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IACOPI DISCENDENZE E STORIA

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La guerra si può iniziare a piacimento, ma poi a finirla ...

LA GUERRA PUO' INIZIARE QUANDO SI VUOLE, MA POI A FINIRLA ... ovvero parafrasando MACHIAVELLI

Assisi 16 settembre 2022

Pubblicato nel mese di settembre 2022 sulla Rivista Informatica Graffiti on line ( HYPERLINK "http://www.graffiti-on-line.com/"www.graffiti-on-line.com ) con il titolo “LE GUERRE INIZIANO QUANDO SI VUOLE E TERMINANO QUANDO SI PUO'”
HYPERLINK "https://www.graffiti-on-line.com/home/opera.asp?srvCodiceOpera=2035"https://www.graffiti-on-line.com/home/opera.asp?srvCodiceOpera=2035

La guerra russo Ukraina si sta dimostrando con il passare del tempo un vero incubo per l'Europa che, oltre a subirne i contraccolpi, si ritrova a giocare un ruolo secondario e subalterno nel contesto delle Grandi Potenze, mentre Putin che l'ha iniziata nel momento in cui pensava di avere un vantaggio strategico e tattico si trova ora impantanato, in un vicolo cieco, frutto delle sue errata valutazioni.

Molto spesso si ascolta una formulazione modernizzata o più esplicita di questa frase di Nicolò Machiavelli (1469-1527), con modifica della seconda parte: “... ma si finisce quando si può”. Essa si accompagna generalmente con una attribuzione svogliata all'opera più celebre dell'umanista e scrittore fiorentino: Il Principe, scritto nel 1513 dal vecchio servitore della Repubblica del Giglio, cercando di rientrare nelle grazie presso i Medici, nuovi signori di Firenze (sopravvivere necesse est ! ovvero, bisogna pur vivere !!!). In effetti, questa frase apre il Capitolo X del Libro II dei Discorsi sulla prima decade di Tito Livio, composta nel corso del decennio 1510 (1), capitolo, intitolato: “I danari non sono il nervo della guerra, secondo che è la comune opinione”.
Se l'avesse letta, questa formula avrebbe forse dissuaso Vladimir Putin (1952- ), dall'attaccare l'Ukraina, in quanto essa illustra a meraviglia la situazione in cui egli si ritrova. Passato il tempo del'incredulità, ovvero di sbalordimento, la stragrande maggioranza dei commenti “autorizzati”, ma anche ben informati, per quanto lo si possa essere in un contesto di controllo spinto dell'informazione, ha valutato che lo svolgimento delle operazioni militari non rispondesse più allo scenario iniziale dell'invasione, così come immaginato dal presidente russo. Una decisione che oggi potremmo definire caratterizzata da una certa leggerezza, da una certà superficialità, per non parlare di colpevole accecamento. Putin non si aspettava, manifestamente, operazioni di lunga durata, dure e costose sotto tutti i punti di vista: lui ed il suo ambiente avevano sufficientemente coscienza delle realtà militari, per sapere che non si può invadere un territorio di circa 580 km2 con 200 mila uomini ed, a maggior ragione, per garantirsi il controllo per mezzo di una occupazione durevole ! Piuttosto che l'Afghanistan, il loro errore ricorda quello degli USA in Irak: fare affidamento sul fatto di essere accolti da liberatori e su quello di poter imporre un governo “importato” nei furgoni di un esercito straniero. Il leader russo si aspettava un programmato tradimento a Kiev, effetto della famosa “quinta colonna” all'interno del governo ukraino ?.
