ad interim.
“Sospendete il fuoco” e più nessun proiettile era partito dal loro lato. Ebbene il
10 agosto 1792 a Parigi, in un palazzo delle Tuileries, sebbene abbandonato dalla
famiglia reale, i rivoltosi avevano dato sfogo alle loro voglie: 600 Svizzeri, fra i
quali 15 ufficiali, uccisi sul posto; feriti che verranno eliminati in occasione dei
massacri di settembre; ed un centinaio di fortunati evacuati dai Parigini,
indignati di tanta violenza gratuita.
Quel giorno stavano per terminare quattro secoli al servizio del re di Francia.
Una lunga storia iniziata dal febbraio 1453, quando Carlo 7° (1403-1461)
conclude a Montil-les-Tours il primo accordo fra il trono di Francia ed i cantoni
svizzeri, prosegue nel 1479, quando Luigi 11° (1423-83) firma una
“capitolazione” (altrimenti detta “convenzione” o “trattato”) con le città di Berna,
di Zurigo, Lucerna e Friburgo. Mediante l’esborso di 20 mila franchi-oro più 14
fiorini e mezzo stipendio mensile per combattente, le città firmatarie forniranno
al monarca francese 6 mila di questi “robusti uomini a piedi”, che si erano
illustrati tre anni prima nella battaglia di Morat (Murten) distruggendo l’esercito
del duca di Borgogna, Carlo il Temerario (1433-1477).
Raggruppati dal 1480 in Normandia nel campo di Pont de l’Arche, i fanti svizzeri
insegneranno ai Francesi la maniera di utilizzare la picca lunga e la balestra, cara
alla leggendaria figura di Guglielmo Tell. Essi insegnano anche l’arte di manovrare
in formazioni compatte e, soprattutto, la disciplina, che all’epoca era già uno degli
elementi di forza delle milizie elvetiche.
I risultati sono talmente probanti che il successore di Luigi 11°, Carlo 8° (1470-
1498), porta a 10 mila gli effettivi di questi soldati professionisti, che invia a
combattere in Italia, affidando loro la guardia della sua impressionante
artiglieria: circa 140 bocche da fuoco. Il 31 dicembre 1494 gli Svizzeri marciano
in testa dell’esercito reale che penetra in Roma. Due mesi più tardi cade a sua
volta la città di Napoli. Dal 1497, Carlo 8° crea la “compagnia dei 100 Svizzeri”,
combattenti scelti, ai quali affida la sua sicurezza personale, quella della sua
famiglia e quella del suo palazzo. Da allora, i 100 Svizzeri, le loro uniformi
colorate e le loro alabarde, fanno parte del paesaggio reale e formeranno il
nucleo della futura guardia svizzera della casa reale.
Nel frattempo nel 1505 il papa Giulio 2° della Rovere (1443-1513) richiede 200
uomini alla Dieta svizzera ed il 22 gennaio 1506 viene costituita la prima unità
ufficiale svizzera della Guardia del Papa, che vestirà i colori rosso blu e giallo,
che erano i colori araldici dei Medici.
Luigi 12° (1462-1515) prosegue la doppia tradizione: quella delle campagne
militari in Italia e quella delle unità mercenarie elvetiche che costituiscono
l’ossatura dell’esercito. Ma all’assedio di Novara, nel 1500, essi si trovano opposti
ad altri Svizzeri, questa volta al servizio di Ludovico Maria Sforza, detto il
Moro (1452-1508) duca di Milano. Ma non ci sarà spargimento di sangue fra
Svizzeri: le direttive dei cantoni di reclutamento si oppongono ai combatti
fratricidi e gli Svizzeri dei due campi si rifiutano di incrociare i ferri. L’episodio
avrebbe potuto servire di lezione, ma Luigi 12° trova il modo di entrare in
contrasto con i Cantoni, di modo che nel 1513 gli Svizzeri si ritroveranno tutti
uniti dietro l’erede del clan degli Sforza, Massimiliano (1493-1530). E questa
volta, nuovamente a Novara, l’esercito reale francese viene disfatto, a riprova
che la storia raramente si ripete allo stesso modo.
Francesco 1° di Francia (1494-1547), pur non essendo riuscito a riconciliarsi con
i Cantoni, lancia le sue truppe all’assalto della Lombardia e degli Sforza,
sostenuto da Papa Leone 10° Medici (1475-1521). l’imperatore tedesco,
Massimiliano 1° d’Asburgo (1459-1519) e Ferdinando 2° d’Aragona e Spagna
(Ferdinando di Trastamara) (1452-1516). Più di 30 mila Svizzeri, pronti ad
intervenire, si trovano ad attenderlo al passaggio delle Alpi. Ma il nuovo sovrano
prende degli itinerari trasversali e, attraverso un movimento aggirante,
effettuato in piena montagna in condizioni inimmaginabili, prende i suoi avversari
alle spalle, obbligandoli a modificare radicalmente i loro piani di battaglia.
