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IACOPI DISCENDENZE E STORIA

Una vita di ricerche per conoscere chi sono.

  

Tito Labieno

TITUS LABIENUS
Luogotenente di CESARE e di POMPEO

Pubblicato sul n. 303, dicembre 2022, della Rivista Informatica “Storia in Network” ( HYPERLINK "http://www.storiain.net/"www.storiain.net).


Occorre, nonostante tutto, dare a Labieno quello che gli compete. Spesso presentato come il braccio destro di Cesare in Gallia si é rivelato un eccellente ufficiale come anche un politico di rilievo, leale nei confronti dei suoi capi, ma anche e soprattutto alla Repubblica. Qualità che lo ha trasformato nel peggiore nemico del suo migliore amico …

L'ultimo secolo della Repubblica romana risulta dominato dalla figura di capi militari prestigiosi, come Caio Giulio Cesare (-100 / -44) e Gneo Pompeo Magno (-106 / -48) o ancora Lucio Licinio Lucullus (-118 / -57), sui quali i testi antichi mettono principalmente l'accento. Si avrebbe comunque torto nel trascurare altri protagonisti, giudicati spesso secondari, ma il cui ruolo ed importanza nelle guerre romane di quest'epoca sono stati spesso sottovalutati. Fra questi emerge la figura Titus Labienus (-99 /-45), braccio destro di Cesare in Gallia, che in seguito si rivolta contro il suo capo all'inizio della guerra civile e diventa uno fra i suoi avversari più accaniti.
Nel corso della Guerra delle Gallie (-58/ -51) il proconsole (1) Giulio Cesare é coadiuvato da diversi legati (2) ai quali egli delega il comando di una parte delle sue truppe, a seconda delle circostanze. La storia ci ha tramandato il nome di una decina di questi legati; ma il più famoso é senza dubbio Titus Labiuenus, il solo che abbia ricoperto in permanenza questo incarico a fianco di Cesare e più spesso citato nel De Bello Gallico. Labienus ha contribuito in maniera decisiva ai successi di Cesare sugli Elvezi (giugno del -58), sui Belgi (estate del -57), sui Morini (ottobre del -55) e ancora sui Treviri (giugno del -53).
Nel gennaio-febbraio del -53 egli riesce a resistere con sangue freddo all'accerchiamento del suo campo invernale da parte dei Treviri in rivolta, guidati da Induziomaro (morto nell'anno -53), che sarà poi sconfitto ed ucciso. In occasione della grande rivolta dell'anno -52, Labienus viene incaricato, con quattro legioni, dell'offensiva contro i Galli Senoni ed i Parisii, ottenendo, in primavera, una grande vittoria nei pressi di Lutezia (Parigi). Poi, alla fine dell'estate ed all'inizio dell'autunno, egli aiuta Cesare, durante l'Assedio di Alesia. La sua partecipazione a queste battaglie ed a tale assedio é dimostrato dai proiettili di fionde incise con il suo nome: una é stata scoperta sul sito di Sens e due altre, più recentemente, su quello di Alesia (attuale Alise-Sainte Reine) sul posto del Campo C, che viene chiamato ormai per questo motivo “il campo di Labienus”.