Per uscire da questo vicolo cieco, il boss del Kremlino, che sembra aver ascoltato solo sé stesso fino al 23 febbraio, si trova ora davanti ad una situazione caratterizzata da una serie di molteplici parametri: la situazione militare rimane il dato fondamentale, ma l'atteggiamento dell'avversario ukraino, quello della comunità internazionale, in particolare della NATO e della Cina e l'effetto delle sanzioni economiche o delle forniture di armamenti occidentali a Kiev, che peseranno sempre di più con il perdurare indefinito del conflitto. Insomma, il capo del Kremlino non uscirà dalla guerra proprio ed esattamente quando “lo vorrà”. Per valutare fino a che punto egli sarà costretto a fare delle concessioni, sarebbe necessario conoscere le sue vere intenzioni iniziali: come minimo (a minima) il rovesciamento di Volodyomir Zelensky (1978- ), l'ufficializzazione dell'avvenuta annessione della Crimea ed una ufficializzazione di quella del Donbass alla Russia. Orbene, se l'Ukraina ipotizza ormai concessioni sullo Statuto di questi territori e delle loro popolazioni, la loro integrale annessione alla Russia appare poco credibile. L'insediamento di un governo “amico” a Kiev sarebbe quasi certamente votato al fallimento, in quanto non riuscirebbe, indubbiamente, a spegnere la resistenza di una popolazione, il cui nazionalismo é stato portato al parossismo dall'aggressione e dall'esazioni del “grande fratello” moscovita.
A prescindere dall'esito finale dello scontro in atto, l'”Operazione speciale” in Ukraina - termine originalmente utilizzato dai Nazisti per dissimulare la loro politica di sterminio, rinviando in tal modo a boomerang l'accusa di neonazismo agitata dal Kremlino - sarà probabilmente un grande fallimento, in quanto, anche se essa non dovesse sfociare su un fallimento totale, la vittoriosa controffensiva ukraina in atto sta dimostrando, con grande sorpresa, le velleità di Mosca davanti ad un popolo motivato e potentemente armato dagli Occidentali. In effetti, le ulteriori controffensive che i Russi dovranno presumibilmente lanciare per recuperare i territori, già occupati a fatica nella seconda fase del conflitto, verrebbero pagate ad un prezzo manifestamente eccessivo, a medio ed a lungo termine. A questo punto sembra lecito domandarsi come mai, con tutti questi aleas, che stanno dimostrando la loro effettiva rilevanza, Putin abbia potuto comunque lanciare questa “sciagurata” operazione speciale. La risposta si trova, forse, ancora nel Machiavelli e più precisamente, questa volta, nel capitolo III del Principe: Non si evita mai (una guerra), la si ritarda a proprio svantaggio”. Convinto di avere un vantaggio strategico sull'Occidente con le sue armi ipersoniche, Putin ha voluto trarne profitto prima che il vantaggio tecnologico e la “finestra” di superiorità temporale, si potesse richiudere, senza risultati, con la messa a punto di contromisure efficaci.
Ma, alle volte, le armi tattiche (nello specifico missili contro carri e contraerei, missili terra terra) possono risultare più decisive di quelle strategiche.