Venerdi 13 settembre 1515 fra i canali e le strade di Marignano, tre corpi
elvetici di circa 9 mila uomini ciascuno, armati sia di picche, sia di lunghe spade a
due mani, si lanciano all’assalto dei Francesi al suono rauco dei corni dei Cantoni
di Uri e di Unterwald. La furia delle cariche di cavalleria francese ed il fuoco di
60 grossi cannoni si scontrano con la determinazione collettiva svizzera. Si
combatte fino alle 11 di sera. Il giorno dopo il combattimento riprende con un
vero bagno di sangue per gli Svizzeri, che perdono ben 12 mila uomini ma
guadagnano la stima di Francesco 1°. Fatto cavaliere da Baiardo sul campo di
battaglia, il vincitore magnanimo, impedisce che i feriti vengano eliminati e che si
inseguano i fuggiaschi.
Gli avversari di ieri voltano pagina. In effetti, il 29 novembre 1516, Francesco 1°,
che ha capito il valore militare degli Elvetici, firma un Accordo di “Amicizia
duratura e perpetua” fra il regno di Francia ed i Cantoni svizzeri, nella Pace di
Friburgo, nel quale gli Svizzeri si impegnano a non mettersi più al servizio di un
nemico della Francia. Seguirà a questo accordo, nel 1521, un Trattato di
“alleanza reciproca”, firmato a Parigi dal Re di Francia e dai rappresentanti dei
Cantoni, Peter Falk (1468-1519) e Sebastian de Diesbach (1481-1537, il
vincitore della battaglia della Bicocca), che durerà fino al 1792, quando sarà
superato dalle circostanze drammatiche evocate all’inizio del lavoro. Risultato: in
nove anni, un totale di 150 mila Svizzeri vengono ingaggiati, in cambio di monete
sonanti nell’esercito di Francesco 1°, per combattere in grande maggioranza in
Italia. Il 23 febbraio 1525, davanti a Pavia, essi sono circa 8 mila su un effettivo
di 33 mila soldati del re e devono fare fronte all’esercito degli imperiali, dai quali
riceveranno una cocente sconfitta.
Il 7 giugno 1549, Enrico 2° (1519-1559) ed Urs de Sury il Giovane (1528-1593)
rinnovano solennemente l’alleanza franco-svizzera a Parigi, come lo faranno
successivamente Enrico 3° (1551-1589) ed il colonnello Ludwig Pfyffer von
Altishofen (1524-1594) il 2 dicembre 1582. Ma le casse del regno sono vuote ed i
sovrani francesi, per pagare i loro fanti svizzeri, praticano una forma originale di
“cavalleria” finanziaria, chiedendo in prestito il denaro necessario alle … città
svizzere !.
La comparsa della religione riformata, divide tra l’altro i Cantoni, alcuni dei quali
abbracciano la nuova fede, mentre altri restano fedeli alla fede cattolica. Nella
Francia delle guerre di Religione e delle guerre civili, gli Svizzeri combattono nei
due campi. Nel settembre 1589, in occasione della battaglia di Arques, i due
reggimenti svizzeri di Gaspard Gallaty (morto nel 1619) aiutano Enrico 4° (1553-
1610) a mettere in scacco la Santa Lega. Il 14 marzo 1590, a Ivry, nei pressi di
Evreux, in Normandia, si trovano di nuovo di fronte gli Svizzeri dei due
contendenti. A battaglia vinta, Enrico 4°, mentre i lanzichenecchi tedeschi
vengono massacrati dai suoi uomini, concede la grazia agli Elvetici che hanno
combattuto per la Santa Lega, lasciando loro anche le armi ed alla condizione che
rientrino immediatamente a casa loro.
Nel 1602 Enrico 4° trasforma la tradizionale prestazione di giuramento dei
deputati cantonali a Parigi, in una cerimonia di grande spettacolo nella chiesa di
Notre Dame. Il suo esercito comprenderà quattro reggimenti svizzeri:
d’Arreger, Lanthen Heid, Grissach e Diesbach.
Nel 1616 il giovane Luigi 13° (1601-1643) procede ad una riorganizzazione. Egli
dispone la fusione dei quattro reggimenti in una sola unità, il Reggimento delle
Guardie Svizzere, che arriverà ad avere fino a 30 compagnie. Questo reggimento
va di pari passo con quello delle Guardie Francesi nell’ambito della stessa brigata
scelta, direttamente collegata alla Casa Reale.
