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IACOPI DISCENDENZE E STORIA

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WALTER SCOTT, il Padre del Romanzo Storico

WALTER SCOTT, il Padre del Romanzo Storico

(Stampato su “SUBASIO” n. 3/15 del marzo 2007, Bollettino trimestrale dell’Accademia Properziana del Subasio di Assisi).

Profilo di uno scrittore che ha fatto entrare la storia nella letteratura popolare.

Nessuno avrebbe potuto prevedere che il piccolo Walter Scott, messo al mondo ad Edimburgo il 15 agosto 1771, si sarebbe fatto un nome considerevole nel campo della letteratura ed avrebbe esercitata un influenza senza precedenti sui suoi contemporanei.

Uscito da una famiglia di agricoltori delle bassipiani scozzesi, gli Scott non vedevano altro sbocco per la carriera del loro figlio che nella magistratura, nella Marina o nell’Esercito. Un attacco di poliomielite, che colpisce il giovane Walter all’età di tre anni, lo lascia leggermente claudicante e contribuirà a decidere altrimenti della sua vita.

Questa malattia avrà per il bambino delle conseguenze inattese. Gli chiude la carriera delle armi, ma la sua lunga convalescenza gli fornisce anche l’occasione di leggere molto e di provare piacere nella scrittura. La malattia lo distoglie anche dalle attività della sua età per lasciarlo a lungo in compagnia di adulti, testimoni del passato. Il ragazzo immagazzina accanto a loro quel tanto di racconti da appassionarsi per una storia locale, ancora scossa dalle recenti lotte fra i partigiani degli Stuart e quelli di Hannover ed al punto tale che lo stesso Walter crede di esserne egli stesso un testimonio oculare.

Nel 1783, a 12 anni, Walter Scott si iscrive alla Facoltà di Diritto dell’Università per diventare avvocato nel 1792: inizio di una carriera giuridica, dal percorso già segnato. In questo periodo egli trascorre il suo tempo libero a tradurre poeti tedeschi dalla sbrigliata sentimentalità, prima di cimentarsi lui stesso nella metrica, producendo delle poesie falsamente medievali come “Il lamento dell’ultimo menestrello” nel 1805, “Marmione” nel 1808, “La dama del Lago” nel 1810. Il loro grande successo fu la prima sorpresa e contribuisce a lanciare in Europa lo stile “trovatore”.

Nel 1814, esce, senza autore, un romanzo, “Waverley”, evocazione del sollevamento scozzese del 1745 a favore di Bonnie Prince Charlie, brutalmente schiacciato l’anno dopo nella battaglia di Culloden. Egli ne è l’autore, ma temendo un fallimento, aveva preferito non svelarsi. Con questo lavoro egli si dedica ad un esercizio assolutamente nuovo: romanzare dei fatti storici, rendendoli attraenti ad un pubblico per il quale l’arte di Clio si riassumeva spesso in fastidiosi cataloghi di date, di nomi e di fatti astratti dal loro contesto. Mescolando a dei personaggi veri degli altri di pura finzione, Scott faceva entrare la storia nella letteratura popolare, guadagnandogli un pubblico nuovo, il più spesso femminile.

Da quel momento, il catalogo delle sue opere, arricchito di almeno un titolo ogni anno, è un seguito di successi, dalla traduzione quasi immediata in tutta Europa. Ad esempio “Guy Mannering”, nel 1815; “L’Antiquario”, nel 1816; “I Puritani di Scozia”, nel 1817; “Rob Roy”, nel 1818; “La sposa di Lamermoor”, nel 1819, per citare solamente i più famosi.

Questo primo ciclo romanzesco, considerato dai critici come il più degno di interesse, prende le mosse dal passato più recente della Scozia. A partire dal 1820 Scott inaugura un nuovo periodo, quello del romanzo storico puro con “Ivanhoe”, “Kenilworth” o ancora “Quintino Durward”, mettendo in scena alla corte di Francia la “Guardia scozzese di Luigi 11°”.

A dispetto del suo folgorante successo e la nobilitazione conferitagli nel 1819, l’epoca non è delle migliori per Scott. Nel 1825, dei cattivi investimenti e delle divergenze con il suo editore lo conducono alla rovina, l’obbligano a vendere la sua proprietà e la sua biblioteca di Abbotsford. La sua sposa ne morirà di dolore. Minato dalle preoccupazioni, Scott continua ugualmente a scrivere, nonostante una serie di complicazioni cardio vascolari. Muore il 21 marzo 1832, dopo averle passate tutte e senza immaginare che la sua gloria postuma avrà delle conseguenze sorprendenti.

La prima si verifica a partire dal maggio 1832 con la spedizione della Duchessa di Berry. Lettrice assidua della sua opera, Maria Carolina di Borbone-Sicilia non era una donna che faceva molto caso alla differenza fra finzione e realtà. Nutrita dell’epopea Stuart la donna si mette in testa che la Vandea è l’equivalente degli Highlands scozzesi in fatto di fedeltà realista. Nessuno riuscirà a farle capire che la realtà non risponde alle leggi della letteratura. Si sa poi come è andata a finire. Postasi alla testa della rivolta della Vandea contro Luigi Filippo finisce per fallire miseramente.

A torto, la maggioranza dei lettori vedono in lui il cantore di tempi passati e sublimi. Attitudine che farà dire a Mark Twain, in maniera alquanto esagerata, che Scott, troppo letto dai gentlemen del sud, fu la causa principale della Guerra di Secessione ….

Reale e durevole sarà invece la sua influenza su diverse generazioni di scrittori. Facendo della storia un campo d’azione supplementare del romanzo, Walter Scott diventa una fonte di ispirazione ed un modello per Alessandro Dumas, Victor Hugo, Nievo, Manzoni, il giovane Verga ed altri. Nel mondo anglosassone egli ispira a turno “Gli ultimi giorni di Pompei” di Bulwer-Lytton o “Altrettanto ne porta il vento” di Margaret Mitchell.

Una così gloriosa posterità dovrebbe incitare a rileggere un’opera per la quale Goethe, quando ne riceveva la consegna, interrompeva tutti i suoi propri lavori.

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