NOTA (1) Contrariamente all'Arte della Guerra, scritta e pubblicata nel 1512, le opere maggiori di Machiavelli sono state pubblicate dopo la sua morte: i Discorsi, nel 1531, Il Principe e le Storie di Firenze, nel 1532.

Tragedia russo ukraina, é il copione di un film già visto (Vico)

Pubblicato nel mese di luglio 2022 sulla Rivista Informatica Graffiti on line ( HYPERLINK "http://www.graffiti-on-line.com/"www.graffiti-on-line.com ) con lo stesso titolo
HYPERLINK "https://www.graffiti-on-line.com/home/opera.asp?srvCodiceOpera=2031"https://www.graffiti-on-line.com/home/opera.asp?srvCodiceOpera=2031

L’Europa, nonostante la lezione dei corsi e ricorsi storici del Vico ed i buoni auspici dei “pacifici”, riscopre, suo malgrado, la storia profonda dell’uomo e, soprattutto, la sempre immanente realtà dei conflitti. I propositi “pacifici” dell’Europa non fermano un conflitto che era altamente prevedibile.
La guerra d’invasione, iniziata il 24 febbraio 2022 dalla Russia di Vladimir Putin (1952- ) contro l’Ukraina di Volodymir Zelenski (1978 -), è innegabilmente una tragedia europea, uno sperpero totale per i due paesi, ma anche per l’Europa. Dopo un mese di combattimenti, di distruzioni e di intensa propaganda da una parte e dall’altra, sembrava tuttavia intravvedersi una finestra diplomatica, attraverso gli appelli ripetuti del presidente Zelenski per un cessate il fuoco e la promessa di possibili compromessi.
La parte ukraina sembrava più sotto pressione, rispetto al suo nemico, per uscire da questo sanguinoso pandemonio. Da parte russa, in effetti, si cercava piuttosto a rendere più duro lo scontro in vista di almeno due obiettivi: far crollare l’esercito ukraino ed assicurarsi alcuni pegni territoriali per arrivare in posizione di forza sul tavolo dei negoziati. In poche parole, Putin vuole ottenere una vittoria sul campo, per raggiungere almeno uno dei suoi obiettivi strategici (neutralizzare e disarmare l’Ukraina; strappare l’autonomia e, possibilmente, annettere il Donbass). Il presidente russo, avendo mancato una vittoria lampo nelle prime fasi dell’invasione, nonostante le promesse del suo stato maggiore, ha dovuto fermare l’emorragia delle sue forze ed annunciare, alla fine, un successo alla sua opinione pubblica, senza dubbio con molte perplessità su questa guerra mal compresa.
Da parte sua, l’Ukraina ha cercato di aggravare l’usura e l’attrito sul potenziale di combattimento russo, al fine di accrescere i dubbi e la contestazione in Russia e di rinforzare il possente sostegno internazionale di cui beneficia. In effetti, Zelenski vorrebbe imporsi comunque come il solo vincitore morale della guerra, per poter risollevare al più presto il suo paese, con l’aiuto massiccio dell’Europa e degli USA.
Questa guerra è in primo luogo una tragedia per le vittime umane. Le migliaia di militari ukraini e russi coinvolti e sacrificati nei combattimenti e le migliaia di civili uccisi nei combattimenti e nei bombardamenti, oltre ai 10 milioni di Ukraini costretti a fuggire all’interno del loro paese o a rifugiarsi in Europa (per non parlare di quelli deportati in Russia). Questo esodo massiccio, di proporzioni bibliche e comunque il più importante in Europa dalla 2^ Guerra Mondiale, è uno sperpero di risorse umane e materiali che segnerà durevolmente il destino di tutta l’Europa. Inoltre, la frattura profonda prodottasi fra la Russia e l’Ukraina, paesi fratelli a più di un titolo, rischia quasi certamente, con il perdurare del conflitto e col crescere delle ”vendette” russe, nei confronti della popolazione ukraina, di diventare uno stato di fatto inquietante, che avrà certamente un grande peso specifico per l’avvenire.