Peraltro, affinché una alleanza possa durare, occorre che sia di reciproca
convenienza. Il cardinale “primo ministro” cardinale Richelieu (1585-1642) invia,
nel 1635, contro le rivendicazioni territoriali degli Spagnoli e degli Imperiali,
quattro reggimenti di fanteria e sette squadroni di cavalleria, comandati dal
Enrico 2° duca di Rohan-Gié (1579-1638), in soccorso al Cantone di Grigioni. Si
tratta della “marcia della Valtellina”, modello di schieramento tattico in
territorio di montagna. In segno di riconoscenza, gli Svizzeri ritrovano in massa il
cammino per la Francia, tanto che alla fine del regno essi costituiranno ben 10
reggimenti di fanteria.
Nel 1643, quando Anna d’Austria (1601-1666) diventa reggente, l’esercito
impiega 21 mila Svizzeri che si vedranno nello stesso anno in prima linea a Rocroi,
poi nel giugno 1658, nella Battaglia delle Dune, nei pressi di Dunquerque. Nel
1663, Luigi 14° (1638-1715), come l’aveva fatto Enrico 4° a suo tempo, da un
risalto spettacolare al giuramento di Notre Dame. E quando, nel 1671, il suo
ministro, François Michel Le Tellier marchese di Louvois (1641-1691), decide la
creazione di un esercito permanente (fino a quel momento, si reclutavano gli
effettivi in funzione delle campagne da effettuare), egli comincia con un
reggimento svizzero di 2400 uomini divisi in 12 compagnie, comandate dal
capitano Johann Jacob von Erlach (1628-1694). Bandiera: Croce bianca, fiamme
di colore rosso nero e bianco. Le casse dei tamburi portano invece le armi di
Berna.
Tre altri reggimenti svizzeri saranno reclutati nel 1672 (a questa data, l‘esercito
reale conta 45 mila fanti stranieri su 80 mila francesi). Poi vengono creati altri
quattro reggimenti fra il 1673 ed il 1690. A partire dal 1688, tutti porteranno
l’abito rosso, con il rovescio ed i paramenti di colore diverso, a seconda del
reggimento. Naturalmente i loro tiratori scelti sono diventati moschettieri,
scambiando la balestra di un tempo con delle armi da fuoco moderne.
Anche se sono protestanti, gli svizzeri vengono autorizzati a praticare la loro
religione senza problemi, anche dopo la revocazione dell’Editto di Nantes, che in
Francia, segna il ritorno alla repressione contro i riformati. Poiché essi sono
esentati dalle imposte, così come le loro mogli, molti di loro contrarranno dei bei
matrimoni legando il loro destino a quello di ricche giovani donne. Ma anche la
Corona calcola, in … senso inverso. Il vantaggio militare che presenta l’impiego dei
soldati di mestiere si accompagna anche ad un vantaggio economico. Come verrà
scritto da generale Charles De Gaulle (1890-1970) nel suo libro “La France et
son Armée”: “Un soldato straniero ne vale tre agli occhi del Re, rappresenta un
uomo in meno per il nemico ed uno di più nei nostri ranghi. Si tratta, infine di un
Francese in più, che si può lasciare alla cultura ed all’industria”. Va aggiunto che
uno straniero morto comporta un premio da versare ai suoi aventi diritto (e non
sempre !), ma niente di più ed inoltre, in caso di ecatombe, non c’è da temere la
collera popolare.
In questo contesto, gli Svizzeri di Luigi 15° (1710-1774) prenderanno parte
largamente alle guerre di successione di Polonia (1733-38) e d’Austria (1741-48).
Comandati da Maurice de Courten (1692-1766), essi si illustrano a Fontenoy (in
Belgio), l’11 maggio 1745 contro gli Inglesi, Austriaci e Olandesi. Ma il 2 luglio
1747 a Lawfeld, i reggimenti François Philippe de Diesbach-Steinbrugg (1682-
1764), Monnin e Georges Mannlich de Bettens (1669-1751), lasciano sul campo
1.800 uomini. Di fronte ai Prussiani di Federico 2°, a Rossbach, il 5 novembre
1757 saranno ancora i reggimenti Diesbach e Peter von Planta (1700-1768) che
salvano l’onore delle armi francesi, effettuando una ritirata in buon ordine, nel
momento in cui l’esercito del maresciallo di Francia, Carlo de Rohan Soubise
(1715-1787) si sbanda. Senza dimenticare il reggimento svizzero di fanteria
coloniale di Franz Adam Karrer (1666-1740) (poi comandato da Franz Joseph
von Hallwyl, 1719-1785), creato nel 1719, che farà parlare di sé in Luisiana e nel
Canadà.