Da luogotenente fedele a transfuga
Come prova di fiducia nel suo principale luogotenente, Cesare gli chiede di sostituirlo diverse volte in sua assenza. In tal modo, l'intero esercito viene posto sotto i suoi ordini in occasione quartieri invernali -58/57 presso i Sequani. Labienus comanda, in seguito, la parte dell'esercito rimasta sul continente in occasione della seconda spedizione di Cesare oltremanica nell'estate del -54. Infine, tocca a lui assumere la responsabilità della Gallia Cisalpina, nell'Italia del Nord, durante l'inverno -51/50.
Tuttavia, quando Cesare decide di opporsi al Senato e condurre la guerra in Italia, attraversando il Rubicone con il suo esercito nella notte dell'11 gennaio del -49, Labienus entra a far parte di quelli che cambiano immediatamente di campo ed abbandonano il generale “rinnegato”. Egli raggiunge Pompeo nella Puglia, già dal 22 gennaio dello stesso anno, prende parte alla ritirata dall'Italia (febbraio-marzo), quindi, l'anno seguente, alle campagne d'Epiro e di Tessaglia. Presente all'assedio di Dyrrachium (Durazzo), del giugno-luglio -48, egli é uno di quelli che spingono Pompeo a dare battaglia nella piana di Farsalo, battaglia che determina la inattesa sconfitta del campo senatoriale (9 agosto -48). Dopo la morte di Pompeo (28 settembre -48), mentre alcuni suoi sostenitori si schierano dalla parte di Cesare vittorioso, Labienus, in quanto legato di Quinto Cecilio Metellus Scipione Nasica (-98 / -46), prosegue la lotta, prima in Africa, quindi, dopo la vittoria cesariana di Tapso (6 aprile -46), come legato di Sesto Pompeo (-67 / -35), il figlio di Pompeo Magno, nella Spagna ulteriore. Egli trova la morte nella cruenta battaglia di Munda (17 marzo -45), che segna il termine definitivo della guerra civile. Secondo Appiano di Alessandria (95-165), la sua testa sarebbe stata presentata a Cesare, con quelle di altri capi pompeiani.

Dall'elogio al biasimo
Occorre precisare, peraltro, che tutte queste informazioni relative all'azione di Labienus provengono, per la maggior parte, dai racconti di Cesare e da quelli dei suoi continuatori, essendo le altre fonti molto più succinte, se non quasi inesistenti. La nostra visione di Labienus, come capo militare, dipende molto da quanto rappresentato dai testi cesariani. In tale contesto, nel libro I del De Bello Gallico, Cesare si attribuisce il merito della vittoria dell'Arar sulla tribù elvezia dei Tigurini, riportata nel giugno -58, mentre Plutarco (46-125) ne attribuisce il merito a Labienus, senza dubbio perché il biografo segue, su questo punto specifico, un'altra fonte di informazione diversa da Cesare. Non risulta, pertanto, sempre facile determinare con esattezza l'implicazione degli uni e degli altri nelle operazioni militari, così come sono state narrate. D'altronde, per ben due volte nel suo racconto, Cesare fa dire a Labienus, nelle arringhe indirizzate ai suoi legionari, che, sotto i suoi ordini, essi devono combattere come se fosse presente lo stesso proconsole in persona.
E' necessario, soprattutto, tenere conto di un aspetto essenziale della documentazione. In effetti, la positiva presentazione di Labienus come legato capace e brillante riguarda i primi 7 libri del De Bello Gallico, vale a dire testi redatti e pubblicati da Cesare prima della defezione del suo legato nel gennaio -49, mentre i racconti posteriori a questa defezione (i tre libri della De Bello Civili) o posteriori alla morte di Cesare (libro VIII del De Bello Gallico; la Guerra d'Africa e la Guerra di Spagna) offrono, al contrario, un ritratto di Labienus deliberatamente meno lusinghiero. Quelle che, a suo tempo, erano state presentate come qualità strategiche e tattiche si trasformano in difetti.
In tal modo, i suoi principali successi, quelli che emergono nel dettaglio da Cesare nel De Bello Gallico nei libri V (la vittorio di Induziomaro), VI (la vittoria contro i Treviri) e VII (la vittoria di Lutezia contro Camulogeno, morto nell'anno -52), lo mettono in evidenza, ogni volta, come un capo la cui abilità nell'arte dello stratagemma merita elogi incondizionati. Per contro, nella Guerra d'Africa, il continuatore anonimo tratteggia ormai Labienus come un avversario sleale ed inefficace, i cui tentativi di imboscate vengono sistematicamente sventati, uno dopo l'altro, da Cesare. La figura del traditore ha il sopravvento su quella del generale talentuoso. Mentre, nel De Bello Gallico, il proconsole dichiara, a più riprese, di fidarsi completamente del giudizio del proprio legato. I racconti sulla guerra civile insistono, al contrario, sull'obnubilamento di Labienus: é lui che sottovaluta la qualità delle forze cesariane perima dello scontro di Farsalo o prima della battaglia di Ruspina in Africa; é ancora lui che perde, per due volte, l'occasione di sfruttare una sconfitta delle truppe avversarie per mettere un termine definitivo alla guerra, a Dyrrachium, quindi agli inizi della campagna d'Africa.