In linea di massima, al momento attuale, il bilancio della guerra, dal punto di vista tattico, sembra complessivamente (a parte le perdite non preventivate e la durata non prevista) favorevole per la Russia. La prima sorpresa più importante riguarda l’intelligence ed i suoi errori di analisi. I Russi hanno certamente sottostimato la volontà di indipendenza del popolo ukraino. Lo Stato Maggiore russo, manifestamente, non aveva previsto lo slancio patriottico che ha determinato una reale resistenza popolare, ivi comprese le regioni russofone dell’est del paese. L’altra grande sorpresa è stata la debolezza operativa dell’esercito russo, troppo lento e mal organizzato, nonostante la sua modernizzazione e lo scollamento del supporto logistico e di quello strategico fra Esercito ed Aviazione nelle prime fasi dell’invasione. Questo accecamento ideologico e informativo (i nostri fratelli ukraini ci accoglieranno di sicuro con favore) e le gravi carenze militari evidenziate hanno messo crudelmente in risalto il basso livello dei servizi di intelligence operativi russi, considerati, almeno sino a quel momento, molto potenti.
La logica panslava e gli interessi geopolitici russi avevano ridotto l’esame dell’Ukraina alla sua sola geografia, nel suo ruolo tradizionale di profondo spazio difensivo strategico ed alla sua storia passata, che attribuiva al paese la matrice dello stato russo e di culla dell’ortodossia slava. Nonostante la prossimità reale fra i due popoli, il mondo ukraino, oltre a presentare al suo interno rilevanti aspetti strutturali molto diversi dai Russi, si è progressivamente allontanato sul piano politico, culturale ed anche religioso (in tempi recenti anche per la durissima repressione e genocidio, operati da Stalin nel periodo fra le due guerre: Olomodor) dal “mondo russo”. La comunità ortodossa slava si è in effetti fratturata: la Chiesa ukraina si è resa, grazie all’appoggio del Patriarcato di Costantinopoli, autocefala ed indipendente con un proprio Patriarca, Bartolomeo, che non obbedisce più al Patriarcato di Mosca. La prospettiva di entrare a far parte dell’Unione Europea e di adottarne i suoi valori liberali e democratici ha accelerato questa “deriva occidentale”, sostenuta anche dalla sua speranza (poco razionale) di protezione futura da parte della NATO.
Per l’Europa, il bilancio sembra fornire prospettive non molto positive, anzi piuttosto scure. I suoi interessi di sicurezza gli consiglierebbero di fare della Russia un suo alleato strategico. Ma quello che si annuncia sembra essere esattamente il contrario. La brutalità russa e le rudi e per certi aspetti parzialmente efficaci sanzioni europee non hanno smesso di allargare il fossato che ci divide dall’est europeo. L’Europa, scossa da questo possente ritorno del tragico e del conflitto sul suolo europeo, galvanizzata dal “risveglio marziale” dei suoi dirigenti, ha pensato di rinsaldarsi e stringere le proprie fila, scegliendo una politica di sostegno indiretto a favore della guerra in Ukraina.
Il ritorno alla realtà sarà in ogni caso doloroso. Con questo tipo di politica, super allineata su quella degli USA, l’Europa, proprio per non aver provveduto (per “avarizia” e comodità) a predisporre per tempo una sua propria difesa e per averne delegato ad altri (NATO) la responsabilità, si ritroverà più dipendente che mai dall’Alleanza Atlantica e dai programmi americani d’armamento. In effetti, se l’Europa si è finalmente risvegliata, sembra che lo abbia fatto per sottomettersi meglio agli interessi degli USA, che, purtroppo, non coincidono più con esattezza con quelli del continente europeo. Per di più, mala tempora currunt per il sud dell’Europa e del Mediterraneo, perché, per effetto dell’allargamento della NATO nel nord dell’Europa (Finlandia e Svezia), il Mediterraneo rischia di passare ancora una volta in secondo piano nel quadro dell’Alleanza e diventerà nuovamente super esposto alle bizzarrie messianiche del neo-ottomanismo di Erdogan e degli sceicchi o rais più o meno islamo-messianici dell’altra sponda.