Nel 1764, il ministro Etienne François de Choiseul (1719-1785) firma una nuova
“Capitolazione”. Gli effettivi vengono riportati a 11 reggimenti svizzeri su due
battaglioni ciascuno. Due di questi reggimenti, quelli di Johann Baptiste von
Eptingen (1714-1783) e di Wilhelm Bernard von Muralt (1737-1796) saranno
schierati nel 1768 in Corsica contro i partigiani di Pasquale Paoli (1725-1807).
Infine arriva il dramma del 1792 ed il massacro delle Tuileries.
Sebbene la rivoluzione abbia creato un esercito nazionale, essa non avrà alcuna
difficoltà a fare ricorso , inizialmente, a volontari stranieri ed a soldati di
mestiere, in seguito. Il 27 settembre 1803, il Consolato firma con i Cantoni
svizzeri una nuova “capitolazione” che gli fornisce 16 mila uomini. Quattro
reggimenti di svizzeri nasceranno pertanto anche sotto l’Impero. Il primo
reggimento viene creato con il decreto 15 marzo 1805, gli altri tre con il decreto
12 settembre 1806. Il maresciallo Jean Lannes (1769-1809) diventa allora
Colonnello generale degli Svizzeri. Il paradosso vuole che la monarchia, una volta
restaurata nell’aprile 1814, dopo l’abdicazione di Napoleone, disponga l’ordine di
dissoluzione di tali unità, colpevoli di aver servito agli ordini “dell’usurpatore”. Ma
il 15 maggio 1814, Carlo 10° di Borbone (1757-1836) che non è ancora il Conte
d’Artois, ridiviene nondimeno Colonnello generale degli Svizzeri e dei Grigioni,
titolo che portava prima della Rivoluzione e che porterà sino alla sua accessione
al trono. I colonnelli Nicolas de Gady de Vincy (1766-1840) e Emanuel Franza
Rudolph von Graffenried (1762-1838) si succederanno al suo fianco come
aiutanti di campo.
Un battaglione svizzero, ricostituito durante i Cento Giorni con il nome di 2°
Straniero, viene dissolto nell’estate 1815, al secondo ritorno al trono dei Borboni.
Nel 1824, Enrico 5° di Borbone, Conte di Bordeaux (1820-1883) prende il posto
di Carlo 10° come colonnello generale, con il conte Pierre François Marie de
Courten (1750-1839) come aiutante di campo. Riappaiono in tal modo una brigata
svizzera della guardia e dei reggimenti di linea svizzeri. Poiché la loro paga era
doppia, a volte tripla di quella dei soldati delle altre unità, gli Svizzeri di Carlo
10° non sono molto amati nell’esercito francese. Ed ancora meno dagli operai che
vedono in essi la guardia pretoriana del regime. Nel 1827, quindi nel 1828, hanno
luogo dei tafferugli in grande stile fra Elvetici e Parigini e nel novembre 1828 dei
soldati del 2° Granatieri francese vengono alle mani con gli Svizzeri. Se si
aggiunge a tutto questo il ricordo della tragica giornata del 10 agosto 1792,
niente di straordinario se gli Elvetici disertino in massa in occasione delle tre
giornate della rivoluzione del luglio 1830. Quanto ai loro ufficiali, essi otterranno
senza difficoltà dei salvacondotti del governo provvisorio, felice di potersi
sbarazzare senza difficoltà di un possibile avversario.
Eppure gli Svizzeri non hanno ancora finito di servire sotto la bandiera francese.
la Legione Straniera, creata da Luigi Filippo (1773-1850) il 10 marzo 1831, verrà
organizzata da un ufficiale di origine svizzera, veterano delle guerre del 1°
Impero, il barone Augustin Stoffel (1781-1854), per altri il fratello Christoff
Anton (1780-1842). Il suo 1° Battaglione riunisce tutti quelli che hanno prestato
servizio nelle unità svizzere dopo la Restaurazione. Alcuni dei loro compatrioti
saranno poi trasferiti nel 3° Battaglione, in cui dovranno coabitare con i
Tedeschi. Il ritornello della Legione testimonierà, poco dopo, questa forte
impronta elvetica: “Tieni, ecco del sanguinaccio, ecco del sanguinaccio, ecco del
sanguinaccio / per gli Alsaziani, gli Svizzeri ed i Lorenesi”.
Questi combattenti scelti, “Francesi per effetto del sangue versato”, porteranno
le armi sotto la monarchia di Luigi Filippo, il 2° Impero di Napoleone 3° (1808-
1873) e quattro repubbliche, la 2^, la 3^, la 4^ e la 5^ attuale.
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