Uomo di Stato prima ancora di soldato
Di fronte a tali contraddizioni che riflettono con evidenza un punto di vista fazioso, non risulta facile per gli storici moderni individuare con esattezza i contorni del valore militare di Labienus. Una qualità che nei contemporanei non veniva minimamente messa in discussione. Nonostante la sua posizione iedeologica, l'autore anonimo della Guerra d'Africa riconosce, in questo contesto, che i numerosi cavalieri ausiliari galli e germani dell'esercito pompeiano, famosi per il loro valore, avevano seguito Labienus in ragione della sua indiscussa autorità. Per quanto concerne Cicerone, questi afferma, in una lettera al suo segretario Marco Tullio Tirone (-103 / -4) del 27 gennaio dell'anno -49, che Labienus é quello che, nell'esercito di Cesare, godeva della massima autorità e prestigio.
Principalmente citato nelle nostre fonti attraverso i comandi esercitati per un periodo di 9 anni di guerra in Gallia e 5 anni di guerra civile, Labienus viene, a volte, considerato come un esempio di ufficiale di carriera (vir militaris), una nuova categoria di cittadini, la cui comparsa viene spesso datata a torto al -I secolo. Ancora a quest'epoca, i quadri superiori dell'esercito romano provengono effettivamente dall'aristocrazia, che alterna responsabilità militari a cariche civili: l'uomo di Stato ideale per i Romani resta colui che é capace, quando necessario, dare prova del suo valore come soldato e come comandante in guerra.
Labienus non fa eccezione a questa regola. Quando viene scelto da Cesare come legato nell'anno -58, egli Risulta già un senatore esperto e di alto rango, conosciuto per le sue prese di posizione politiche. Nel -63, quando era Tribuno della Plebe (3), Egli é all'origine di un clamoroso processo intentato contro Gaio Rabirius (4), ad indiretto vantaggio di Cesare. Egli fa votare, inoltre diverse leggi, fra cui un'importante riforma del sistema elettorale che consente, ancora a Cesare, di diventare Pontifex Maximus (5), il primo magistrato religioso di Roma. Appare evidente che questi affari siano stati alla base dell'amicizia fra i due uomini.
Non si conoscono bene le tappe della sua traiettoria politica, ma si concorda in genere sul fatto che, fra il -61 ed il -59, ovvero poco tempo prima della partenza di Cesare per la Gallia, Labienus deve essere stato nominato Pretore (6), una magistratura fra le più importanti dopo il Consolato ed alla quale non tutti i senatori riescono ad accedere. Egli, d'altronde, non é il solo pretore anziano fra i legati cesariani in Gallia: Quinto Cicerone (-102 / -43), il fratello dell'oratore, aveva anch'egli ricoperto questa magistratura nel -62, in contemporanea con Cesare. Pertanto, il subordinato di Cesare non é un uomo qualsiasi, anche se, derivato da una famiglia equestre del Picenum (7), non appartiene alla più alta aristocrazia del suo tempo. Si sa, inoltre, attraverso una lettera da Cicerone al suo amico Tito Pomponio Attico (-110/ -32) nel dicembre del -50, che Labienus aveva accresciuto la sua fortuna in maniera considerevole durante il periodo trascorso in Gallia a fianco di Cesare. Questo fatto gli aveva permesso di finanziare, a sue spese, importanti lavori nella città di Cingulum (Cingoli), da dove era certamente originaria la sua famiglia (fatto che non impedirà alla città stessa di schierarsi dalla parte di Cesare sin dal gennaio del -49)
Labienus é, dunque, un senatore ricco ed influente, un uomo politico in vista, “uno dei migliori amici di Cesare”, secondo le parole di Plutarco, che lo asseconda piuttosto che affrontarlo. La sua esperienza militare non sembra essere stata diversa da quella dei membri dell'aristocrazia cui apparteneva. A tal riguardo le fonti risultano meno esplicite, evocando solamente un servizio militare agli ordini di Publio Servilio Vatia, l'Isaurico (-120 / -44), governatore della Provincia di Cilicia fra il -78 ed il -74 e durante il quale egli ha potuto fare la conoscenza del giovane Cesare, presente agli ordini di Servilio nell'anno -78. Acquisite le competenze necessarie per il comando, in parte per mezzo di letture ed attraverso l'osservazione dei colleghi più anziani sul terreno, Labienus forgia sul campo le sue qualità. Il lungo periodo passato da Labienus nell'esercito, a partire dall'anno -58, si qualifica in primo luogo come il frutto di relazioni personali che egli aveva allacciato con il proconsole dei Galli, quindi da circostanze particolari della guerra civile, piuttosto che da una form di specializzazione nel mestiere delle armi, estranea alla mentalità aristocratica del tempo.