Massimo Iacopi

 

 

Ogni pace é circondata da una guerra (Eraclito)

Pubblicato nel mese di giugno 2022 sulla Rivista Informatica Graffiti on line ( HYPERLINK "http://www.graffiti-on-line.com/"www.graffiti-on-line.com) con il titolo “COSA SO IO DELLA GUERRA ?, da ERACLITO a BOTHOUL”
HYPERLINK "https://www.graffiti-on-line.com/home/opera.asp?srvCodiceOpera=2029"https://www.graffiti-on-line.com/home/opera.asp?srvCodiceOpera=2029


Questo breve saggio vuole presentare una riflessione sul fenomeno della guerra e della pace nella società, partendo, stavolta, da un espresso riferimento ad una citazione tratta da un libro di un polemologo francese, a sua volta attribuita al filosofo greco Eraclito (1).

Lo spettacolo della sollevazione delle città della Ionia contro Dario I (nell’anno -499), che ha dato origine alle guerre mediche, ha forse ispirato ad Eraclito (- VI / -V secolo) questa considerazione, di cui la guerra in Ukraina mostra con ogni evidenza la sua crudele attualità. Citazione di grande respiro, dalle molteplici interpretazioni: la sua cruda formulazione non sorprende molto nella bocca di questo padre del pensiero dialettico, ammirato anche da Wilhelm Friedrich Hegel (1770-1831). Il fatale concatenamento delle guerre e delle paci assume le sembianze di una legge d’evoluzione determinista, che regola lo sviluppo degli affari del mondo. Appare sorprendente l’inversione dei termini della proposizione: d’accordo che le guerre sfocino inevitabilmente in una pace più o meno giusta; ma Eraclito, affermando che ogni pace determina una nuova guerra, mette l’accento proprio sull’esame della pace, della sua natura e delle sue condizioni di instaurazione. Del resto di quale pace si tratta?! Una pace di tipo cartaginese alimenta il risentimento, questo motore sconosciuto della storia: la pace firmata dopo Zama non ha, infatti, impedito la 3^ Guerra Cartaginese (1871) e di Versailles (1919-20) hanno seminato i germi di guerre future. La pace armata (bellicosa, secondo l’espressione dello storico francese Raymond Aron, 1905-1983) resta comunque lorda di minacce, come lo evidenzia ancora l’attuale situazione della Corea. La guerra cova proprio sotto la … pace. Allo stesso modo, la pace civile (pace interna di uno Stato), resa fragile dalle lotte intestine e dalle “forze della notte”, può sfociare su una guerra civile. Anch’essa portatrice di rischi di internazionalizzazione del conflitto come l’ha già dimostrato la Guerra dei Trent’anni (1618-1648).
Guerre a catena, guerre ineluttabili. Molti pensatori lo credono, prestandole persino delle virtù. Ma, credo si possa rimanere comunque d’accordo su un fatto: solo una pace di qualità respinge lontano lo spettro della guerra. In effetti, i Trattati di Westphalia (1648) ed il Congresso di Vienna (1815), frutto di lunghi negoziati (rispettivamente quattro anni e nove mesi) e di compromessi ragionevoli, fondati sul diritto hanno aperto la via a decenni di stabilità in Europa. Ma la pace attraverso il diritto, cui faceva riferimento Huig de Groot o Grotius (1583-1645) rimane, purtroppo, una costruzione fragile, in quanto, incessantemente, la guerra ha il “vizio” di ritornare a galla: la Pace di Nicias (nell’anno -421), conclusa per 50 anni fra Sparta ed Atene, è durata appena tre anni. Non meno di 130 conflitti hanno avuto luogo dalla creazione dell’ONU, dal quale ci si augurava che avrebbe potuto costituire una tappa decisiva verso la “pace universale”, sogno mai abbandonato dai grandi pensatori come Immanuel Kant (1724-1805) nel 1795. La guerra sarebbe a questo punto la norma di una specie di uno “stato di natura” delle relazioni internazionali e la pace l’eccezione? Eraclito lascia intendere che la frontiera fra la guerra e la pace è, per natura, fluida e sfumata. Il generale Carl von Clausewitz (1789-1831), nella sua opera Vom Krieg (Della Guerra), affermerà, in modo diverso, senza mezzi termini, che la “la guerra non è mai un atto isolato … la guerra non è che la continuazione della politica con altri mezzi. La guerra non è, dunque, solamente un atto politico, ma un vero strumento della politica, un seguito del procedimento politico, una sua continuazione con altri mezzi”. Ma nel periodo sovietico si arriverà ad affermare, senza pudore, che “la pace non è altro che la continuazione della guerra con altri mezzi” per la realizzazione del socialismo.
Da quanto sopra deriva l’attuale indeterminatezza semantica: la guerra non viene più nominata (“avvenimenti” in Algeria; “operazione militare speciale” in Ukraina) e soprattutto non viene più dichiarata (aggressione giapponese a Pearl Harbour o quella russa in Ukraina). La pace viene sempre più raramente firmata: il conflitto si ferma, ma il fuoco continua a bruciare sotto la cenere. Lo scienziato scrittore inglese Mark Leonard (1974- ; autore di The Age of Unpeace, 2021) ci dice che stiamo vivendo nel mondo globalizzato di oggi l’era della a-pace, una specie di zona grigia che non è più pace ma che non è ancora una guerra: ma bisogna pur sempre ricordare che una “pace impossibile” significa quasi sempre una “guerra probabile”.
In tale contesto, guerra e pace si inscrivono in un continuo, in un concatenamento logico ed implacabile. Eraclito trasforma questa contraddizione nella stessa struttura dell’evoluzione. La tragedia ukraina smentisce crudelmente il progressismo e l’ottimismo del politologo Francis Fukuyama (1952- autore della La fine della storia e l’ultimo uomo, del 1992) e marca la fine “della storia” come conclusione idealizzata della pace e della democrazia, universali. La citazione di Eraclito che prefigura, invece, questo “ritorno della storia” deriva da un pensiero complesso; all’opposto del pensiero binario occidentale egli associa i contrari. Allo stesso modo. La sua concezione duale del tempo associa successione (come in Occidente) e ciclo (come in Asia), come l’eterno ritorno delle stagioni. Dopo tutto il filosofo greco é vissuto proprio nella città di Efeso, esattamente sul limite geografico di questi due mondi (Occidente ed Asia).

NOTA
(1) Espressione tratta da “La guerra, cosa ne so io ?”, 1959, del sociologo francese Gaston Bothoul (1896-1980), citazione che viene spesso attribuita ad Eraclito.

Ricerca delle ragioni del conflitto russo-ukraino

Pubblicato su Rivista Informatica Graffiti on line.com del mese di giugno 2022. HYPERLINK "https://www.graffiti-on-line.com/home/opera.asp?srvCodiceOpera=2027" https://www.graffiti-on-line.com/home/opera.asp?srvCodiceOpera=2027
Un breve commento sull’Operazione Speciale russa in atto (eufemismo di “guerra d’invasione”) dove, anche se con gravi ritardi, l’orientamento generale degli eventi in corso sembra, in prospettiva, dare ragione ai Russi. La cosa che non torna è però il fatto che tutto è nato dalla manifestata volontà russa di “denazificare” la nazione ucraina e di garantire la sicurezza della stessa Russia dall’avanzante minaccia occidentale (USA e NATO). Orbene, questa brutale ed assurda logica russa sembrerebbe abbeverarsi ai principi e alle logiche mutuati proprio dal Nazismo, oltre che dalla scuola geopolitica di riferimento (Ratzel, Haushofer). Di fatto, proprio dal Nazismo nasce il concetto di “spazio vitale” (Lebensraum), che oggi Putin, antistoricamente e con denominazione diversa, ci sciorina come una esigenza imprescindibile di sicurezza della nazione russa moderna, erede dell’imperialismo degli zar, prima e sovietico, dopo. La Russia di Putin, sostenuta dall’influenza religiosa che il Patriarca di Mosca Kirill esercita su gran parte del popolo russo, si sente la portabandiera dell’ortodossia cristiana ed ha assorbito l’idea predicata dalla Chiesa Ortodossa russa secondo cui l’Occidente sia divenuto un mondo corrotto e scandaloso, patria di ogni libertinaggio sociale e morale (questo punto necessiterebbe effettivamente di una meditazione profonda “pro domo nostra”. Dove va a finire una società senza i doveri tipici di ogni contratto sociale e senza freni, nella quale conta soltanto la libertà a tutti i costi ed in ogni campo ? ...). Tornando all’argomento introduttivo, a mio avviso, la pretesa contaminazione nazista dell’Ucraina, paragonata alla situazione sociale russa, presenta molti aspetti in termini di sociali, a vantaggio dell’Ucraina. Inoltre, la struttura organizzativa del Nazismo paragonata a quella attuale russa, presenta enormi differenze in termini di efficienza, a vantaggio del primo !!! In effetti, per i Tedeschi, lo spazio vitale era quello ad est del loro territorio. Per conseguire gli obiettivi che si erano prefissati, i Nazisti si sono dotati di un adeguato strumento militare: hanno predisposto una potente aviazione di supporto tattico, nel numero e nelle caratteristiche ed una massa d’urto corazzata di livello avanzato rispetto al livello esistente negli altri Paesi. Insomma, uno strumento strettamente coordinato in grado di poter condurre una guerra lampo (Blitzkrieg), inaugurando così la stagione, pur vecchia, della politica del “fatto compiuto”. In pratica, questo era il programma di Putin, calcolato a ridosso del nuovo clima di disimpegno che, da Trump in poi, anima la strategia americana, che è quello dell’abbandono frettoloso dei teatri di spiegamento delle forze in funzione bellica e/o di peacekeeping, divenuti un peso in fatto di mezzi e di vite umane. Potremmo quindi affermare che l’Occidente, a parte forse l’Inghilterra, davanti alle ambiguità, all’impreparazione ed alle irrisolutezze degli avversari tedeschi di allora, si trovasse nelle stesse condizioni morali e materiali dell’Occidente di oggi e di questa situazione anomala, credo, abbia approfittato Putin. Ma qui viene al pettine la differenza dell’iniziativa tedesca del 1939 rispetto al progetto russo di oggi: pur conducendo Putin una cinica Realpolitik, secondo la logica del Lebensraum nazista, i Russi hanno nettamente messo in evidenza di non aver saputo predisporre uno strumento militare adeguato per accompagnare, con una blitzkrieg, il loro malcelato e strisciante desiderio di ritorno all’imperialismo. La guerra lampo per impadronirsi di tutta l’Ucraina (merito del popolo ucraino e dell’intelligence USA), prima di qualsiasi reazione occidentale, è miseramente fallita. La sorpresa strategica non si è verificata ed ora la Russia deve lottare contro il tempo, in una situazione di grave disagio, (problemi interni, situazione economica, costi del conflitto, scarsità di risorse, elevato numero di perdite umane e di mezzi, opinione pubblica mondiale, atteggiamento ambiguo della Cina più che altro preoccupata di subire una grave recessione a causa del rallentamento dei commerci), per cercare di conseguire almeno i suoi prefissati risultati minimi. A prescindere di come andrà a finire il conflitto in atto, rimane comunque il fatto che l’iniziativa russa si è rivelata in primo luogo, una tragedia per le numerose vittime provocate dal conflitto: le migliaia di militari ucraini e russi morti nei combattimenti e le migliaia di civili uccisi nei bombardamenti e, a quanto dicono, nei rastrellamenti, nella resistenza ed in altre operazioni che sono tuttora oscure. Tra le “vittime” vanno annoverati anche circa 10 milioni di Ucraini costretti a fuggire dalle loro residenze, all’interno o verso l’Europa, oltre ad una minoranza deportata, a quanto si dice, in territorio russo, secondo Putin, per fornire loro aiuto ed assistenza temporanei.
Non si hanno dati precisi sulla dimensione di questo esodo; si sospetta comunque che, almeno dal punto di vista numerico, esso possa essere il più importante in Europa dalla 2^ Guerra Mondiale, con la non trascurabile differenza che le frontiere europee dell’Occidente si sono aperte senza difficoltà a nuclei familiari, malati, minori, senza far loro mancare nulla, anzi assegnando subito a ciascuno un assegno personale in danaro. Rimane comunque il fatto che si tratta di uno enorme sperpero di risorse umane che segnerà durevolmente il destino di tutta l’Europa e di una profonda frattura, difficilmente sanabile appare, nell’immediato futuro, prodottasi fra i popoli delle due nazioni, da secoli Paesi fratelli. Non sarà facile scrivere la storia reale delle ragioni, dei precedenti, dei motivi scatenanti, di questa vicenda davvero ingarbugliata fino talvolta a rasentare i toni del romanzo giallo. 