Servitore della Repubblica
In questa prospettiva e contrariamente a quanto, a volte, si legge, la defezione di Labienus agli inizi della Guerra Civile non deve essere intesa come il risultato di un semplice obbligo clientelare nei confronti di Pompeo oppure come un gesto di stizza di un soldato di mestiere che si considerava poco considerato dal capo, ma come una presa di posizione politica decisa da parte di un membro rispettato della classe dirigente romana.
Rinnegando e sconfessando pubblicamente Cesare, il suo principale legato forse avrà voluto far passare il messaggio che nessuna amicizia avrebbe avuto il sopravvento sull'idea che egli si era costruito della legalità repubblicana. Questo, in effetti, era stato ben capito da Cicerone, che in diverse lettere ad Attico, risalenti alla fine del gennaio del -49, saluta con entusiasmo il senso civico di colui che viene qualificato come “eroe” e “grand'uomo”.

BIBLIOGRAFIA
Le Bohec Yannik, “Cesar, chef de guerre”, Texto, 2019;
Stringer G. P., ”Cesar and Labienus: a reevaluation of Cesar's most important Relationship in De Bello Gallico”, New England Classical Journal n. 44., 2017

NOTE
(1) Proconsole: anziano console che uscendo dalla carica, viene mantenuto in funzione per continuare una campagna o per amministrare una provincia equivalente ad un governatore, mantenendo i poteri militari, civili e giudiziari;
(2) Legato: genrale in subordine che comanda una legione in nome di uno dei due consoli, magistrati supremi eletti per un anno;
(3) Tribuno della Plebe. E' un magistrato eletto per un anno dall'assemblea della plebe (concilio plebeo). Si tratta di una posizione potente in virtù del diritto di veto che gli consente di bloccare qualsiasi azione di un altro magistrato ed in particolare la possibilità di arruolare legioni per la guerra;
(4) Cesare spinge il tribuno della plebe Labienus ad accusare il senatore Gaio Rabirius di essere stato coinvolto, 37 anni prima, nell'assassinio del suo avversario politico Lucio Saturninus – omicidio di cui lo zio dell'accusatore era stato vittima collaterale. La manovra consente a Cesare di rinforzare il potere popolare a danno del Senato. Rabirius, difeso da Marco Tullio Cicerone, viene, alla fine, esiliato;
(5) Pontifex Maximus: il Pontefice massimo era una figura della religione romana ed equivaleva al massimo grado religioso cui un romano poteva aspirare; (6) Pretore, praetor. Nella gerarchia delle cariche pubbliche presso gli antichi Romani, magistrato (per dignità e grado immediatamente inferiore al console) cui era affidato il compito di amministrare la giustizia. Era un magistrato romano, dotato di imperium e iurisdictio. Il suo mandato era di un anno e faceva parte di un collegio di 8 funzionari. L'attività del Praetor si concretizzava nella concessione dell'actio, cioè lo strumento con cui si permetteva ad un cittadino romano che chiedeva tutela, nel caso in cui non ci fosse una lex (legge) che prevedesse la tutela, di agire in giudizio e portare quindi la situazione dinanzi al magistrato;
(7) Picenum. E' una provincia posta a sud di Ancona, dagli appennini alla costa adriatica, di cui Pompeo Magno risulta anch'egli originario. Cingulum é l'attuale Cingoli, situata a 36 chilometri a sed est di Ancona.

 

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