Massimo Iacopi

MORIRE per l’UKRAINA ?

Pubblicato nel mese di maggio 2022 sulla Rivista Informatica Graffiti on line ( HYPERLINK "http://www.graffiti-on-line.com/"www.graffiti-on-line.com) con il titolo:”CHI E’ DISPOSTO A MORIRE PER L’UKRAINA”
HYPERLINK "https://www.graffiti-on-line.com/home/opera.asp?srvCodiceOpera=2026"https://www.graffiti-on-line.com/home/opera.asp?srvCodiceOpera=2026

Il titolo, volutamente provocatorio, vuole intercettare le indecisioni, le preoccupazioni, i timori, le divisioni, gli egoismi degli Occidentali e degli Europei, di fronte al problema dell’Ukraina. Anche gli USA sembrano incerti, ma forse con la loro reticente azione, essi stanno assestando un colpo mortale all’Europa, che non riesce a vedere oltre e condannata ad una deplorevole condizione di impotenza: nemica della Russia e vassalla dello zio Sam.

Sovrasta su tutta l’Europa un’aria da guerra fredda, sembrerebbe con la stessa ripartizione dei ruoli come al tempo della grande rivalità Est Ovest: di fronte alla Russia, potenza aggressiva, gli USA, difensori della libertà. Ma a guardarci meglio e da più vicino, la realtà geopolitica odierna appare alquanto diversa. Dall’ottobre 2021, l’Ukraina aveva denunciato una inquietante mobilitazione dell’esercito russo sulle sue frontiere: circa 100 mila soldati, centinaia di carri armati ed aerei. Kiev, l’America e l’Europa parlavano di una guerra “forza d’invasione” pronta ad aiutare i separatisti pro-russi dell’est dell’Ukraina (Donbass).
Gli Americani, fornitori quasi esclusivi delle informazioni sulla incontestabile agitazione militare russa, ha avuto non poche difficoltà a convincere i loro alleati con questo scenario di guerra, anche se queste informazioni allarmiste sono state ritrasmesse per diversi mesi, senza verifiche, nelle capitali europee e dalla maggior parte dei media occidentali. A riguardo, sono subito apparse analisi discordanti. In Germania, la coalizione SPD-Verdi si è immediatamente divisa sull’argomento. La Francia è rimasta prudente. Nonostante il suo aperto sostegno all’Ukraina ed alla NATO, ha tenuto a condurre autonomamente le sue missioni di intelligence. L’analisi della situazione da parte dei militari francesi non ha condiviso l’allarme USA sulla minaccia di una invasione russa. In Italia, sbollito un iniziale romantico ed istintivo entusiasmo pro Ukraina e pressati da una situazione di rifornimento energetico (gas e petrolio) fortemente sbilanciata con il gigante russo, ognuno, a livello politico, ha ripreso i suoi giochetti di quartiere con i soliti distinguo e bizantinismi annessi.
Ma, in effetti, c’è ancora qualcuno disposto a morire veramente per l’Ukraina ? Non certo gli Europei, troppo divisi fra di loro anche per oggettive differenze di situazione. Forse neanche gli Americani, indubbiamente ancora sotto l’effetto della loro fallimentare partenza dall’Afghanistan. Nel gennaio 2022, anche gli USA hanno iniziato ad operare qualche distinguo nelle loro analisi operative. Joe Biden (1942- ), molto marziale nelle sue dichiarazioni pubbliche antirusse, spingeva anche i suoi diplomatici a riprendere i contatti con i Russi, per evitare qualsiasi conflitto, particolarmente angosciato dalla prospettiva delle prossime elezione di metà mandato (novembre). Questi “segnali” avevano consentito di rilanciare il negoziato con Mosca, nonostante l’annuncio di nuove sanzioni e di un aiuto economico e militare a Kiev.
Putin aveva smentito qualsiasi progetto di invasione, pur lasciando aleggiare il dubbio sulle sue vere intenzioni. Uomo pragmatico e realista, egli conosce la fragilità di Biden e la pusillanimità dei dirigenti europei e giocando sui rapporti di forza del momento egli ha adattato la sua linea di azione alla situazione. Uomo paziente, egli ha mosso e muove le sue pedine al meglio degli interessi della Russia e non certo in linea con quelli della morale universale. Quale era il suo vero obbiettivo ? In primo luogo, dissuadere Kiev dal lanciarsi alla riconquista dei territori perduti nel 2014. In seguito, e soprattutto, bloccare qualsiasi integrazione dell’Ukraina con la NATO, una prospettiva temuta ed annunciata sin dal 2008. I Russi si sono opposti a questo processo di allargamento, messo in opera sin dalla fine dell’URSS. Essi ricordano, a tale riguardo, l’impegno assunto dal Cancelliere tedesco Helmuth Kohl e dal Segretario di Stato USA, Baker, nel marzo 1991, di fronte a Mikhail Gorbacev, di non allargare la NATO. Sfortunatamente per loro, si è trattata solamente di una promessa orale, mai rispettata … . In 30 anni, le frontiere della NATO sono avanzate di mille chilometri verso la Russia. E con il prossimo passo ipotizzato sarebbero potuti arrivati a soli 600 Km. da Mosca.
Visto da Mosca, questo allargamento viene percepito come un disegno di accerchiamento strategico del loro paese. Per la Russia, si tratta di un incubo geopolitico, di un casus belli. Nell’agosto 2008, Putin era riuscito a bloccare questo processo di allargamento alla Georgia. Oggi ed i fatti lo dimostrano, si può ampiamente constatare che il presidente russo non è assolutamente disposto ad accettare qualcosa di simile in Ukraina, poiché questo immenso territorio (Ukraina: frontiera; marca di frontiera) offre ai Russi uno spazio ed una profondità di protezione e sicurezza di 600 mila Km2. D’altronde, Mosca, già da tempo, aveva chiaramente avvertito: “Noi non permetteremo mai che nostri territori storici … vengano utilizzati contro la Russia”.
In Ukraina, Putin si era già impadronito della parte di territorio che il suo paese desiderava ardentemente: la Crimea, con Sebastopoli, il suo porto strategico sul Mar Nero. Fra i suoi obiettivi c’è indubbiamente l’annessione delle autoproclamate repubbliche del Donbass, ma, i fatti lo dimostrano, nei suoi piani iniziali era prevista anche la completa, ma fallita, acquisizione, di tutta l’Ukraina.
Per la Russia e per Putin non c’è in gioco la sola Ukraina, ma molto di più in prospettiva. Con questa mossa, Putin viene a stabilire una sua nuova posizione strategica nelle relazioni con l’Occidente: egli vuole cambiare i rapporti e gli equilibri di sicurezza che dominano in Europa sin dal 1991. Per questo, egli chiede il ritorno della NATO alle sue frontiere del 1997 e “garanzie giuridiche”. Se Putin si è azzardato a fare questo passo, vuol dire che gran parte delle sue valutazioni strategiche erano reali e che, in ogni caso, la situazione strategica complessiva si è comunque modificata. Con lui, la Russia ha ritrovato (apparentemente in modo parziale) i mezzi della sua volontà di potenza politica. La Russia parla ora ad alta voce e con più forza nei confronti dell’America e Biden questo l’ha perfettamente capito. Si tratta, però, di vedere quanto questo agitarsi e mostrare i muscoli di Mosca siano effetto di una concreta realtà e quanto, invece, essi derivino da bluff e dalla propaganda e questo gli USA forse lo sanno. Ma se quest’ultimi non hanno ancora scelto decisamente la via diplomatica per risolvere la questione, questo può significare o che non hanno ancora capito bene il gioco di Putin, oppure che si sentono ancora forti da non temere le azioni russe. Per quanto concerne l’Europa, si deve malinconicamente osservare che, ancora una volta, l’UE si è limitata a contemplare il passaggio del treno della storia e la sua accresciuta impotenza !! (dove è la sua forza di dissuasione militare e nucleare ???? !!!), senza trarne fino in fondo le debite conseguenze. Putin, l’ha deliberatamente esclusa dalla discussione, in quanto egli vuole ora parlare con il vero “padrone” e non con il “vassallo”. La stessa sorte è toccata anche all’orgogliosa Francia, giudicata come un soggetto “camuffato”, cioé inaffidabile e trattata come una “sinecura”. In tale contesto, che dire delle varie iniziative diplomatiche italiche agli occhi di Mosca ? (Draghi, vassallo “mascherato” degli USA, supportato da un bibitaro apprendista stregone e da uno scriteriato capo leghista che si comporta da “Don Chisciotte” padano).

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